
Per Giuseppe Conte il Salvastati fu voluto dal centrodestra. Replica Giulio Tremonti: «Era nato come strumento giusto e prevedeva anche gli eurobond». La nuova versione fu approvata con il professore a Palazzo Chigi.Ci sono due notizie sul Meccanismo europeo di stabilità. Quella buona è che, finalmente, il premier Conte sembra essersi reso conto della pericolosità di questo strumento, come dimostra l'attacco scomposto e senza possibilità di contraddittorio lanciato venerdì sera a reti unificate all'indirizzo di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. La cattiva notizia riguarda il fatto che non sapendo come gestire la bollentissima patata di un possibile ricorso al Fondo salvastati senza previa (e doverosa) consultazione del Parlamento, Giuseppi ha pensato bene di scaricare le responsabilità sui leader delle opposizioni.Un gesto senza precedenti nella storia repubblicana, che nel giro di pochi minuti è riuscito a ricompattare Pd e M5s, ormai ai ferri corti proprio per l'affare relativo al Mes. E così, grazie alla cassa di risonanza dei social network e supportata dalle ricostruzioni pelose di certa stampa, la maggioranza ha provato a passare al contrattacco al grido di: «L'avete voluto voi il Mes». Nessuno scoop, lo precisiamo subito, anche perché i documenti sono tutti facilmente rintracciabili in rete. Il riferimento è al Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011, durante il quale fu approvata la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) funzionale all'istituzione, per l'appunto, del Meccanismo europeo di stabilità. Basta questo fatto per affermare che furono il premier Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, all'epoca ministro dell'Economia e delle finanze, a volere il Mes? E a rendere l'allora europarlamentare Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che di quell'esecutivo era ministro della Gioventù, complici di quella decisione? Contattato dalla Verità, il professor Giulio Tremonti racconta la sua versione. «Già nel 2008 scrissi una lettera a Christine Lagarde (ai tempi ministro dell'Economia francese, ndr) per significare che la parola “crisi" non esisteva nei Trattati». Nella missiva, scritta a seguito dello scoppio della crisi finanziaria, Tremonti proponeva la creazione di un fondo europeo per far fronte alle crisi di liquidità: «Non possiamo dare l'errata percezione alle nostre opinioni pubbliche che le nostre azioni sono principalmente dirette ad aiutare banchieri e manager delle istituzioni finanziarie. […] Quello che vogliamo, e che faremo, è salvaguardare i risparmi della gente, certamente non gli interessi di banche e istituzioni che hanno quasi distrutto questo risparmio».Facciamo un salto in avanti all'aprile del 2010: i titoli di Stato della Grecia vengono declassati al rango di «spazzatura» e Atene chiede aiuto a Bruxelles. Il 7 maggio il Vertice euro mette a disposizione 80 miliardi di euro, che diventano 110 se sommati ai 30 stanziati dal Fondo monetario internazionale. Ma il rischio contagio è reale, e nella stessa circostanza i capi di Stato della zona euro si mettono d'accordo per attivare «un meccanismo europeo di stabilizzazione per preservare la stabilità finanziaria in Europa». L'Ecofin del 9 maggio delibera l'adozione di un pacchetto di misure per un volume totale di 500 miliardi, e conferma la volontà di creare un «meccanismo europeo di stabilizzazione», la cui «attivazione è subordinata a una forte condizionalità» e che preveda «condizioni analoghe a quelle dell'Fmi». Nel dicembre del 2010, Tremonti scrive una lettera pubblicata sul Financial Times, a quattro mani con l'allora ministro del Tesoro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker. «Di sicuro non un mediterraneo», ci fa notare l'ex ministro dell'Economia. Secondo i due, la risposta alla crisi consiste nell'emissione di «obbligazioni europee emesse da un'Agenzia europea per il debito, in qualità di successore del Fondo europeo di stabilità finanziaria (antenato del Mes, ndr)». Sulla stessa lunghezza d'onda la risoluzione approvata dal Parlamento europeo del 23 marzo 2011 sulla modifica dell'articolo 136, che al punto «j» così recitava: «Ad integrazione del Meccanismo europeo di stabilità, l'Unione dovrebbe promuovere un mercato consolidato di eurobond». Solo due giorni dopo, il Consiglio varava definitivamente la modifica dell'articolo 136 del Tfue, facendo entrare così il Mes di diritto nel corpus dei trattati europei. «Eravamo d'accordo ai tempi», spiega Tremonti, «per tutti era chiaro che la creazione del Mes dovesse essere funzionale all'introduzione degli eurobond». Fu questo il motivo per cui il 3 agosto del 2011 il governo confermò senza particolari patemi d'animo la decisione presa in sede europea. Ieri come oggi, eurobond e Mes facevano parte di una sorta di «logica di pacchetto». Ma anche quella volta ad attenderci c'era il «pacco». Due giorni dopo, il 5 agosto, venne recapitata a Palazzo Chigi la lettera minatoria firmata da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet. L'inizio della fine? «No, piuttosto la fine dell'inizio», ci spiega il professore, «perché da allora nessuno parlò più di eurobond». Nel febbraio del 2012 viene infine approvato il Trattato del Mes. «Senza eurobond, ma con la Troika», chiosa Tremonti, «e con lo stigma che si porta appresso ancora oggi per la devastante gestione della crisi greca». Tutto il resto è storia nota. Qualche mese più tardi, il 19 luglio, sotto il governo guidato da Mario Monti, il Parlamento è chiamato ad approvare il Mes in fretta e furia, sotto il ricatto dello spread a 500. La Lega fu l'unica forza politica a votare contro. Grottesco l'intervento di Sandro Gozi, oggi europarlamentare francese e ai tempi deputato Pd: «Sul Meccanismo europeo di stabilità non c'è un effettivo controllo democratico, non c'è un'adeguata trasparenza». Quisquilie, evidentemente, perché lui votò a favore.
Ursula von der Leyen (Ansa)
Le sbalorditive parole di Ursula: «Le nostre politiche hanno aiutato Pechino nel solare, nelle batterie, nelle auto elettriche. Adesso rischiamo una nuova dipendenza». È tutta colpa sua e si dovrebbe dimettere. Invece incredibilmente rilancia: «Bisogna accelerare».
Antonio Filosa, ad Stellantis (Ansa)
L’ad Filosa promette ai sindacati 400 assunzioni a Mirafiori che è ai minimi termini. Ancora rinvii su gigafactory e siti in crisi come Cassino. Il manager incolpa l’incertezza delle norme europee. Di Giuseppe (Fdi): premio a Elkann? Cattivo esempio ai giovani.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
I risparmiatori rispondono: il primo giorno di emissione sfiora il record. A questo ritmo lo Stato potrebbe incassare 10 miliardi. La richiesta media è stata di 35.000 euro.
Sigfrido Ranucci (Ansa)
L’arresto di un latitante ad Abu Dhabi sarebbe collegato all’attentato al giornalista.