2025-06-04
Inzaghi sceglie i dobloni nel deserto mentre la Juve non si riconosce più
Il tecnico dell’Inter va in Arabia con un triennale da 100 milioni: dopo la cinquina dal Psg si è sentito «mollato» dal club. La prima scelta di Marotta è Fabregas. La Signora sogna Zizou in panca, ma per ora le resta Tudor. l’allenatore che negli ultimi quattro anni l’ha riportata sul tetto d’Europa. L’addio, con una stagione di anticipo sulla scadenza del contratto, fa rumore: il mister ha deciso di trascorrere i prossimi tre anni in Arabia Saudita, sponda Al Hilal, per 100 milioni tutto compreso. Lo ha comunicato al presidente Beppe Marotta, zero possibilità di trattare, anche perché dopo la notte più buia contro il Psg si è convinto che «la rifondazione della rosa è indispensabile e ripetere quel ciclo sarà un’impresa titanica». Nel weekend Inzaghi vola a Ryad e poi a Miami, dove il 18 giugno la sua nuova squadra debutta nel Mondiale per club contro il Real Madrid di Xabi Alonso. È davvero l’inizio di una nuova era. «Non so se sarò al Mondiale», aveva sussurrato dopo la finale di Champions. Ci sarà, ma contro i suoi ragazzi. Lo shock continua con una motivazione inedita: fra le ragioni della fuga ci sarebbe la flebile copertura da parte del club nei (pochi) momenti difficili. Il suo teorema è limpido: in quattro anni Inzaghi ha vinto lo scudetto della doppia stella, ha raggiunto due finali di Champions (la prima dominando in semifinale il Milan), ha aggiunto alla bacheca due Coppe Italia e tre Supercoppe, si è qualificato per il ricchissimo Mondiale di club, ha incasellato sei derby consecutivi (a Milano pesano). E ha contribuito a rovesciare un passivo gestionale di 200 milioni in un attivo di 25, sfondando il mezzo miliardo di fatturato, record italiano di sempre per chi attribuisce valore sportivo anche allo scudetto dei commercialisti. A fronte di ciò l’allenatore piacentino ritiene di essere stato messo troppe volte sulla graticola, con il club spettatore silente. E negli ultimi tempi, alla richiesta di garanzie su rinforzi futuri di primo livello, avrebbe ottenuto risposte evasive. Come dire: a Oaktree interessano più le plusvalenze che i trofei, vedi replica del Gerry Cardinale style. Una sberla in faccia a chi ha dato caratura da top player internazionali a parecchi giocatori (Lautaro Martinez, Nicolò Barella, Marcus Thuram, Alessandro Bastoni, Hakan Calhanoglu, Jann Bisseck) e fatto disputare le migliori stagioni della carriera ad alcuni vecchietti (Francesco Acerbi, Matteo Darmian, Henrikh Mkhitaryan). L’atto finale è comunque allo zucchero. Marotta: «A nome del nostro azionista Oaktree e di tutto il club, desidero ringraziare Simone per il lavoro, la passione e anche per la sincerità nel confronto che ha portato alla decisione di separare le strade. Solo quando si è combattuto insieme, si può avere un dialogo franco come quello di oggi». Comunicato dell’Inter: «Inzaghi resterà per sempre nella storia del club come il coach che ci ha portato alla seconda stella». Risposta del mister: «Ogni giorno ho dedicato all’Inter il mio primo e ultimo pensiero della giornata». Poi ringrazia i tifosi «che hanno pianto e sofferto nei momenti difficili e hanno riso e festeggiato i sei trionfi che abbiamo vissuto insieme. Non vi dimenticherò mai, forza Inter».Vedendo giocare la squadra, un rivale storico come Arrigo Sacchi è arrivato ad ammettere: «Prima l’Inter era una squadra da risultato. Con Inzaghi ha una mentalità vincente ed è dominante con il gioco». Ora tutto questo rischia di andare pezzi e Marotta dovrà pedalare forte se non vorrà attraversare deserti sfinenti come accaduto al Milan prima del ritorno di Max Allegri e alla Juventus di questi chiari di luna. La prima opzione nerazzurra è Cesc Fabregas, l’ex fuoriclasse tecnico del Como, con un’impostazione del lavoro alla Inzaghi e una dichiarata ammirazione per l’ambiente Inter. I problemi sono tre: il contratto rinnovato in riva al Lario (bypassabile), il fatto che possiede azioni del Como (dovrebbe cederle) e il timore di bruciarsi arrivando dopo un top coach, con una squadra a fine ciclo. Curiosità: nel 2003 lo spagnolo stava per approdare all’Inter di Massimo Moratti ma alla fine preferì l’Arsenal. Il piano B prevede Roberto De Zerbi, tecnico del Marsiglia, eterna giovane promessa e icona dei giornalisti sportivi con alle spalle più «narrazione» che risultati. Dal solitamente permeabile ambiente nerazzurro trapela anche la pazza idea di riabilitare immediatamente Thiago Motta dopo lo showdown di Torino, ma sembra solo una boutade. Per l’ex Juve e Bologna sarebbe strategico ripartire in motoscafo sul Lario nel caso di fuga di Fabregas. A Como gira voce anche di un interesse per Daniele De Rossi, della serie vale tutto. Dall’incubo interista è facile passare a quello juventino. Sembra che con John Elkann sulla tolda, il club storicamente più solido e credibile del circo pallonaro stia diventando un’entità liquida. Le mosse per la panchina dimostrano che Madama ha meno fascino di un tempo: Antonio Conte alla fine le ha detto no, Gian Piero Gasperini le ha preferito Roma (con il compito titanico di fermare il ponentino a Ostia), Roberto Mancini bloccato dal general manager Cristiano Giuntoli vede il suo sponsor fare le valige in queste ore, silurato personalmente da Jaki. Il sogno sexy resta Zinedine Zidane. E Igor Tudor, chiamato come traghettatore con un contratto di carta velina, rischia di accompagnare la squadra al Mondiale americano. Alla Continassa sono arrivati Damien Comolli (ex presidente del Tolosa) come direttore generale e Giorgio Chiellini come icona vivente, nel solco della moda di immettere ex calciatori «bandiera» a svolgere ruoli chiave per i quali non hanno la minima competenza. Solo il tempo saprà dire se il Chiello somiglia più a Paolo Maldini o a Zlatan Ibrahimovic. La cosa fa una certa differenza.
Jose Mourinho (Getty Images)