2024-03-02
Spie, caccia, forze speciali. Le truppe occidentali sono in Ucraina da un pezzo
Il Canada segue Emmanuel Macron, Olaf Scholz svela che Uk e Francia aiutano Kiev coi lanci di missili e ora si scopre che gli Usa inviano F-35 al fronte. La Nato è già in campo: la Russia lo sa.Sembrava una semplice imprudenza, una voce dal sen fuggita, una frase detta a cuore troppo leggero. Invece, la proposta di Emmanuel Macron sull’invio di truppe occidentali in Ucraina è diventata un argomento serio di discussione. Lui ci ha tenuto a precisarlo: «Ogni parola che pronuncio sul tema della guerra è pesata, pensata e misurata». Calibrata per sdoganare l’inconcepibile?Lì per lì, la maggior parte delle cancellerie e la Nato hanno risposto picche. Poi, sono iniziate le aperture: la Lituania, l’Estonia e, ieri, il Canada. Un partner pesante, membro del G7. Al Toronto Star, il ministro della Difesa, Bill Blair, ha annunciato che il Paese sarebbe disponibile a spedire soldati, purché «lontano dal fronte» e «in un chiaro ruolo di non combattimento». Ad esempio, per missioni di addestramento, come ha suggerito il premier francese, Gabriel Attal, il quale ha tirato in ballo anche la protezione del confine con la Bielorussia. Il suo collega ministro degli Esteri, Stéphane Séjourné, pensa alle operazioni di sminamento. Paiono tutti convinti - quest’ultimo l’ha sostenuto espressamente - che non s’innescherebbe la temuta escalation con i russi. Dunque, cosa accadrebbe se uno di quegli uomini fosse ferito o ucciso? Basta poco: un proiettile che rimbalza, la scheggia di un ordigno, il crollo di una trave in una struttura bombardata.È un problema che i nostri leader devono essersi posti tempo fa. Sì, perché di gente in Ucraina ne hanno mandata. Sergej Lavrov l’ha sottolineato ieri, svelando il segreto di Pulcinella: «In modo non ufficiale, le truppe ci sono già». Mercoledì ne aveva dato conto il Washington Post, mettendo insieme le indiscrezioni venute fuori negli ultimi mesi. L’ha confermato, quasi per dispetto, Olaf Scholz: Londra e Parigi starebbero aiutando la resistenza con il lancio dei razzi Storm shadow. Il cancelliere tedesco sta subendo fortissime pressioni per autorizzare la fornitura dei Taurus, missili a lungo raggio che lui è restio a consegnare, temendo vengano usati per colpire Mosca. Anche il Bundeswehr lo tampina. E, secondo Bloomberg, un caloroso invito è giunto da Oltremanica. Scholz ha reagito: «Ciò che i britannici e i francesi stanno facendo in termini di controllo dei bersagli, la Germania non può farlo». Non una gaffe, bensì un avvertimento: sappiamo cosa state combinando, evitate di trascinarci in mezzo. Gli inglesi non hanno gradito. La frecciata ha fatto perdere le staffe a Ben Wallace, ministro della Difesa del governo Sunak, il quale ha definito Scholz «l’uomo sbagliato, al posto sbagliato, nel momento sbagliato». La testata specialistica Rid ha intercettato pure una clamorosa dichiarazione del responsabile della Difesa di Singapore, rimasta sottotraccia per un paio di giorni: in audizione al Comitato parlamentare per l’approvvigionamento, Ng Eng Hen ha riferito che gli Stati Uniti starebbero utilizzando gli F-35, i caccia di quinta generazione dotati di sofisticati sistemi di sensori, per localizzare e identificare le batterie russe di terra-aria in Ucraina. Informazioni che gli Usa metterebbero a disposizione degli alleati Nato. Jet nei cieli e stivali sul terreno: ad aprile dell’anno scorso, furono diffusi online documenti secondo i quali il Regno Unito aveva piazzato un contingente di forze speciali composto da una cinquantina di elementi, insieme a Lituania (17 militari), Francia (15), Stati Uniti (14) e a un unico olandese. Difficile stabilire quale funzione svolgessero quegli uomini; si presume incarichi logistici e l’addestramento di cui, ormai, Macron e i canadesi parlano apertamente.Inoltre, è recentissimo lo scoop del New York Times: dal 2014 in avanti, la Cia ha piazzato alla frontiera tra Ucraina e Russia 12 basi. E ha formato l’élite dei servizi di Kiev, incluso l’attuale capo degli 007, Kyrylo Budanov. Non è un mistero, d’altronde, che l’intelligence angloamericana e le infrastrutture satellitari di Starlink siano state decisive per impedire all’Armata di Vladimir Putin di occupare la capitale, rovesciando Volodymyr Zelensky. Infine, va ricordato il contributo dei foreign fighters, benché politicamente meno rilevante, fintantoché i combattenti si recano in trincea su iniziativa individuale. Si tratterebbe di almeno 20.000 miliziani, di 50 nazionalità diverse, arruolati dalla Legione internazionale di difesa territoriale. Ci sono state anche due vittime italiane, Edy Ongaro e Giorgio Galli, mentre Giulia Schiff è finita sulla lista nera del Cremlino. Lottando nello schieramento opposto, al fianco dei filorussi, a ottobre 2022 era caduto Elia Putzolu, originario della Sardegna. Tali circostanze, comprensibilmente, sono state taciute, negate o minimizzate. In modo indiretto, Lavrov ha lasciato intendere che Mosca fa buon viso a cattivo gioco. Un gioco che rimane molto rischioso. La sensazione è che l’avventurismo verbale di Macron e il compiacimento di baltici e canadesi ci spingano a superare un’ennesima soglia psicologica: rompendo il tabù dell’intervento diretto, si legittimerebbe un coinvolgimento che era stato sempre coperto da un opportuno velo di ipocrisia. Tira un’aria che non si sentiva da quando si erano sgonfiate le ambizioni della controffensiva ucraina. Saranno i successi sul terreno dei russi? Il timore che Kiev non regga più l’urto? Che una sconfitta nel Donbass dia la stura all’invasione di Taiwan da parte della Cina? L’indignazione per la morte di Alexei Navalny? Fatto sta che l’agenda politica diventa più serrata e il repertorio retorico più aggressivo. Llyod Austin, capo del Pentagono, battibecca col Cremlino sullo scontro aperto Nato-Russia. Un tempo ci barcamenavamo con la grottesca distinzione tra armi letali e armi difensive; adesso l’Europarlamento chiede che si procurino tutti i mezzi necessari a sconfiggere Putin. Due anni fa, Mario Draghi abbozzava: non siamo ancora in un’economia di guerra; l’altro ieri, Thierry Breton ha strigliato gli europei: passino all’economia di guerra. Sulla Stampa, la direttrice dell’Istituto affari internazionali, Nathalie Tocci, ha evocato con disinvoltura la «consapevolezza che il continente europeo è in guerra». Il bello di stare in Europa non erano i 70 anni di pace? Contrordine, compagni.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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