2025-09-28
Più tecnologia per dissuadere i nemici
Difesa aerea nello stretto di Øresund (Ansa)
Per tenere a bada gli avversari, l’alleanza delle democrazie deve rendere sostenibile economicamente la difesa. La deterrenza hi-tech copre il ritiro dello scudo americano.Le intrusioni di sciami di droni russi nell’area baltica portano a valutare la concretezza di un’evoluzione della guerra verso la robotizzazione. Gli attacchi cyber al traffico aereo europeo confermano la creazione di un nuovo settore dell’attività bellica. E le operazioni di disinformazione via molteplici mezzi mediatici mostrano una intensificazione delle «tecniche condizionanti», cioè l’uso della psicologia per fini di conquista delle menti.Questo tipo di evoluzione degli strumenti bellici non è contrastabile con mezzi classici quali i carri armati, gli schieramenti di truppe, per semplificare: le difese esistenti. Soprattutto, questa pur solo iniziale evoluzione della guerra fornisce un vantaggio economico all’attaccante: per difendersi da droni che costano poche migliaia di euro bisogna schierare mezzi e condurre missioni che costano milioni. Evidentemente è necessario un salto tecnologico per rendere efficace ed economicamente sostenibile la difesa. Da tempo invoco anche su queste pagine la creazione di un Eurodome, cioè una cupola di difesa aerea multilivello, dagli antimissile a corto raggio fino a quelli che distruggono un razzo nemico in fase di lancio grazie a un monitoraggio dallo Spazio orbitale. Ma questo va progettato anche come infrastruttura per il monitoraggio ed eliminazione di tutti i segnali che, nel cyberspazio, hanno capacità condizionanti delle menti nonché cyberattacchi con potenziale di blocco delle funzioni civili. Sul piano macroeconomico, la capacità di difesa/deterrenza è un pilastro necessario per la fiducia, che stimola gli investimenti portatori di lavoro e sua qualità. Finora l’ambiente europeo e italiano hanno goduto del pilastro di fiducia statunitense. Ora dovrà spendere di più perché l’America non è più disposta a reggere tale impegno. E non lo è in quanto l’America è ormai troppo piccola per gestire da sola il ruolo di locomotiva economica e poliziotto di tutto il mondo. Washington sta riducendo il proprio ingaggio nel pianeta per mantenere la superiorità militare nei confronti della potenza emergente della Cina nel Pacifico. Novità? Per niente. Già nei primi anni 70 del secolo scorso Henry Kissinger teorizzò il passaggio dalla gestione singola del pianeta a una collettiva basata su un maggiore contributo militare ed economico degli alleati. Ma questi rifiutarono, pur accettando l’idea di una strutturazione dell’alleanza (nel 1975) con formato prima G5 e poi G7 perché speravano, specialmente la Francia, di riuscire a condizionare un’America indebolita per loro vantaggio.Anche per questo motivo Kissinger adottò una strategia finalizzata a separare Russia e Cina: i due, divergenti, sarebbero stati meglio gestibili da un potere americano decrescente. L’Unione sovietica crollò anche a causa del distacco dalla Cina, ma il risultato dell’azione di Kissinger e dei leader americani successivi negli anni Novanta permise alla Cina di diventare un potere simmetrico e ostile a quello americano. Ora Washington sta tentando una strategia del «Kissinger inverso», cioè separare la Russia dalla Cina per indebolire la seconda. Ma la Cina lo sa e sta sia satellizzando la Russia sia consolidando la sua influenza globale.Uno potrebbe dire che la Cina è in fase di implosione economica interna (dal 2015) e che la Russia sta andando a picco a causa di un’economia di guerra depressiva. Ma bisogna considerare che un regime autoritario può usare sia metodi repressivi sia concentrare risorse sulle capacità militari anche se impoveriscono i settori economici civili, azione che le democrazie non possono fare. Quindi, fino a che nei regimi autoritari attuali restano in vita gli autocrati correnti, il rischio di guerra - pur al momento sotto la soglia nucleare e biologica - permane elevato. Anche perché i regimi autoritari hanno bisogno di rendere bellicista il loro regime in quanto tipicamente ogni crisi di consenso interno è contrastabile da enfasi nazionalista e nemicizzazione esterna. Si consideri, poi, che l’attuale conduzione politica della Cina, dittatoriale sostanzialmente dal 2012 e formalmente dal 2017, è molto abile nelle strategie di «gestione simbolica»: linguaggio di pace per rivestire l’azione di conquista. Mosca lo è molto meno. Ma il problema non è solo questo. Cosa succederà quando gli autocrati moriranno? La Cina è pronta a occupare parti della Russia e a condizionarla più strettamente. Le élite russe lo intuiscono e si stanno agitando, ma temono l’uccisione. La popolazione russa è mobilitata dalla Chiesa ortodossa che ha unificato la strategia di rendere di nuovo forte il Patriarcato con una gestione simbolica nazionalista/aggressiva. E fino che sarà vivo, Vladimir Putin dovrà tenerne conto. Ma quando morirà, cosa succederà in Russia? E quando succederà a XI Jinping, cosa accadrà in Cina? Nei regimi autoritari i cambiamenti politici avvengono attraverso violenza e non elezioni. Sarà violenza solo interna o proiettata all’esterno? Le probabilità sono equivalenti, con una tendenza più verso il disordine che l’ordine.Conseguentemente, l’alleanza delle democrazie deve dotarsi di una capacità militare per dissuadere i nemici potenziali non solo nel prossimo futuro, ma anche nello scenario di 10-15 anni. Pertanto, le democrazie devono raggiungere la superiorità tecnologica senza cadere nella trappola dell’economia di guerra (depressiva) che è possibile correlando innovazioni tecnologiche militari e civili e fondendo i concetti di difesa ed attacco, con raggio globale. Eurodome non dovrà diventare una linea Maginot fissa e aggirabile, ma un sistema militare dinamico multidominio continuamente evolutivo e stimolativo dell’innovazione civile. Nova Pax.www.carlopelanda.com
Maria Elena Delia (Getty Images)