
Il gruppo estremista disarticolato dagli arresti di mercoledì progettava di uccidere il premier per scatenare «la guerra civile». Piantedosi schiaffa la realtà in faccia al Pd, che puntava sulla narrazione del governo fascista: «L’inchiesta smentisce le vicinanze».Ventisette indagati, 12 misure di custodia cautelare in carcere. Secondo le 474 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Bologna promuovevano, organizzavano e prendevano parte all’ associazione Werwolf division (in omaggio alle omonime Werwolf Division naziste), un gruppo Telegram con un’ottantina di iscritti. Ospitava post che inneggiavano al «nuovo Stato autoritario» da far nascere con la «distruzione del sionismo» e del «regime liberale». Con tanto di idea di uccidere in un attentato Giorgia Meloni. Un progetto terroristico che per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rappresenta «la smentita di tante affermazioni fatte nel passato». Un chiaro riferimento alle accuse di contiguità con l’estremismo nero mosse da esponenti del Pd alla Meloni. Per il titolare del Viminale il fatto che i «neonazisti vogliono colpire la premier Meloni e componenti importanti di un governo che talvolta viene accusato dall’opposizione di avere, in qualche modo, una vicinanza ideale a questi mondi». Quella descritta nelle carte era infatti una realtà «finalizzata al compimento di atti eversivi violenti e alla sovversione dello Stato in nome delle cosiddette Siege culture (letteralmente cultura dell’assedio). La Siege culture rappresenta la più moderna versione del nazismo ed è la base del pensiero di diversi movimenti eversivi nazisti presenti in Europa, già dichiarati illegali in diversi Paesi, e che fanno tutti parte del network Terrorgram, che aggrega gruppi di estrema destra suprematista senza un coordinamento centrale. Si promuoveva anche la White Jihad, nonché delitti di istigazione a delinquere, apologia e negazionismo della Shoah, con finalità di eversione dell’ordine democratico, diretta e idonea a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali nonché quello politico e giuridico dello Stato, avente carattere e finalità neonazista». Tre i capi del gruppo: Daniele Trevisani, classe 87, il leader ideologico. Curava attivamente l’indottrinamento dei sodali, l’opera di proselitismo e la ricerca di nuovi seguaci all’esterno, anche minorenni. Poi Salvatore Nicotra, più grande, nato nel ’79, con il ruolo di istruttore aveva il compito di arruolare e addestrare militarmente i membri dell’associazione. Andrea Ziosi, anche lui nato nel 1987, l’editore, «era la mente comunicativa e colui che teneva i contatti con le cellule dislocate in altri paesi». Trevisani è il fondatore anche della rivista online ardire.org, che pubblicava articoli come «La Shoah te la vogliono davvero ficcare in testa». Tra le persone perquisite, indagate a piede libero, ci sono anche Fabio Tuiach, ex pugile ed ex consigliere comunale di Trieste, tra i lavoratori portuali no vax, ex Forza Nuova. Simonetta Cesari, 62 anni modenese, nel 2015 segretario del Fronte nazionale della città emiliana, a piede libero anche lei. I componenti del gruppo presunto neonazista sono indagati per la preparazione di gravi attentati, anche nei confronti del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di Klaus Schwab fondatore e presidente del World economic forum. «Una volta che sai che ci sono dei froci e trans nell’esercito americano, bona, non è che fa tanto scalpore. Smascherare invece la Meloni è molto più avvincente» si legge tra i messaggi di Trevisani. Nicotra scrive: «Vado a Roma e ammazzo la Meloni». «Ammazzarla è un’ottima maniera per fare in modo che l’Italia scenda in guerra civile», si legge nelle intercettazioni dell’indagato che ancora scrive: «Quando io dicevo prendiamoci un fucile e andiamo a sparare in faccia alla Meloni e creiamo una guerra civile [...] non è che lo dicevo perché ero felice di dirlo ma perché è l’unica cosa che si può fare!». C’era un piano e prevedeva un punto di cecchinaggio: «C’è un albergo davanti al Parlamento. Da lì puoi sparare un colpo dall’alto». Si legge che con Trevisani cercavano il contatto con «un palestinese che può fare al caso nostro». La premier è definita «traditrice», «concubina di Sion», «fascista finché non è salita al potere» che «ora rinnega di esserlo». Il progetto era inserito in un quadro più ampio: «Io vi stavo addestrando perché volevo unirci appunto all’Ordine di Hagal, cioè a Forza Nuova e a quegli altri». Agli atti ci sono pure i contatti con alcuni dirigenti di Forza Nuova. Dice Nicotra, parlando di 11 persone pronte ad aggredire il presidente del Consiglio: «Vogliamo unirci a Forza Nuova e agli altri per andare giù a Roma a fare un colpo di Stato al Parlamento. Volevo dare un fucile ciascuno, addestrati a dovere per fare la guerriglia. Io non ho nulla da perdere. Sono pronto a morire». L’obiettivo era quello di spingersi fino alla «guerriglia rivoluzionaria». Secondo la Digos i componenti della Werwolf Division erano passati ad attività preparatorie reclutando un addestratore per attività paramilitari. Tra le tante intercettazioni c’è la quella di uno degli indagati all’indomani delle perquisizioni del 15 maggio 2023. Sfogandosi diceva: «Cosa devo dire secondo te? Che allenavo cinque persone, potenzialmente guerriglieri da dargli un’arma in mano, andare davanti alla Meloni e sparargli in testa, cosa dovevo dire?».
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






