2025-11-11
Altro che «risorse»: gli immigrati tolgono al Pil dell’Italia 10 miliardi in un anno
Boom di rimesse, tra denaro tracciato e clandestino. Nel 2025, flussi in crescita. E intanto gli stranieri si «godono» il welfare.Gli immigrati guadagnano in Italia ma poi i soldi, invece di andare ad alimentare il Pil del nostro Paese, prendono il volo per il Bangladesh, le Filippine, il Pakistan, per l’estero in generale, sottraendo risorse a un territorio che comunque fornisce loro servizi, assistenza sanitaria, spesso accesso preferenziale all’edilizia residenziale pubblica e il welfare in tutte le sue declinazioni. Non solo. Si tratta di flussi non soggetti a tassazione.Il fenomeno delle rimesse degli immigrati ha anche questo risvolto, messo in luce dalla Fondazione Moressa in una rielaborazione dei dati della Banca d’Italia.Stiamo parlando della parte di reddito risparmiata da un lavoratore straniero e inviata al suo nucleo familiare nel Paese di origine.Nel 2024, questo flusso di denaro in uscita dall’Italia è passato da 8,24 a 8,29 miliardi di euro (importi rivalutati all’inflazione). Un quarto arriva da Roma (1 miliardo) e Milano (911 milioni). In testa ai Paesi destinatari dei risparmi c’è il Bangladesh (1,4 miliardi), seguito dal Pakistan (600 milioni) e dal Marocco (575 milioni). Nel secondo trimestre del 2025, da quanto emerge dalle tabelle del report della Banca d’Italia, le rimesse inviate all’estero dagli stranieri residenti in Italia sono aumentate del 6,4% (per un ammontare di 2,17 miliardi contro 2,04 miliardi dello stesso periodo del 2024). L’aumento più marcato è quello diretto in Asia (+17,8%) seguito dalle rimesse verso il Nord Africa e Vicino Oriente (+3,4%) e verso i Paesi europei esterni all’Unione europea (+1,6%). In calo il flusso verso l’Africa sub-sahariana (-7,0%) e verso i Paesi dell’Ue (-6,4%). I flussi verso l’America centrale e meridionale sono rimasti sostanzialmente stabili (+0,7%).I dati ufficiali registrano i movimenti di denaro attraverso i canali tracciabili come banche, uffici postali, operatori di money transfer, operatori mobili e non tengono conto dei flussi effettuati con modalità informali (come il trasferimento di contante portato da un viaggiatore), il cui ammontare è stato quantificato da alcuni studi tra il 10 e il 30% del totale. La Fondazione Moressa stima che per l’Italia questa quota di rimesse informali posso valere fra 1,2 e 3,7 miliardi, che andrebbero ad aggiungersi alle somme ufficiali. Complessivamente si tratterebbe di oltre 10 miliardi, più della metà della attuale legge di Bilancio. Tutti soldi che, se restassero in Italia, contribuirebbero al Pil nazionale. Il 17% delle rimesse dall’Italia è destinato al Bangladesh, con un aumento del 19% rispetto al 2023. Su questo incremento potrebbe aver influito, oltre all’aumento dei cittadini bengalesi residenti in Italia negli ultimi anni, anche l’estensione dal 2018 dell’obbligo di segnalazione delle rimesse a nuove categorie di operatori di money transfer specializzati nel trasferimento di denaro verso Paesi asiatici, come - oltre al Bangladesh stesso - le Filippine e il Pakistan. Questi soldi tracciati sono stati segnalati alla Banca d’Italia.Poiché nel 2024 la popolazione straniera residente legalmente in Italia era di 5,3 milioni di persone, si stima che il valore pro capite delle rimesse degli immigrati sia di 131 euro mensili. Guardando alle regioni da cui partono i soldi, la Lombardia si colloca primo posto della graduatoria (1,816 miliardi, un quinto delle rimesse totali), seguita dal Lazio (1,271 miliardi), dall’Emilia-Romagna (826 milioni) e dal Veneto (694 milioni). Un quarto del flusso di denaro proviene da Roma e Milano. Quasi il 60% dei 570 milioni diretti verso le Filippine arriva da queste due province. Dei 501 milioni partiti verso la Georgia, invece, quasi un quarto arriva da Napoli e Bari.Oltre alla sottrazione di ricchezza che potrebbe contribuire alla crescita e andare a finanziare quei servizi dei quali pure i lavoratori stranieri usufruiscono, magari in modo preferenziale e agevolato, avendo un Isee basso, va considerato che questi flussi di denaro non sono soggetti a tassazione, perché non sono considerati reddito imponibile ai fini Irpef, ma rappresentano un trasferimento di denaro verso l’estero.Il danno per il Paese è ancora maggiore se si tiene presente che numerose attività vengono svolte in modo sommerso e da immigrati irregolari. Secondo un’analisi dell’Università statale di Milano, per le prestazioni assistenziali gli immigrati assorbono il 22% della spesa a causa delle più critiche condizioni socioeconomiche delle famiglie straniere, che hanno spesso redditi più bassi e famiglie più numerose. Stando a un report 2020 dell’Ocse, la spesa sanitaria pro capite in Italia è pari a 2.473 euro. Una rilevazione che risale però al 2019 della Fondazione Moressa indica in 630.000 gli immigrati, con o senza permesso di soggiorno, che sfuggono a ogni controllo del fisco o degli ispettori del lavoro. Questo peserebbe come un punto di Pil: la bellezza di 15 miliardi di euro. Con un mancato gettito fiscale per le nostre casse pubbliche di oltre 7 miliardi. A questo si aggiunge il flusso di denaro non tracciato che viene inviato ai Paesi di origine. A fronte di queste cifre e di questo fenomeno fa sorridere la querelle sul «regalo ai ricchi» nella manovra, riferita a redditi di circa 2.000 euro mensili, come afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Come pure l’idea di una patrimoniale. Ben altre sarebbero le fonti dove attingere le risorse per sanità e scuola, ben altre le battaglie da fare.