2021-06-02
A sinistra si scoprono vulnerabili. La giustizia ora diventa un nemico
Per i «compagni» i magistrati sono infallibili solo quando abbattono, a suon di inchieste, gli avversari politici. Ma appena i processi colpiscono i duri e puri (come nel caso di Nichi Vendola), sbraitano contro gli show giudiziari.«La giustizia è malata. La sua amministrazione è sempre più spettacolarizzata. La cultura delle investigazioni è in caduta libera. Il circo giudiziario sta uccidendo il sentimento della giustizia. Questo è un problema per la qualità della democrazia». Di chi è questo formidabile j'accuse contro manette e manettari? Di qualche cerbero di centrodestra?Macché. È lo sfogo del compagno Nichi Vendola dopo la condanna (in primo grado) a 3 anni e 6 mesi di carcere per aver cercato di far ammorbidire un rapporto dell'Arpa Puglia, l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, sfavorevole all'Ilva dei suoi amici della famiglia Riva.Dichiarazioni che seguono quelle del pentastellato Luigi Di Maio, dopo l'assoluzione dell'ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, un mea culpa in piena regola contro «l'utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale. Campagne social, sit-in di piazza, insinuazioni, utilizzo di frasi al condizionale che suonano come indicative, con il senno di poi, credo siano stati profondamente sbagliati».Ecco, appunto: con il senno di poi. Che scuote dal sonno della ragione gli innamorati del salvifico suono del tintinnio delle manette, i voluttuosi sostenitori del circo mediatico-giudiziario, i fan dell'«etica» giustizialista contrapposta alla «cotica» criminale e criminogena.Fin quando, ca va sans dire, per una qualche misteriosa nemesi non tocca ai duri e puri «de sinistra». Prendete il videosbrocco di Beppe Grillo in difesa del figlio Ciro accusato di stupro. Ha scritto il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire: «Non si può essere giustizialisti con tutti, meglio ancora se avversari politici, e garantisti con il proprio figlio. Questo è giustizialismo rovesciato: anziché dare per scontata la colpevolezza, si dà per certa la non colpevolezza. È il contrario del garantismo e assomiglia tanto a un (mal) costume italico descritto in una frase attribuita a Giovanni Giolitti: “Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano". Figuriamoci per i figli».È un'orrenda deriva, sostiene ora Vendola: «La sinistra non può non prendere di petto questa questione». Già, perché nella sua visione - non solo sua, in verità - il garantismo sarebbe una bandiera della sinistra. Invece i sinistrati sono stati, e in larga parte lo sono ancora, felicemente vittime del «morbo giustizialista» (nei cui confronti mettevano in guardia nel 2010 con un libro dallo stesso titolo Giovanni Fasanella e Giovanni Pellegrino - giornalista il primo, avvocato e poi senatore il secondo - entrambi di sinistra doc). Si va avanti così da almeno trent'anni, da Mani Pulite in avanti.Piero Tony, magistrato che nel 2015 ha scritto il pamphlet-confessione Io non posso tacere, presentandosi come «un magistrato certificato e autocertificato di sinistra, iscritto a Md, Magistratura democratica», fa risalire proprio all'epoca di Tangentopoli quell'insana corrispondenza di amorosi sensi tra politica e giustizia: «Le cose sono andate all'aria nel momento in cui una parolina magica, supplenza, è diventata il cuore pulsante di quel rapporto, e il magistrato ha cominciato a muoversi come un politico, e il politico come un magistrato». Altro che separazione delle carriere nell'ordinamento giudiziario. Qui bisognerebbe tornare alla separazione tra i poteri dello Stato, e - in subordine - a quella «tra certi pm e certi giornali», per dirla con Luciano Violante, che nel 2009, nel volume Magistrati, ha aggiunto: «Una componente del centro-sinistra considera la magistratura e il suo giudizio addirittura come fonte primaria della legittimazione della politica».Ha rincarato la dose Luigi Ferrajoli, allievo ed erede di Norberto Bobbio, anche lui in Md: «L'opposto del garantismo è il dispotismo giudiziario», incrociato con «il populismo penale, ossia il protagonismo di alcuni pubblici ministeri poi passati alla politica, di cui mi ha colpito l'esibizionismo e il settarismo». Nomi non ne fa, ma come non pensare a Antonio Di Pietro, Luigi De Magistris, Antonio Ingroia?La sinistra. I suoi legami con le toghe (il caso Luca Palamara insegna). Quelli delle toghe con alcune testate editoriali (e non da ora, visto che a metà degli anni Ottanta Eugenio Scalfari confessava: «Lo so benissimo che il magistrato che sta violando il segreto istruttorio passandomi della carte potrebbe fornirmi materiale non attendibile. Ma se dovessi verificarlo tutto, non lo pubblicherei mai», alla faccia del garantismo e pure del giornalismo).Una «mutazione antropologica della sinistra», secondo Franco Corleone, radicale «verde», sottosegretario alla Giustizia nel quinquennio ulivista 1996-2001, che nel 2008 annotava: «Oggi la sola parola garantismo rischia di essere considerata alla stregua di una bestemmia alla pari del laicismo. Chi fa uso di tale termine o si proclama garantista non solo è guardato con sospetto ma rischia di essere messo al bando dalla società dei benpensanti in quanto filo terrorista, amico dei mafiosi o quanto meno sovversivo. Nella migliore delle ipotesi un utopista, cioè uno stupido».Poi, l'amaro risveglio. Come quello di Filippo Penati, scomparso nel 2019, iscritto fin da giovane al Pci, presidente Ds-Pd della Provincia di Milano dal 2004 al 2009, che apprese dai giornali di essere indagato per presunte tangenti (tra prescrizione e assoluzione «perché il fatto non sussiste», ne uscì pulito ma ormai, come si dice, il danno era fatto).Come Antonio Bassolino, che nel 2008 finì, da presidente della Regione Campania, inquisito per una serie di ipotetici reati. Nel febbraio di quest'anno si è chiuso il suo ultimo processo. In cui è stato assolto. Come nelle 18 (18!) volte precedenti. 19 assoluzioni accolte con legittima soddisfazione dell'ex governatore, accompagnata però «da dispiacere e dolore per una lunga solitudine politica».Perché come la storia insegna, il garantismo soccombe davanti al furore giustizialista. E ogni rivoluzione, tanto più se «giudiziaria», finisce con il divorare i suoi stessi figli. Anche se sono innocenti. E di sinistra.