I sogni si spengono alle 20: la chiusura del calciomercato di ieri sera consegna ai tifosi italiani una griglia di partenza che, sulla carta, riproduce la classifica finale del campionato dello scorso anno, con un piccolo passo indietro dell’Inter, uno in avanti della Juve, un Milan tutto da scoprire. Partiamo dai campioni d’Italia: il supercolpo del mercato di Aurelio De Laurentiis è stato la conferma di Antonio Conte in panchina. Il tecnico sembrava orientato a partire, invece alla fine di un lungo tira e molla con il patron è rimasto, chiedendo garanzie sulla stagione appena iniziata, con il Napoli impegnato, a differenza dello scorso anno, su due fronti. Conte è stato accontentato, il Napoli ora ha due squadre. Il colpo più affascinante è stato certamente l’arrivo di De Bruyne, schierato titolare nelle prime due gare, con McTominay spostato sulla sinistra; l’acquisto più solido, probabilmente, quello del difensore del Bologna Beukema. Lucca dall’Udinese doveva essere la riserva di Lukaku, l’infortunio del bomberone ha costretto De Laurentiis a fiondarsi su Hojlund. Elmas è tornato a casa dopo un anno al Torino, l’esterno d’attacco Lang dal Psv è la scommessa per spaccare le partite. In porta, Meret deve guardarsi dalla concorrenza di Milinkovic-Savic. In casa nerazzurra si punta sul gruppo dello scorso anno, con innesti come l’ottimo Susic a rinforzare il centrocampo e il colpaccio dell’ultim’ora, Akanji, arrivato ieri dal City per puntellare la difesa: prestito oneroso da 2 milioni di euro con diritto di riscatto (che diventa obbligo in caso di vittoria del campionato) a 15. Mercato leggero, quello nerazzurro, con la suggestione Lookman sfumata per la resistenza dell’Atalanta. La vera incognita per l’Inter è in panchina: Christian Chivu deve de-inzaghizzare una squadra che è rimasta praticamente la stessa dell’anno scorso. Morale alto, invece, in casa rossonera, dove Max Allegri viene considerato garanzia di ottimi risultati, mentre anche il mercato, seppure assai caotico, lascia ben sperare i tifosi del Milan. Il tormentone della scorsa estate, «Cardinale devi vendere!», ha trovato ascolto: via Reinders, Thiaw, Okafor, Kalulu, Emerson Royal, Terracciano, Bondo, Jovic e tanti altri comprimari. Una bella ripulita che ha portato nelle casse del Milan i denari per ingaggiare un certo Modric (parametro zero), i difensori De Winter, Estupinian e Athekame, i gemellini del centrocampo Ricci e Jashari. La clamorosa sconfitta in casa alla prima contro la Cremonese ha convinto l’ «aziendalista» Allegri a incalzare la società, e così, dopo Rabiot, ieri è arrivato il centravanti Nkunku, acquisto più costoso dell’intero mercato italiano, 36 milioni al Chelsea. Tarantolato, anzi tarentolato da Allegri, Tare ha anche preso in extremis il centrale difensivo tedesco Odogu. Soddisfazione, dicevamo, in casa-Juve: anno primo dell’era Comolli, ancora senza un direttore sportivo e con le macerie della gestione Giuntoli a ingombrare la strada, per la Vecchia signora questa sessione partiva decisamente in salita. Il manager francese, tuttavia, ha saputo vendere bene (inaspettate e indolori le uscite dei flop Douglas Luiz e Nico Gonzalez) e soprattutto alle sue condizioni. Con gli innesti di David, Zhegrova e Openda, più Joao Mario sulla fascia, la fase offensiva bianconera spicca il volo. Peccato che centrocampo e difesa siano invariati e traballanti, ritorno di Bremer a parte. Che comunque non è poco. Detto del mercato fermo per cause di forza maggiore della Lazio, che confida comunque in Maurizio Sarri, sul versante romanista le indicazioni di Gasperini non sono state rispettate: la rosa è incompleta, mancano almeno un centrocampista e un esterno sinistro, ma tra Massara che ha preso le redini del mercato il 19 giugno e la telenovela-Sancho le giustificazioni non mancano. Laziali e giallorossi sono accomunati dal fattore-panchina: la speranza di un campionato di vertice è affidata ai due tecnici. A proposito di tecnici, in casa-Atalanta la successione di Gasperini si è rivelata ancora più difficile del previsto, con Juric già sulla graticola. Retegui è stato sostituito da Scamacca, in attacco è arrivato anche Krstovic; rinforza il centrocampo, puntellato anche da Musah. Bergamo trema, Como se la gode: la squadra di Fabregas punta decisa all’Europa. Nico Paz è rimasto, ed è già, come si dice oggi, tanta roba. In attacco c’è la garanzia Morata, pronto a segnare ma più ancora a far segnare (suscita qualche perplessità che in quel ruolo, oltre al collaudatissimo Alvaro, ci sia solo Douvikas). Lunga la lista dei nuovi arrivi sulle sponde del lago: l’esterno offensivo Jesús Rodríguez, l’ala tedesca Kühn, il trequartista croato Baturina, e poi Addai, Perrone, Valle, Van der Brempt, Ramon. Ieri sono arrivati anche Posch e Diego Carlos. Ha speso, il Como, ma occorre segnalare che gli investimenti sono stati fatti su giovani intorno ai 20 anni. Curiosità per ciò che riuscirà a fare il Genoa: Vieira si dice soddisfatto del mercato, ma fatto sta che al centro dell’attacco Pinamonti è stato sostituito da Colombo, che non ha certo la media realizzativa del suo predecessore. C’è anche Cornet, di ritorno a Marassi. Si va verso un 4-2-3-1 con Carboni, Stanciu e Ellertsson o Gronabek alle spalle della punta. In difesa bene l’arrivo dell’esperto Ostigard. Il Torino si è assicurato le prestazioni del Cholito Simeone. Non manca qualche affare romantico, come gli arrivi di Vardy alla Cremonese, di Albiol al Pisa, di Dzeko alla Fiorentina. L’Udinese ha chiuso il mercato con una doppia zeta: Zanoli e il ritorno in Italia di Zaniolo. Trasferimento dell’ultim’ora quello dell’eterna promessa del calcio italiano che arriva in Friuli dal Galatasaray. Il gallo Belotti va al Cagliari. Si chiude un calciomercato senza colpi clamorosi: i migliori acquisti li ha fatti chi è riuscito a trattenere i propri gioielli. Ora la parola passa definitivamente al campo, in attesa del prossimo valzer del mercato di gennaio.
È il calciomercato più pazzo e incomprensibile dell’ultimo decennio. Giocatori in lizza per il Pallone d’oro che rischiano la disoccupazione. Campioni mondiali che vanno ad allenare nella serie B degli Emirati Arabi. Alti dirigenti che tornano al primo (o secondo) amore, luogo di delitti e successi. Quello che sta succedendo nelle sedi delle società di calcio, negli hotel dei ritiri e negli uffici di agenti e direttori sportivi può ispirare tanti piccoli romanzi gialli, parabole a lieto fine o thriller dall’epilogo amaro. Poteri degli euro e dei petrodollari. E superpoteri di procuratori sempre più «dittatori» del pianeta calcio. In questa estate inquieta alcune telenovele - da quella di Theo Hernandez a quella di Victor Osimhen fino a quella di Luka Modric - sono già passate in archivio, altre restano da scrivere.
Gigio Donnarumma, il superstite scomodo. Con Ousmane Dembelé e Désiré Doué è stato uno degli artefici della conquista della Champions League. Non a caso è entrato nella short list del Pallone d’oro. Eppure, Luis Enrique e i dirigenti del Paris Saint-Germain gli hanno indicato la via d’uscita: «Abbiamo preso un portiere bravo con i piedi». Per la partita di Supercoppa di stasera contro il Tottenham non è stato convocato. La sua vera colpa? Essere l’ultimo fuoriclasse del Psg delle figurine, quello di Messi Neymar Mbappè, senza i quali Luis Enrique ha vinto la Champions. E, viste le paratone contro Liverpool e Arsenal, senza Gigio l’avrebbe vinta lo stesso? I suoi 12 milioni d’ingaggio lo instradano verso la Premier.
Dusan Vlahovic, il prigioniero. Del suo stipendio. All’inizio, giornali e tv lo davano sicuro al Milan di Massimiliano Allegri. Ma col passare dei giorni sono emerse alcune difficoltà. Il mercato della Juventus, che ha preso Jonhatan David dal Lille e vuole confermare Kolo Muani, è bloccato dal suo cachet (12 milioni) divenuto scintillante, mentre il talento è rimasto grezzo. Un bel grattacapo per i capoccia della Continassa. Non sarà che, dopo averlo illuso, Allegri lo lascerà a bagnomaria a Torino consumando una piccola vendetta contro la sua ex squadra?
Ademola Lookman all’ultimo dribbling. Il funambolo nigeriano dell’Atalanta è concupito dall’Inter che si è spinta fino a 45 milioni. A Bergamo resistono perché ne vogliono 50 e perché gli ruga rinforzare un’avversaria diretta. Nel frattempo, a Zingonia Lookman non l’hanno più visto (non è una battuta). Dopo il mancato passaggio al Psg dell’anno scorso, Ademola e la società avevano stabilito che di fronte alla lauta offerta di un top club sarebbe partito. «Accordo valido per l’estero», hanno puntualizzato i Percassi che lo marcano stretto. Riuscirà a dribblare anche loro per andare a comporre il tridente da sogno con Lautaro e Thuram?
Adriano Galliani, il deus ex machina. A 81 anni è il più in forma di tutti. Dopo che avrà completato la vendita del Monza agli americani di Beckett Layne Ventures, tornerà al Milan (di RedBird). Sponsor Zlatan Ibrahimovic, ha incontrato Gerry Cardinale nello yacht di Flavio Briatore.
Per riaverlo in società, ridandole il peso che ha perso nel palazzo del calcio, gli verrà ritagliato un ruolo inedito di superconsulente con ampi margini di manovra. Ibrahimovic, Allegri, Galliani: attenti a quei tre, è stato scritto (anche se la prima volta c’era Berlusconi). Certi amori non finiscono...
Andrea Pirlo, panchina errante. Dentro il campo usava il compasso, a bordo cerca ancora casa.
Dopo il quarto posto con la Juventus, l’esperienza in Turchia al Fatih Karagümtük e l’esonero dalla Sampdoria per la mancata promozione in A, il regista tutto eleganza e materia grigia prova a ripartire dallo United Fc di Dubai, Serie B degli Emirati Arabi. Il presidente Ilie Cebanu l’ha presentato così: «Lui incarna i valori e le ambizioni del nostro club, e crediamo che possa essere una figura chiave per portarci a un livello superiore». Di sicuro i valori che percepirà (non si sa quanti) porteranno il suo conto a un livello ancora maggiore.
Stefano Pioli, il pendolare. Un anno a Riad a 10 milioni e ritorno in patria a 3: se non è amore... Dalla panca dell’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo a quella della Fiorentina che già fu sua dal 2017 al 2019, anni sereni ma turbati dalla morte di Davide Astori. Oltre all’amore c’è la voglia di riscatto, di dimostrare di essere un vincente e che lo scudetto conquistato con il Milan nel 2022 non è stato solo un regalo dell’Inter. Pioli sa creare il gruppo come pochi: tornerà on fire a Firenze?
Ardon Jashari, lo scacchista. Ha solo 23 anni ma la tenacia e l’arguzia di un quarantenne. Saputo dell’interesse del Milan, la squadra che da Cham (Svizzera) andava a vedere in macchina da bambino, ha detto «fermi tutti». Vane le più laute offerte dalla Germania, dalla Premier e dal Paese dei Balocchi. Ha lasciato che i dirigenti del Bruges imbastissero aste, mostrassero i muscoli e lo invitassero a rimanere. Poi ha incontrato il presidente e chiesto il mantenimento del patto che prevedeva la sua partenza davanti a un’offerta superiore ai 30 milioni: voglio andare al Milan e basta. Gioco, partita, incontro.
Hakan Chalanoglu, fidarsi dei turchi? Mai come quest’estate Hakan ha sentito così seducenti le sirene da Istanbul, che pure non è la sua città, essendo nato a Mannheim (Germania). Dopo l’ultimatum di Lautaro post sconfitta in finale di Champions («Chi vuole restare all’Inter resti, chi vuole andare arrivederci»), il suo sembrava un addio scritto. Invece, il Galatasaray non ha formalizzato l’offerta. Foto sorridente con Martinez e tutto risolto? Quasi, perché sempre da Istanbul sembrava farsi avanti il Fenerbache di José Mourinho. Sembrava, però. Mai fidarsi dei turchi (anche se nati in Germania).
Alvaro Morata, l’inquieto. Il Como dov’è appena approdato è la sua quarta squadra in un anno, dopo Atletico Madrid, Milan e Galatasaray. Nel frattempo, ha rimesso in piedi il matrimonio con la modella veneziana Alice Campello, quattro figli insieme. Laborioso anche il trasferimento dalle rive del Bosforo a quelle del Lario. C’erano di mezzo i soliti turchi che, nonostante abbiano acquisito a titolo definitivo Osimhen, hanno preteso congrue indennità per interrompere in anticipo il prestito dal Milan del capitano della Nazionale spagnola. Cesc Fabregas, già suo compagno al Chelsea e in Nazionale, lo ha stregato.
Federico Chiesa, il figliol prodigo. In attesa di un padre che lo riaccolga. «Fuori dal progetto» di Thiago Motta, ha impennato l’orgoglio ed è migrato in Premier League, sponda Liverpool. Purtroppo, la concorrenza di gente come Mohamed Salah e Cody Gakpo lo ha presto immalinconito. Figuriamoci ora con l’arrivo di Florian Wirtz, Hugo Ekitike e Jeremie Frimpong, 280 milioni in tre. Non convocato per la recente tournée asiatica, il nostro Federico è rimasto tra le brume a ripassare Yesterday. Arne Slot, il tecnico dei Reds, dice che a loro serve ancora (?), ma se vuole tornare in Nazionale Rino Gattuso gli ha suggerito di rimpatriare. Citofonare Antonio Conte?
l’allenatore che negli ultimi quattro anni l’ha riportata sul tetto d’Europa. L’addio, con una stagione di anticipo sulla scadenza del contratto, fa rumore: il mister ha deciso di trascorrere i prossimi tre anni in Arabia Saudita, sponda Al Hilal, per 100 milioni tutto compreso. Lo ha comunicato al presidente Beppe Marotta, zero possibilità di trattare, anche perché dopo la notte più buia contro il Psg si è convinto che «la rifondazione della rosa è indispensabile e ripetere quel ciclo sarà un’impresa titanica».
Nel weekend Inzaghi vola a Ryad e poi a Miami, dove il 18 giugno la sua nuova squadra debutta nel Mondiale per club contro il Real Madrid di Xabi Alonso. È davvero l’inizio di una nuova era. «Non so se sarò al Mondiale», aveva sussurrato dopo la finale di Champions. Ci sarà, ma contro i suoi ragazzi. Lo shock continua con una motivazione inedita: fra le ragioni della fuga ci sarebbe la flebile copertura da parte del club nei (pochi) momenti difficili. Il suo teorema è limpido: in quattro anni Inzaghi ha vinto lo scudetto della doppia stella, ha raggiunto due finali di Champions (la prima dominando in semifinale il Milan), ha aggiunto alla bacheca due Coppe Italia e tre Supercoppe, si è qualificato per il ricchissimo Mondiale di club, ha incasellato sei derby consecutivi (a Milano pesano). E ha contribuito a rovesciare un passivo gestionale di 200 milioni in un attivo di 25, sfondando il mezzo miliardo di fatturato, record italiano di sempre per chi attribuisce valore sportivo anche allo scudetto dei commercialisti. A fronte di ciò l’allenatore piacentino ritiene di essere stato messo troppe volte sulla graticola, con il club spettatore silente. E negli ultimi tempi, alla richiesta di garanzie su rinforzi futuri di primo livello, avrebbe ottenuto risposte evasive. Come dire: a Oaktree interessano più le plusvalenze che i trofei, vedi replica del Gerry Cardinale style. Una sberla in faccia a chi ha dato caratura da top player internazionali a parecchi giocatori (Lautaro Martinez, Nicolò Barella, Marcus Thuram, Alessandro Bastoni, Hakan Calhanoglu, Jann Bisseck) e fatto disputare le migliori stagioni della carriera ad alcuni vecchietti (Francesco Acerbi, Matteo Darmian, Henrikh Mkhitaryan).
L’atto finale è comunque allo zucchero. Marotta: «A nome del nostro azionista Oaktree e di tutto il club, desidero ringraziare Simone per il lavoro, la passione e anche per la sincerità nel confronto che ha portato alla decisione di separare le strade. Solo quando si è combattuto insieme, si può avere un dialogo franco come quello di oggi». Comunicato dell’Inter: «Inzaghi resterà per sempre nella storia del club come il coach che ci ha portato alla seconda stella». Risposta del mister: «Ogni giorno ho dedicato all’Inter il mio primo e ultimo pensiero della giornata». Poi ringrazia i tifosi «che hanno pianto e sofferto nei momenti difficili e hanno riso e festeggiato i sei trionfi che abbiamo vissuto insieme. Non vi dimenticherò mai, forza Inter».
Vedendo giocare la squadra, un rivale storico come Arrigo Sacchi è arrivato ad ammettere: «Prima l’Inter era una squadra da risultato. Con Inzaghi ha una mentalità vincente ed è dominante con il gioco». Ora tutto questo rischia di andare pezzi e Marotta dovrà pedalare forte se non vorrà attraversare deserti sfinenti come accaduto al Milan prima del ritorno di Max Allegri e alla Juventus di questi chiari di luna. La prima opzione nerazzurra è Cesc Fabregas, l’ex fuoriclasse tecnico del Como, con un’impostazione del lavoro alla Inzaghi e una dichiarata ammirazione per l’ambiente Inter. I problemi sono tre: il contratto rinnovato in riva al Lario (bypassabile), il fatto che possiede azioni del Como (dovrebbe cederle) e il timore di bruciarsi arrivando dopo un top coach, con una squadra a fine ciclo. Curiosità: nel 2003 lo spagnolo stava per approdare all’Inter di Massimo Moratti ma alla fine preferì l’Arsenal.
Il piano B prevede Roberto De Zerbi, tecnico del Marsiglia, eterna giovane promessa e icona dei giornalisti sportivi con alle spalle più «narrazione» che risultati. Dal solitamente permeabile ambiente nerazzurro trapela anche la pazza idea di riabilitare immediatamente Thiago Motta dopo lo showdown di Torino, ma sembra solo una boutade. Per l’ex Juve e Bologna sarebbe strategico ripartire in motoscafo sul Lario nel caso di fuga di Fabregas. A Como gira voce anche di un interesse per Daniele De Rossi, della serie vale tutto.
Dall’incubo interista è facile passare a quello juventino. Sembra che con John Elkann sulla tolda, il club storicamente più solido e credibile del circo pallonaro stia diventando un’entità liquida. Le mosse per la panchina dimostrano che Madama ha meno fascino di un tempo: Antonio Conte alla fine le ha detto no, Gian Piero Gasperini le ha preferito Roma (con il compito titanico di fermare il ponentino a Ostia), Roberto Mancini bloccato dal general manager Cristiano Giuntoli vede il suo sponsor fare le valige in queste ore, silurato personalmente da Jaki. Il sogno sexy resta Zinedine Zidane. E Igor Tudor, chiamato come traghettatore con un contratto di carta velina, rischia di accompagnare la squadra al Mondiale americano.
Alla Continassa sono arrivati Damien Comolli (ex presidente del Tolosa) come direttore generale e Giorgio Chiellini come icona vivente, nel solco della moda di immettere ex calciatori «bandiera» a svolgere ruoli chiave per i quali non hanno la minima competenza. Solo il tempo saprà dire se il Chiello somiglia più a Paolo Maldini o a Zlatan Ibrahimovic. La cosa fa una certa differenza.
La sessione di trasferimenti invernale si è chiusa ieri con il Milan assoluto protagonista. Nell'ultimo giorno i rossoneri hanno aggiunto Joao Felix, Sottil e Bondo a Gimenez e Walker. La Juve ha chiuso Kelly dal Newcastle e ceduto Fagioli alla Fiorentina. Mentre l'Inter ha deciso di non rivoluzionare la rosa sostituendo Buchanan con Zalewski e il Napoli ha rimpiazzato Kvaratskhelia con Okafor. Il Como è la squadra che ha speso di più con quasi 50 milioni di investimenti.
L'ultimo giorno di calciomercato si è vestito quasi solo di rossonero. Infatti, oltre a Kyle Walker, il neoallenatore Conceição ha accolto anche, da Chelsea e Feyenoord, Joao Felix e Gimenez. Quest'ultimo, con un esborso di 35 milioni di euro, è stato anche l'acquisto più oneroso del mercato italiano e uno dei dieci più costosi a livello internazionale. Il Milan prova, così, ad aprire un nuovo ciclo e a sopperire agli errori del passato. Emblematiche, in tal senso, le partenze di Morata verso il Galatasaray e, dopo una vita in rossonero, di capitan Calabria verso il Bologna.
Guardando alle altre squadre dello stivale, si potrebbe dire che a farla da padroni sono stati il dinamismo e l'inventiva degli uomini di mercato delle società, con una spesa complessiva di 228 milioni di euro, più del doppio rispetto ai 110 milioni del mercato di riparazione dello scorso anno.
Nella corte bianconera, Giuntoli ha tirato dal cilindro i prestiti di Muani, Renato Veiga, Kelly e Danilo Costa per fronteggiare i tanti infortuni del momento.
Gli uomini di copertina degli addii più rilevanti sono stati Patrick Dorgu e Khvicha Kvaratskhelia. Il primo è andato al Manchester United per trenta milioni di euro appurando il capolavoro dell'uomo mercato del Lecce, Pantaleo Corvino, e la più grande plusvalenza nella storia dei salentini. La cessione del georgiano, invece, era già nell'aria nella scorsa stagione, si è congelata con l'arrivo di Conte in panchina, per poi realizzarsi negli scorsi giorni con i 75 milioni del Paris Saint Germain, tra i sorrisi delle voci di bilancio e le ire dei tifosi. D'altronde, proprio nelle ultime ore, De Laurentiis è ricorso al nome meno altisonante di Okafor.
In casa Inter, invece, si è respirata una maggiore fiducia reputando la squadra già al completo, coi suoi senatori e le vecchie certezze. Così Marotta ha trattenuto Frattesi e ingaggiato il «solo» Zalewski dalla Roma che si è, comunque, già dimostrato decisivo nel derby con l'assist per il pareggio di de Vrij.
Chi annienta ogni record di mercato è il Como diventando la società che ha speso di più all'interno di questa sessione di mercato e anche tra tutte le neopromosse di sempre. Infatti, la proprietà indonesiana targata fratelli Hartono ha acquisito i cartellini di Caqueret (15 milioni), Douvikas (13 milioni) e Diao (12 milioni) oltre ai nomi esotici dell'ex viola Ikoné, del giovane Alex Valle dalla cantera blaugrana e di Dele Alli, ex stella del Tottenham. Così, coi suoi investimenti di 49,2 milioni complessivi, il Como stacca nettamente il vecchio primato stabilito dai Della Valle che, nel gennaio 2005, stanziarono 20,5 milioni per la campagna acquisti di una Fiorentina appena promossa in serie A.
Il figlio d'arte Maldini è finito nella scuderia atalantina del Gasp insieme a Posch. Caprile e Scuffet si sono scambiati le casacche di Cagliari e Napoli. Kouamé è andato all'Empoli dalla Fiorentina mentre, al contrario, si sono vestiti di viola Folorunsho, Pablo Marì e Zaniolo. Nella sponda giallorossa della capitale sono finiti Rensch e Gollini, ex Ajax e Atalanta. Il Torino si è rinforzato con gli acquisti da Chelsea e Lipsia di Casadei ed Elmas, vecchie conoscenze del campionato italiano con le maglie di Inter e Napoli. Tra le fila del Venezia spiccano gli acquisti di Zerbin e dell'ex portiere interista Radu e la cessione al Palermo di Pohjanpalo, pupillo di molti fantallenatori.
Poco prima del gong di chiusura, infine, la Fiorentina ha ceduto Sottil al Milan, Biraghi al Torino e acquisito Fagioli dalla Juve; il giovane Cuenca è andato al Genoa; Bondo ha lasciato il Monza per approdare al Milan e sostituire Bennacer finito al Marsiglia; la Lazio ha acquisito Belahyane dal Verona.
Stando ai dati pubblicati dal Cies Football Observatory, il nostro campionato è quello ad aver registrato il maggior incremento di spesa rispetto al 2023. La Premier League resta irraggiungibile per potere d'acquisto, ma ha tagliato le uscite dell'11%; mentre l'Arabia Saudita ha confermato l'inversione di tendenza rispetto all'anno scorso con ben 657 milioni di euro spesi in meno.
Venerdì scorso si è conclusa la sessione estiva di calciomercato in tutti i principali campionati europei, mentre stasera suonerà il gong anche in Arabia Saudita, e la finestra dei trasferimenti rimarrà aperta ancora per qualche giorno, tra i Paesi con maggiore potere d'acquisto, in Qatar (chiusura il 9 settembre) e Turchia (chiusura il 13 settembre).
Dopo una telenovela infinita che ha accompagnato l'estate di tutti gli appassionati, anche il caso Osimhen sembra aver trovato una soluzione. L'attaccante del Napoli, finito ai margini del progetto targato Antonio Conte, andrà con ogni probabilità a vestire la maglia del Galatasaray con la formula del prestito. Niente Paris Saint-Germain, niente Chelsea, niente Arabia Saudita e, soprattutto, niente reintegro nel Napoli. È proprio la Turchia, con la squadra di Istanbul dove già militano vecchie conoscenze della Serie A come Mauro Icardi, Dries Mertens, Lucas Torreira e molti altri, che ha offerto al giocatore nigeriano la possibilità di non rimanere fermo almeno fino al prossimo gennaio, quando si riaprirà il calciomercato, e al club partenopeo di non avere un calciatore fuori rosa stipendiato con 11 milioni di euro all'anno.
Ma il calciomercato estivo ha messo in evidenza un aspetto che sembra quasi essere passato in secondo piano, ovvero che i club italiani hanno ricominciato a spendere centinaia e centinaia di milioni di euro per acquistare i calciatori. Sentiamo orami da diversi anni dire che il nostro calcio è in crisi, che le nostre squadre non possono permettersi spese folli e invece i numeri di quest'estate dicono esattamente l'opposto. Secondo i dati pubblicati dal Cies Football Observatory, infatti, la Serie A è il campionato che ha incrementato di più la spesa per l'acquisto di calciatori rispetto alla passata stagione, facendo registrare un +16,5%, pari a 130 milioni di euro sborsati in più rispetto al 2023. 917 milioni di euro spesi quest'anno, 787 dodici mesi fa. E se è vero che a trainare questo movimento è stata soprattutto la Juventus, con il direttore sportivo Cristiano Giuntoli che ha rivoluzionato la rosa ingaggiando ben nove calciatori nuovi, tra i quali spicca il fiore all'occhiello del mercato bianconero, Teun Koopmeiners pagato all'Atalanta 59 milioni di euro bonus compresi, è altrettanto vero che anche le altre big del nostro campionato, esclusa l'Inter che ha puntato su pochi ritocchi attingendo dal mercato dei parametri zero con Mehdi Taremi e Piotr Zielinsky su tutti, hanno speso cifre considerevoli.
La classifica pubblicata dal Cies Football Observatory dimostra altri aspetti interessanti. In Italia, oltre alla Serie A che è l'unica insieme al Brasile ad aver registrato un incremento importante delle uscite, anche che la Serie B ha fatto un balzo notevole rispetto alla scorsa stagione. E se pensiamo che i club non hanno potuto contare sugli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, rimasti invenduti fino a poche settimane dall'inizio del campionato, il dato assume ancora più rilevanza. Il campionato cadetto è entrato nella top 20 con 57 milioni spesi. L'altro dato interessante, oltre a Inghilterra e Germania che tagliano le spese, sebbene la Premier League rimane leader con oltre due miliardi spesi, è il crollo dell'Arabia Saudita, con addirittura 657 milioni di euro spesi in meno rispetto all'estate del 2023, a conferma che il trend è in forte calo.






