2024-05-29
Scandali e debiti, il Quirinale tace sui guai dell’agenzia dei beni confiscati
Compensi bloccati ad amministratori giudiziari e coadiutori Ad agosto Sergio Mattarella dovrà scegliere il successore di Bruno Corda.Mentre escono indiscrezioni e nomi sulle nomine nelle partecipate pubbliche come Cassa depositi e prestiti o Ferrovie dello Stato, di competenza del governo di Giorgia Meloni, poco si sa invece su quelle che spettano al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il 20 agosto, per esempio, va in scadenza il prefetto Bruno Corda, dal 2020 direttore dell’agenzia nazionale dei beni confiscati (Anbsc). Toccherà quindi al Quirinale scegliere il successore per la gestione di un ente che negli ultimi anni ha affrontato diverse criticità e critiche, legate in particolar modo alla parte economica e amministrativa dell’agenzia.Come più volte riportato dalla Verità, infatti, diversi amministratori giudiziari e coadiutori (che vengono incaricati di gestire i patrimoni sottratti per esempio alla criminalità organizzata) non vengono pagati dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati. Sono costretti ad anticipare di tasca propria le spese di gestione, talvolta anche indebitandosi. Poi si ritrovano persino a dover pagare le tasse sulle aziende che amministrano, inseguiti dall’Agenzia delle entrate. Tutto questo è contrario al decreto dello stesso presidente della Repubblica. Perché non è comprensibile né giustificabile il mancato pagamento dei compensi che spettano di diritto ai professionisti anche perché i fondi per legge devono arrivare proprio dalle risorse recuperate con il sequestro e la confisca.Cristiana Rossi, revisore legale, curatore fallimentare, consulente del tribunale civile e delle imprese e della Corte d’appello ha denunciato più volte la questione in questi anni. Ha scritto anche al presidente della Repubblica nelle scorse settimane, senza però ottenere risposta. Per di più negli ultimi anni l’agenzia è stata anche attraversata da diversi altri scandali, come quello del giudice Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Finita sotto processo, insieme ad altri 11 imputati, per aver gestito, secondo le accuse in maniera clientelare, i beni confiscati alla mafia e avere messo in piedi un vero e proprio «sistema», è stata condannata a 8 anni e 8 mesi in appello. Ma c’è anche chi protesta, come in Sicilia, dove alcuni immobili confiscati alla mafia vengono occupati abusivamente tra le proteste dei sindacati che chiedono invano un incontro proprio con i vertici dell’agenzia. Eppure, nonostante queste criticità, il prefetto Corda è stato udito in commissione Antimafia soltanto una volta, nel lontano 15 febbraio del 2021, quando c’era ancora la pandemia.Così, sono passati tre anni senza che ci sia stato un ulteriore aggiornamento sulle previsioni future di attuazione di nuove procedure, sia con particolare riferimento alle nuove risorse da impiegare in Agenzia, sia con riferimento ai protocolli d’intesa stipulati con altri soggetti pubblici come l’agenzia delle Entrate con specifico riferimento alle aziende. In quella occasione Corda aveva comunicato il numero dei beni in gestione pari a 17.000 mentre altrettanti ne erano già stati assegnati.Le aziende in gestione erano 2.900 di cui però 1500 in liquidazione mentre le altre parzialmente in vendita e parzialmente in affitto. Di aggiornamenti da allora non ce ne sono stati. Oltre al consiglio direttivo dell’agenzia, in carica ormai dal 2018, esiste il collegio sindacale che è per legge l’organo di controllo dell’agenzia nazionale composto per lo più membri del ministero dell’Interno. È un organo di controllo sulla gestione, e nel caso di un soggetto pubblico, è evidente che l’attenzione deve essere posta sull’impiego dei soldi pubblici ricavati dalle procedure di sequestro e di confisca dei patrimoni colpiti dalla misura disposta dalla magistratura. Nonostante le proteste dei coadiutori non pagati, il collegio non ha mai mosso rilievi. Quindi, Corda, nominato da Mattarella, non soltanto non paga i compensi ai coadiutori ma non applica neppure il decreto stesso del presidente della Repubblica (n. 177/2015) che regolamenta la determinazione dei compensi degli amministratori giudiziari (coadiutori) Anbsc. L’agenzia pretende inoltre di trasferire sui coadiutori - liberi professionisti e quindi soggetti privati – adempimenti attinenti al bilancio dello Stato. Anche se non esiste alcuna legge che impone ad un soggetto privato di assolvere adempimenti come questi, perché sono in capo alla pubblica amministrazione. Va anche ricordato che il coadiutore Anbsc non ha con l’agenzia nazionale un rapporto di impiego a tempo determinato. Anche se l’ente continua a sostenerlo. Perché di fondo l’agenzia nazionale pretende tale adempimento considerandolo «propedeutico» all’approvazione del rendiconto del coadiutore. Ma era stata proprio la Corte dei conti a evidenziare nel 2023 la criticità rappresentata dal «forte arretrato accumulato quanto all’approvazione dei rendiconti di gestione presentati dai coadiutori, che non depone a favore circa la funzionalità dell’Agenzia stessa nel settore». Possibile che Mattarella a distanza di più di un anno dall’allarme della magistratura contabile non abbia nulla da dire?
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.