Guerra totale sulla riforma. Le toghe recitano da vittime dopo la replica della Meloni

Giorgia Meloni va in tv e attacca, i giudici rispondono, ed eccoci di nuovo alle prese con la classica polemica tra governi di centrodestra e «toghe rosse», ennesimo remake del capolavoro originale, quello che vedeva Silvio Berlusconi contrapporsi alle Procure di mezza Italia con, almeno, la piacevole distrazione delle sfilate delle «Olgettine» nei corridoi del Palazzo di Giustizia di Milano. Intervistata l’altro ieri dal Tg5, Giorgia Meloni ci va giù pesante, ben sapendo di buttare benzina sul fuoco: «Vedo un disegno politico intorno ad alcune decisioni della magistratura», dice la premier, «particolarmente quelle che riguardano i temi dell’immigrazione come se in qualche maniera si volesse frenare la nostra opera di contrasto all’immigrazione illegale. A me non sfugge che la riforma della giustizia procede a passi spediti e ho messo in conto eventuali conseguenze». A pesare la rivelazione che Giulia Bongiorno chiese al Tribunale dei ministri di ascoltare il sottosegretario Alfredo Mantovano, sentendosi rispondere dai giudici che non erano interessati ad ascoltare la versione di Mantovano bensì quella del ministro Carlo Nordio e che ritenevano le due posizioni «non fungibili». Sta di fatto che le parole del premier, chiare quanto dure, che scatenano le reazioni delle toghe e della sinistra: «Le dichiarazioni del presidente del Consiglio», scrivono in una nota i consiglieri togati di Unicost del Csm, Marco Bisogni, Roberto D’Auria, Michele Forziati e Antonino Laganà, «che attribuisce alla magistratura l’intenzione di realizzare un disegno politico per ostacolare la scelte del governo in materia di immigrazione o per attaccare esponenti della maggioranza in vista della riforma costituzionale, sono inaccettabili. I magistrati, come sanno tutti gli esponenti del governo, assumono le loro decisioni in autonomia e indipendenza sia dalla politica che dagli altri giudici: si tratta della separazione dei poteri, pietra miliare della democrazia e su cui anche la nostra Repubblica è fondata. Peraltro occorre ricordare che la Corte di Giustizia europea ha da poco confermato la legittimità dei dubbi sollevati dai magistrati italiani sulla legislazione italiana in materia di protezione internazionale. Il dibattito sulla riforma costituzionale, poi, dovrebbe essere tenuto a riparo da polemiche strumentali», prosegue la nota, «per consentire a tutti i cittadini di farsi un’idea su un progetto che incide profondamente sull’equilibrio istituzionale».
Sulla vicenda interviene anche la giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati: «I magistrati non fanno politica», scrive l’Anm, «fanno il loro mestiere ogni giorno nonostante insulti, intimidazioni e una campagna costante di delegittimazione che danneggia i fondamenti stessi del nostro Stato democratico. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Lo afferma l’articolo 101 della nostra Costituzione, che è un architrave della nostra democrazia. La magistratura italiana continuerà a svolgere il proprio compito con profondo rispetto del mandato costituzionale», conclude la nota, «e non esiste alcun disegno avverso all’esecutivo, affermarlo significa non comprendere il funzionamento della separazione dei poteri dello Stato». Come da copione, in difesa della magistratura scende in campo la sinistra:
«Insinuare che i giudici», commenta la segretaria del Pd, Elly Schlein, al quotidiano Domani, «agiscano non a tutela della legge ma per un disegno politico è un atteggiamento eversivo. E non è la prima volta». «Meloni piagnucola sui social e in tv», attacca il leader del M5s, Giuseppe Conte, «dove ha inaugurato un nuovo genere: l’intervista senza domande. Lo fa rispolverando l’usato sicuro, utilizzato per anni nei governi di cui anche lei ha fatto parte e che ha sostenuto: ho i giudici contro, gli avversari usano la magistratura per contrastarmi. Detto da chi quando io ero premier faceva denunce ed esposti contro di me basati su fake news e mi dava del criminale, fa veramente ridere». Una bella legnata (dialettica) alla sinistra arriva da Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e storico esponente di Fratelli d’Italia: «Dall’uso strumentale della tragedia umanitaria di Gaza alla guerra in Ucraina», azzanna Rampelli, «passando per il caso Almasri e per la difesa degli scafisti, la sinistra ha ormai un’unica strategia in Italia: ricorrere alla via giudiziaria in un’ottica antidemocratica. Per abbattere un governo legittimamente eletto dal popolo italiano, non trovando strumenti, credibilità, argomenti politici e programmatici per fare un’opposizione di merito, la sinistra beneficia dell’uso della coercizione blandita da parte della magistratura militante. Quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba. Non ci avranno. Anzi, parafrasando la loro inutile farsa: non passeranno. Siamo pronti», aggiunge uno scatenato Rampelli, «l’Italia democratica è con noi e sulla riforma della giustizia, come sulla lotta all’immigrazione clandestina, è con noi anche buona parte dell’elettorato benpensante della sinistra».»La sinistra, con l’appoggio di certa magistratura ideologizzata», sottolinea il senatore di Fdi Raffaele Speranzon, «prova a fermare il governo Meloni. Sentenze pro migranti, il caso Almasri e adesso anche la Corte Penale internazionale. Ma Fratelli d’Italia non si fa intimidire. Gli italiani sono con noi».






