2024-03-04
Senza glutine o lattosio. Quando il cibo è «corretto» per allergici o intolleranti
I primi non possono mangiare nemmeno dosi minuscole senza rischiare reazioni anche gravi. Per i secondi, invece, la quantità è decisiva. E qualche volta ci si può permettere uno «strappo».Nei supermercati sono sempre più presenti versioni «corrette» di alimenti tradizionali: pasta senza glutine, latte e formaggi senza lattosio... L’aumento è proporzionale alla crescita dell’attenzione che si registra negli ultimi anni riguardo le intolleranze alimentari. Secondo i dati del ministero della Salute, il 2,4% degli adulti soffre di reazioni avverse al cibo, circa l’1-2% di allergie; tra lo 0,01 e lo 0,23% di intolleranza agli additivi (gli adulti soffrono di allergie al cibo meno dei bambini). Si tratta di un variegatissimo e complicato mondo di reazioni al cibo che Enzo Spisni porge al lettore-mangiatore con il saggio Siamo tutti intolleranti. Sensibilità alimentari e altre reazioni ai cibi: come riconoscerle e come affrontarle, Sonzogno Editore, appena arrivato in libreria. Come spiega il ministero della Salute, le intolleranze e le allergie alimentari, insieme con le intossicazioni da cibo, costituiscono le cosiddette reazioni avverse al cibo. La materia è delle più complicate, perché - come spiegano ancora gli esperti del ministero - «le reazioni avverse al cibo costituiscono una delle aree più controverse della medicina. Ci sono infatti differenze di opinione sulla loro incidenza e prevalenza, sulla loro sintomatologia clinica e sull’utilità di molte procedure diagnostiche proposte da vari autori».Anche solo capire perché a qualcuno di noi si possa gonfiare la pancia dopo aver mangiato una bella pizza non è per niente facile. Potrebbe dipendere dalla celiachia, ma anche dall’allergia al glutine o ancora dall’allergia a tutte le proteine del frumento (albumine, globuline e glutine). Oppure dall’allergia alimentare al nichel naturalmente contenuto nel pomodoro. Le reazioni avverse al cibo possono essere non tossiche, dipendenti da una suscettibilità individuale, e tossiche. Le tossiche sono le intossicazioni, che dipendono dalla dose assunta, eccessiva e quindi tossica, e niente hanno a che vedere con una sensibilità individuale. Tornando alle reazioni avverse al cibo non tossiche, si dividono innanzitutto in allergie (anche le sensibilità vengono fatte rientrare in questo gruppo) e intolleranze e possono coinvolgere il sistema immunitario (allergie, celiachia e sensibilità) oppure no (intolleranze). Come spiega Spisni, «è il sistema immunitario, quando è in perfetta efficienza, a proteggerci da virus e altri invasori. Nel caso delle allergie agli alimenti e della celiachia, però, il sistema immunitario non solo non ci protegge, ma rema contro. Funziona troppo e confonde sostanze innocue presenti nel cibo con nemici pericolosi, al punto da ingaggiare una guerra costante che finisce per danneggiare l’organismo». Le differenze tra l’intolleranza e l’allergia sono molto importanti da conoscere. Anche perché molti alimenti possono causare sia l’una, sia l’altra. Spisni fa l’esempio della mozzarella della pizza: «Non è semplice formulare una diagnosi precisa quando subentrano i fastidi dopo aver mangiato: la pancia gonfia, i dolori addominali, le scariche di diarrea o, al contrario, una stipsi ostinata. I sintomi possono dipendere da molte cause e non tutte legate all’alimentazione. Una distinzione chiave è tra chi non può permettersi nemmeno di assaggiare un piccolo pezzettino di un alimento, per esempio la mozzarella della pizza, come succede quando si ha l’allergia alle proteine del latte, e chi è intollerante al lattosio e può mangiare la Margherita, anche se non è l’ideale per la sua digestione». Molti potrebbero essere soltanto sensibili e avere la pancia gonfia dopo la pizza per questo. Molti altri ancora potrebbero semplicemente sperimentare una digestione impegnativa perché una bella pizza, con pomodoro e mozzarella, non è facile da digerire come un infuso di finocchio... Come fare a distinguere? Per capirlo occorre approfondire la conoscenza delle varie problematiche legate al cibo, che serve anche a non spaventarsi inutilmente. Leggiamo ancora Spisni sulla mozzarella della pizza: «Le intolleranze sono definite dose-dipendenti, ovvero dipendono dalla quantità di cibo che viene assunta. Quando l’intollerante al lattosio assaggia un latticino non ha alcuna reazione, se ne manda giù un pezzo grande può avere qualche sintomo, se spazzola una mozzarella intera il gonfiore alla pancia è quasi assicurato. Ma non rischia altro. Se invece l’allergico mangiasse un qualunque latticino, anche in piccole quantità, avrebbe una reazione grave, con sintomi in apparati del corpo vitali, come quello respiratorio e quello cardiocircolatorio. Potrebbe anche essere sufficiente usare un coltello che ha toccato o tagliato pizza con la mozzarella per scatenare la sua reazione allergica. Si parla di contaminazione, e i ristoratori attenti sanno come evitarla per garantire un pasto sereno ai propri clienti allergici». L’allergia è la più grave delle reazioni avverse al cibo dipendenti dal sistema immunitario. Ecco perché, se siamo celiaci, quando prenotiamo al ristorante, essendo la celiachia una patologia immunitaria severa come un’allergia, dobbiamo dirlo: il ristoratore non solo dovrà fornire un pasto senza glutine, ma dovrà seguire un rigoroso protocollo che preveda strumenti di preparazione, cottura, impiattamento e mise en place riservati esclusivamente ai celiaci. Gli alimenti per celiaci non devono assolutamente venire in contatto con gli altri, pena una contaminazione che potrebbe causare reazioni avverse anche gravi. L’intolleranza è una forma di reazione al cibo meno potente dell’allergia e spesso - ma non sempre - si spiega con problemi digestivi. A volte ovvi. Non siamo banali ma di buon senso se ribadiamo che non possiamo pretendere che un fisico di 65 anni digerisca alla pari di uno di 20 anni la famosa succulenta pizza che ci sta accompagnando in queste riflessioni. Gli organi invecchiano e si deteriorano, il nostro fabbisogno calorico diminuisce con l’età, passati i 30 anni, il nostro metabolismo rallenta il ritmo delle sue prestazioni, anche se non abbiamo reazioni di intolleranza da adulti non produciamo la lattasi necessaria a digerire il lattosio. Di contro, si può soffrire di problemi digestivi anche a 15 anni. In entrambi i casi, comunque, l’intolleranza non è un’allergia: «Per qualche motivo l’intestino tenue dell’intollerante non riesce a digerire certi elementi contenuti nei cibi, principalmente zuccheri, come il lattosio», spiega Spisni. «Non essendo in grado di scomporre queste sostanze in elementi più semplici e facilmente assimilabili, passa la patata bollente all’ultimo tratto dell’intestino, il colon. Qui entra in gioco il microbiota, quell’insieme di microrganismi, soprattutto batteri, che un tempo veniva chiamato flora intestinale. Il microbiota fa quello che può e prova a digerire questi nutrienti che non sono stati scomposti dal tenue. Utilizza però processi fermentativi, che sviluppano gas, responsabili del gonfiore e di altri fastidi. Nell’allergia, invece, non si hanno problemi a digerire gli zuccheri e il coinvolgimento dell'intestino, quando avviene, dipende unicamente dal fatto che intorno ci sono moltissime cellule del sistema immunitario che reagiscono al contatto con il cibo allergizzante. La reazione, talvolta violenta, che si verifica dopo aver mangiato anche solo piccole tracce dell’alimento a cui si è allergici è mediata, come si dice in termini medici, cioè scatenata dal sistema immunitario». Per quanto riguarda la nostra mozzatella della pizza, «in condizioni normali le proteine del latte (come la caseina) vengono accolte di buon grado. Il sistema immunitario le riconosce come nutrienti e se ne sta buono, attento a intervenire contro germi nocivi, entità realmente temibili. Nelle persone allergiche, invece, rivolge contro proteine innocue un fuoco amico, che si traduce in una serie di sintomi che possono diventare molto gravi e, nei casi estremi, mettere in pericolo di vita. Un individuo intollerante non correrà mai questi rischi. Al massimo, passerà un po’ di tempo correndo in bagno, senza nessuna conseguenza a lungo termine».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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