2021-04-29
Speranza trova la fiducia ma perde la faccia
La mozione di Fdi non passa in Senato, come da copione. Il titolare della Salute mente ancora in Aula per difendersi e senza pudore ammonisce: «Non si fa politica sul Covid». Mentre sul piano pandemico chiede pure gli applausi per averlo approvato in ritardo.Ieri Roberto Speranza è stato chiamato davanti al Senato a rendere conto del suo operato in quest'anno di pandemia. Sul suo capo pendeva la mozione di sfiducia presentata da Fratelli d'Italia: un testo contenente accuse pesanti e dettagliate, che l'Aula ha respinto con 221 voti contrari, 29 favorevoli e 3 astenuti. Il ministro ha voluto rispondere nel merito alle critiche mosse da Fdi e vale davvero la pena di esaminare nel particolare le sue dichiarazioni, per lo più mistificatorie e cariche di imprecisioni e omissioni.1 Speranza ha iniziato con una premessa: «Nessuno dovrebbe mai dimenticare che il nemico è il virus e che dovremmo essere più uniti che mai nel combatterlo, evitando di cadere nella tentazione di utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali». Il ministro si dice amareggiato: «Vedo prevalere invece lo scontro politico, spesso anche alimentando un linguaggio di odio che non può mai essere accettato», ha detto. Peccato che, fin dall'inizio della pandemia, i primi a buttarla in politica siano stati proprio gli esponenti della maggioranza giallorossa di cui Speranza era (e continua a essere) espressione. Basti ricordare i feroci attacchi alla Lombardia e l'atteggiamento decisamente più morbido mostrato nei riguardi di altre Regioni. Speranza, dal canto suo, non prende decisione che non sia politica. Come abbiamo mostrato giusto ieri, il nuovo protocollo regolatore della materia è stato compilato da esperti graditi al ministro per via del loro orientamento ideologico. Altri professori e medici, invece, sono stati tagliati fuori senza alcuna motivazione scientifica. 2 Il ministro è passato poi a parlare di vaccini. «Si poteva negoziare meglio a livello europeo sui vaccini», ha detto. «Ma resto dell'idea che sia stato meglio muoversi insieme e ribadisco che anche per le prossime annualità l'Italia continuerà ad acquistare insieme agli altri Paesi europei».Ora, che la politica vaccinale europea sia stata un fallimento lo hanno ammesso persino le istituzioni europee. Proprio in queste ore si discute di una perizia svolta dagli esperti della multinazionale Deloitte che, per conto del governo belga, hanno esaminato il contratto siglato dall'Ue con Astrazeneca. Costoro hanno scoperto che nel contratto esiste una clausola che impedisce il ricorso in tribunale contro l'azienda farmaceutica qualora risulti inadempiente. Di fronte a un disastro di tali proporzioni non è molto tranquillizzante sentir dire al ministro della Salute che, in futuro, manterremo lo stesso approccio che ci ha portati allo sfascio. 3 Speranza, dopo mesi di latitanza, finalmente è intervenuto sulla questione del piano pandemico. «Tutte le mozioni sottolineano come il piano non sia stato aggiornato secondo le linee guida dell'Oms per molti anni», ha detto. «Fanno dunque riferimento a 180 mesi durante i quali si sono alternati ben sette governi, con diverse maggioranze parlamentari. Tutti i gruppi di quest'Aula, compresi quelli che hanno sottoscritto le mozioni oggi in discussione, hanno sostenuto alcuni di questi governi. Troppo facile oggi far finta di non vedere». In realtà, è troppo facile il giochino che prova a fare Speranza. Il piano pandemico italiano, ormai è noto, è stato aggiornato l'ultima volta nel 2006. Negli anni immediatamente successivi, dall'Oms sono arrivate indicazioni su come modificarlo, e l'Italia non le ha accolte. Ma la linea di demarcazione viene tracciata nel 2013, precisamente con la decisione 1082 del Parlamento e del Consiglio Ue, che determina un vincolo giuridicamente rilevante (ai sensi dell'articolo 288 del Tfue). In sostanza, tale decisione impone agli Stati di aggiornare il piano pandemico ogni tre anni. Cosa che l'Italia non ha mai fatto. Dunque i governi interessati non sono sette, ma tre. E i ministri toccati dalla questione sono: Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo e Roberto Speranza. Paradossalmente, lo abbiamo sempre scritto, Speranza è il meno responsabile di tutti (passi che, all'epoca della Lorenzin, lui era capogruppo del Pd). Ma invece di mentire, avrebbe potuto dire fin dall'inizio che il piano non c'era e che si sarebbe dovuto usarne uno vecchio o arrangiarsi in altro modo. E non avrebbe dovuto tenersi come consulenti i responsabili del mancato aggiornamento. 4 Ancora a proposito del piano, Speranza ha aggiunto: «Ho giurato al Quirinale il 5 settembre del 2019 e posso dire, a testa alta, che adesso il piano pandemico antinfluenzale aggiornato c'è, approvato all'unanimità in conferenza Stato-Regioni. Quello che non è stato fatto in molti anni è stato invece realizzato in pochi mesi, proprio durante il mio mandato». Eccoci al punto. A Speranza non si rimprovera (solo) di non aver aggiornato il piano appena giunto al ministero. Certo, se lo avesse fatto avremmo saputo a gennaio (e non a marzo inoltrato) che le mascherine servivano a tutti, e non solo ai medici. Però i nodi veri sono altri due. Il primo: il 29 gennaio del 2020, durante una riunione della task force anti Covid, Giuseppe Ippolito dello Spallanzani di Roma - alla presenza del ministro - invitò a utilizzare e aggiornare il piano pandemico. Speranza non gli rispose. Il giorno dopo, chiamato a riferire in Parlamento, non fece menzione dell'allarme di Ippolito: preferì citare le parole di Ranieri Guerra, secondo cui eravamo «i più preparati tra i Paesi occidentali» all'arrivo del virus. Secondo rimprovero: dopo aver ignorato l'allarme, Speranza ha fatto finta di nulla, e ha continuato a ripetere che il piano pandemico non sarebbe servito contro il Covid, affermazione (ribadita anche ieri) smentita da tutti gli esperti. A dare il via ai lavori per il nuovo piano pandemico (peraltro molto carente), di cui il ministro si è vantato ieri, poi, è stata Giulia Grillo. Lui ha semplicemente velocizzato la copiatura dei modelli internazionali (disponibili dal 2018) per coprire le bugie pronunciate sull'argomento in tv. C'è poco di cui vantarsi: quel piano non ci ha risparmiato la seconda ondata di contagi. Sarebbe stato utile a fermarla, forse, stilare un bilancio degli errori commessi nella prima fase della pandemia. Ma Speranza non lo ha fatto: doveva scrivere il suo libro. Di cui ieri ha clonato alcuni passaggi. Ad esempio questo: «Chiunque abbia avuto responsabilità in questi mesi così difficili, dai vertici dell'Oms fino al sindaco del più piccolo Comune, deve a rendere conto delle proprie azioni». Sante parole... 5 Il ministro si è soffermato anche sulla faccenda del report di Francesco Zambon censurato dall'Oms: «La stessa Oms Europa ha dichiarato che in nessun momento il governo italiano ha chiesto all'Oms di rimuovere il documento», ha detto. La scelta di «pubblicare e poi ritirare quel documento viene assunta esclusivamente dall'Oms nella sua piena autonomia».Il fatto è che nessuno accusa Speranza di «aver fatto ritirare» il report. Il documento lo ha ritirato Zambon per correggere un piccolo errore, solo che poi non gli è più stato permesso di ripubblicarlo. E la mancata ripubblicazione è avvenuta - guarda caso - dopo che Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto del ministro, disse a Ranieri Guerra di «far morire» il report. E dopo che Speranza medesimo si era mostrato irritato con i vertici dell'Oms. Ci sarebbero anche altre bugie da esaminare (tipo quelle sul «piano segreto anti Covid»), ma ci siamo limitati alle principali mistificazioni. Su ciascuna delle quali esiste tanto materiale da poter scrivere un'enciclopedia. Se Speranza davvero volesse, come afferma, garantire «una sanità pubblica più forte», dovrebbe farsi una mozione di sfiducia da solo. O dimettersi, che sarebbe anche più semplice.