
Nel numero del nuovo «Panorama» da oggi in edicola l'intervista esclusiva al ministro per gli Affari europei: «Il rapporto con Bruxelles resterà difficile se l'Ue non correggerà le politiche seguite. Ce la faremo da soli».(…) Professor Savona, tutti gli italiani si chiedono se questa manovra aiuterà o meno l'Italia. Garantisce sugli effetti?«Che possa essere io a garantire gli effetti mi sembra esagerato». Lei non è tipo da peccare di modestia. «Posso solo garantire che lo schema logico sottostante e le decisioni pratiche aiuteranno l'Italia. Manovra “espansiva", si dice: ma ci sono abbastanza investimenti destinati allo sviluppo? La manovra è espansiva perché se lo Stato spende il 2,4 per cento - circa 40 miliardi di euro - in più dello scorso anno, anche la domanda aggregata crescerà. Coloro i quali sostengono che la manovra non consentirà una crescita dello 0,5 per cento - poco più di 8 miliardi - nel 2019 per riportare il Pil reale ai livelli ancora insoddisfacenti del 2018 a causa dei mutamenti del clima internazionale, devono aver studiato su libri di economia rari, di cui è difficile procurarsi copia». Ma lei avrebbe preferito più investimenti?«Sì. Sono d'accordo che non ci siano abbastanza investimenti e perciò ho sostenuto che questa deve essere la sfida politica che il governo si è data» (...) Le tre misure più importanti della manovra sono il reddito, la cosiddetta quota cento e la flat tax. Mi può dire per ognuna che effetti prevede? «Per ognuna è difficile stabilirlo, ma nel complesso producono almeno, insisto su almeno, una crescita dello 0,5 per cento, se non proprio dell'1 per cento».Lei dunque è ottimista.«Oltre l'effetto crescita, ciò che è importante è l'aver inserito nella funzione di utilità della politica economica la lotta alla povertà, la crescita dell'occupazione giovanile e il sostegno alla piccola impresa, tutti temi molto sentiti dall'elettorato». (...) La preoccupa il Pil a crescita zero delle ultime rilevazioni? «I ministri, soprattutto se tecnici, non devono avere preoccupazioni, ma indicare soluzioni ai problemi». Ovvero?«La legge di bilancio nasce anche dalla coscienza di questo andamento inaccettabile». Questo effetto è da addebitare alle politiche di Paolo Gentiloni oppure lei pensa che sia un prodotto dei primi mesi di incertezza dall'insediamento alla manovra?«Come ho già detto, è il risultato del mutamento di clima degli andamenti geopolitici globali. Gli effetti delle politiche economiche, giuste o sbagliate, si presentano con ritardi temporali che in passato venivano stimati dai sei mesi all'anno e mezzo. Anche in questo caso chi sostiene la simultaneità degli effetti ha letto libri rari di economia o, più semplicemente, è mosso da pregiudizi, non da giudizi razionali». (...)Il rapporto con l'Europa non è mai stato così teso. «Resterà difficile finché non vengono apportate le correzioni all'architettura istituzionale e alle politiche seguite, divenute di stampo conservatore, che ignorano la spinta al cambiamento proveniente dagli elettori. È pur vero che queste spinte sono di natura diversa - la Germania pensa diversamente dell'Italia e così via - ed è perciò che sostengo la necessità di una “europeizzazione" del cambiamento; ossia il bisogno di incanalare l'eterogeneità delle spinte entro una logica europea» (...) L'Italia sta perdendo o vincendo la sua guerra dello spread? «È il mercato che l'ha vinta, non accettando l'offensiva dei gruppi dirigenti italiani sconfitti o quelli europei contrari. D'altronde il quantitative easing di Mario Draghi ancora opera e qualcosa l'avrà pur fatto a fianco del mercato, che non vuole certo un'Italia destabilizzata».Pensa che il risultato delle elezioni europee potrà aiutare l'Italia?«Se l'Unione europea continua a non mandare il messaggio che è un'organizzazione che offre opportunità, e non solo vincoli, tutti ne patiranno. L'Italia saprà comunque aiutarsi da sola, come è sempre avvenuto e sta avvenendo».Secondo lei l'Italia è nel mirino dell'Europa?« L'idea che l'Italia sia nel mirino dell'Europa è un concetto che non esprime la sostanza di quanto sta accadendo da tempo, che è comunque un problema politico».Pongo la domanda in altri termini: il governo di cui lei fa parte è in guerra con l'Europa?«La nostra concezione di un'Europa di pace e di benessere che mosse i Padri fondatori della Comunità, poi l'Unione, e trovò grande consenso, presso la pubblica opinione non ha retto alla prova delle vicende che sono seguite alla firma del Trattato di Maastricht». Detto così pare un sì. «Occorrono cambiamenti, non approfondimenti della visione che si è mostrata insufficiente a mantenere quel consenso. Da qui le reazioni, che i gruppi dirigenti europei non vogliono comprendere». (...) La Bce sembra oscillare nella sua linea di uscita dal quantitative easing. «Cambiare politica monetaria quando la crescita reale decelera non è certamente scelta saggia». (...)Come e quando è maturato il suo ripensamento eurocritico?(Sospira). «Non sono io ad avere avuto ripensamenti, ma la stampa che si definisce di informazione. Ho sempre dichiarato che l'Italia ha bisogno del mercato comune e dell'euro, ma sin dalle negoziazioni ho insistito con i miei maestri - Guido Carli e Carlo Azeglio Ciampi - che l'architettura era difettosa, come sette premi Nobel e molti economisti hanno sottolineato e continuano a sostenere». (...)
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





