
L'autore di «Opzione Benedetto»: «Alla Chiesa servono pulizia e verità, non può arrendersi sulla questione dell'omosessualità. Ne va della civiltà occidentale. I cristiani devono aiutare i sacerdoti a non avere paura».Rod Dreher ha indagato giornalisticamente, forse tra i primi, il caso McCarrick. Intellettuale tra i più influenti nel dibattito americano su temi di Chiesa, è autore di quello che è ritenuto il più importante libro religioso degli anni Dieci: L'Opzione Benedetto, recentemente pubblicato in Italia da San Paolo. L'autore sarà nel nostro Paese a inizio settembre, e accetta di parlare con La Verità del memoriale Viganò.Come ha reagito il cristianesimo Usa al dossier?«La faccenda delle accuse penali piovute su Theodore McCarrick ha destato un grande scandalo, ma stando ai lettori del mio blog quasi nessuno, nelle parrocchie e tra i fedeli, sapeva di tutto ciò. I media hanno dato conto del memoriale Viganò, ma per lo più hanno cercato di trasformarlo nella storia di un arcivescovo conservatore pazzo che odia i gay e cerca di scatenare un golpe contro un Papa progressista. Temo che la maggioranza dei cattolici, che non si concepiscono di destra o di sinistra, concluda che il documento riguarda solo la politica ecclesiastica, e se ne disinteressi. In realtà, esso va al cuore dell'integrità della Chiesa stessa».In che senso?«Non c'è dubbio che dividerà la Chiesa: lo sta già facendo, e ciò è tragico. Ma è ancor più tragico mantenere una falsa unità basata su una menzogna. La verità divide, e fa male. Per i malati gravi, però, è meglio il dolore della ferita del chirurgo rispetto alle pillole che tolgono il dolore. Oggi la fonte del male nella Chiesa sono le menzogne pronunciate da potenti prelati per proteggere sé stessi e loro amici».Ritiene credibili le accuse di Viganò?«Tutto ciò che scrive è interamente credibile, il che ovviamente non lo rende vero. Scrivo degli abusi sessuali nella Chiesa dal 2001, quando ero editorialista del New York Post. Negli anni ho scoperto cose scandalose sul conto di preti, vescovi, perfino cardinali. Nel 2002, quando ho sentito parlare per la prima volta di abusi sui seminaristi da parte di McCarrick, e ho saputo che il Vaticano era stato avvertito prima che fosse nominato arcivescovo di Washington, ho iniziato a fare alcune telefonate. McCarrick venne avvisato, e chiese a un suo amico di togliermi il caso. Questa persona ammise con il mio direttore che McCarrick aveva fatto cose, disse testualmente, “imbarazzanti, ma non criminali", e che il cardinale stesso chiedeva che a Dreher fosse tolto l'articolo. Fu respinto, eppure non riuscii a scrivere nulla perché nessuno degli accusatori accettò di rilasciare dichiarazioni. Resta il fatto che sapevo dal 2002 che McCarrick molestava i seminaristi, altrimenti non sarebbe intervenuto per cercare di mettere a tacere le mie inchieste. Non ho difficoltà a credere a Viganò».Molti si sono concentrati sulle motivazioni di Viganò. Cosa ne pensa?«È successa la stessa cosa qui. I giornalisti sembrano cercare ragioni per non indagare sulle accuse. Se possono screditare Viganò, non devono concentrarsi su ciò che dice. Penso che Viganò abbia commesso un errore nell'alzare il polverone sulla lobby gay». Sarebbe?«I media Usa non diranno mai nulla di negativo sugli omosessuali. Ciò mette Viganò in svantaggio dal punto di vista della strategia mediatica».Perché?«Ci pensi: sappiamo di McCarrick da luglio, quando il New York Times ha pubblicato le orribili vicende delle sue molestie a bambini e seminaristi. Ero certo che avrebbero indagato su come avesse potuto diventare cardinale malgrado nella Chiesa molti sapessero dei suoi trascorsi. Ma nessuno l'ha fatto. Eppure è una grande storia giornalistica: sesso, segreti, soldi, religione, potere. Nel 1988 McCarrick ha contribuito a fondare una fondazione papale per raccogliere denaro dedicato a progetti voluti dal Santo Padre. L'ha usata per comprare influenza a Roma. Una storia pazzesca, ma nessun giornalista l'ha voluta scrivere. Credo sia dovuto al fatto che si sarebbe scoperta l'evidenza di omosessuali predatori». La piaga della pedofilia nel clero è in qualche modo legata alla tendenze omosessuali tollerate nei seminari?«Non è possibile separare la questione dei preti gay da quella degli abusi sessuali. Certo, non tutti i preti omosessuali sono pedofili. Ma è certo che l'81% dei minorenni vittime di abusi sono maschi. È acclarato che una cultura clandestina di omosessuali attivi crei le condizioni per gli abusi». Perché, che nesso c'è?«I preti imparano a tenere i segreti altrui. Un sacerdote con amanti non sarà certo incentivato a disciplinare i comportamenti sessuali degli altri. È ricattabile. I preti imparano a chiudere un occhio come autodifesa. È anche vero che una forma di clericalismo aiuta queste reti a prosperare».Ma è vero che questa lobby gay farebbe pressioni per cambiare la dottrina in materia di omosessualità?«I sacerdoti non sono immuni a questa rivoluzione culturale in atto. Secondo i sondaggi, due cattolici Usa su tre sono a favore delle nozze gay, e rifiutano l'insegnamento della Chiesa in materia. Man mano che muoiono le vecchie generazioni, la percentuale cresce. I preti gay capiscono che il momento è propizio, e si stanno muovendo per cambiare la Chiesa. Questo è un fronte delicatissimo. La Bibbia, e l'insegnamento della Chiesa, sono inequivoci. Se la Chiesa si arrende sull'omosessualità, distruggerà non solo la sua credibilità ma tutta l'antropologia della famiglia. Il mondo ri-paganizzato odierà la Chiesa per la sua posizione sulla sessualità in genere. Ma questa è proprio la testimonianza controculturale chiesta ai cristiani nel tempo post-cristiano».Alla «strategia» cristiana in un mondo post-cristiano lei ha dedicato il suo testo, da poco uscito in Italia. Cosa può fare un cristiano comune per aiutare la Chiesa?«Pregare, digiunare, leggere i testi sacri, confessarsi, andare a messa. E poi parlare. Il cardinale Raymond Burke ha detto che i fedeli hanno il dovere di dire la verità. E dovrebbero chiedere che il Papa, i vescovi, i sacerdoti dicano la verità sulla corruzione sessuale. C'è una sporcizia che rischia di uccidere la Chiesa. Si preparano tempi dolorosi e difficili. Mi permetto anche di dire che i fedeli dovrebbero incoraggiare i loro sacerdoti a non avere paura. Molti preti provano rabbia e vergogna per alcuni comportamenti, e per loro può voler dire molto l'appoggio delle persone comuni».Lei è giornalista, ed è cristiano ortodosso. Qual è il giusto atteggiamento per chi si occupa professionalmente di queste vicende?«Ho iniziato a scrivere di abusi nel 2001: sono stato accusato di aver screditato la Chiesa. Un importante arcivescovo, di area conservatrice come me, mi ha chiesto di smettere. Ho risposto che ritenevo mia responsabilità di cattolico - come allora ero - di giornalista, di padre raccontare. E ho aggiunto: “Voi vescovi avete avuto anni per rimediare, e non l'avete fatto"».E lui?«Ha replicato: “Se non hai fiducia nel fatto che noi vescovi possiamo sanare la situazione, come fai a essere ancora cattolico?". Anni dopo, ho perso la fede nella Chiesa anche per choc come questo. Per custodire la fede in Cristo, ho abbracciato l'ortodossia. È molto doloroso scrivere queste cose. Amo la Chiesa e voglio che sia forte. Da occidentale, ho bisogno che essa sia forte. Dalla Chiesa dipende tutta la civiltà occidentale. Non conosco migliore approccio professionale che questo: dire la verità. Nel 2002 ho contattato un laico che mi risultava essere andato a Roma per mettere in guardia il Vaticano su McCarrick. Gli chiesi se fosse così e mi disse che, anche se fosse stato vero, non me l'avrebbe detto, per proteggere la Chiesa. Ora sappiamo che era vero. Forse, se quell'uomo avesse detto la verità 16 anni fa, non sarebbe esploso un problema che fa addirittura ventilare ad alcuni un rischio di scisma».Cosa pensa della reazione, fin qui, della Chiesa al memoriale Viganò?«Capisco che papa Francesco sia in una situazione difficile, ma le sue prime parole mi sono parse deboli. Se Viganò mentisse, dovrebbe essere facile smentirlo per i cardinali della Curia».Nella sua Opzione Benedetto parla a lungo di Ratzinger. Pensa che Benedetto XVI abbia avuto l'approccio corretto su questi temi? «La mia ammirazione per Ratzinger non mi impedisce di pensare che su McCarrick, e prima su Marcial Maciel, sia stato troppo tenero. Ritengo abbia dato disposizioni su McCarrick, e che questi le abbia ignorate. E credo che il fatto di avere ogni responsabilità ma nessun potere effettivo abbia potuto indurre le dimissioni del 2013. Probabilmente sperava che lo Spirito Santo potesse affidare la Chiesa a un pastore più energico. Sta di fatto che ora stiamo vivendo questo disastro. Però...».Però?«Ho descritto nell'Opzione Benedetto la comunità cristiana di San Benedetto del Tronto, come esempio di vita lieta e di fede che accade mentre tutto, intorno, crolla. Dalla fede creativa di San Benedetto è nato un movimento che ha ricostruito la civiltà. Forse Dio ci chiama a ricostruire la Chiesa, e questa comincia dal nostro cuore, dalla nostra mente, dalle nostre famiglie e comunità. Questo è il messaggio di speranza che vorrei contribuire a diffondere anche in Italia».
Christine Lagarde (Ansa)
Siluro dell’ex economista Bce, il teutonico Jürgen Stark: «È chiaro perché l’Eliseo l’ha voluta lì...».
Stefano Antonio Donnarumma, ad di Fs
L’amministratore delegato Stefano Antonio Donnarumma: «Diamante 2.0 è il convoglio al centro dell’intero progetto».
Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Fs, ha avviato un piano di rinnovo della propria flotta di treni diagnostici, i convogli speciali impiegati per monitorare lo stato dell’infrastruttura ferroviaria. L’operazione prevede nei prossimi mesi l’ingresso in servizio di due nuovi treni ad Alta velocità, cinque destinati alle linee nazionali e 15 per le reti territoriali.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario, riducendo i rischi di guasti e rendendo più efficace la manutenzione. Tra i nuovi mezzi spicca il convoglio battezzato Diamante 2.0 (Diamante è l’unione delle prime tre sillabe delle parole «diagnostica», «manutenzione» e «tecnologica»), un treno-laboratorio che utilizza sensori e sistemi digitali per raccogliere dati in tempo reale lungo la rete.
Secondo le informazioni diffuse da Rfi, il convoglio è in grado di monitorare oltre 500 parametri dell’infrastruttura, grazie a più di 200 sensori, videocamere e strumenti dedicati all’analisi del rapporto tra ruota e rotaia, oltre che tra pantografo e catenaria. Può viaggiare fino a 300 chilometri orari, la stessa velocità dei Frecciarossa, consentendo così di controllare le linee Av senza rallentamenti.
Un’ulteriore funzione riguarda la misurazione della qualità della connettività Lte/5G a bordo dei treni ad Alta velocità, un aspetto considerato sempre più rilevante per i passeggeri.
«Diamante 2.0 è il fiore all’occhiello della flotta diagnostica di Rfi», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Antonio Donnarumma, che ha viaggiato a bordo del nuovo treno in occasione di una corsa da Roma a Milano.
Attualmente, oltre al nuovo convoglio, Rfi dispone di quattro treni dedicati al monitoraggio delle linee tradizionali e di 15 rotabili destinati al servizio territoriale.
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Da sinistra, Carlo Cottarelli, Romano Prodi, Enrico Letta (Ansa)
Carlo Cottarelli, Romano Prodi, Enrico Letta: le Cassandre dem hanno sempre vaticinato il crollo dei nostri conti con la destra al governo. In realtà il rapporto tra disavanzo e Pil è in linea con quello di Berlino e migliore rispetto a quello di Parigi. E vola anche l’occupazione.
Murale commemorativo in memoria di Charlie Kirk (Ansa)
L’attivista è stato un esempio a livello culturale: non mollava sui temi etici, non aveva alcun timore, era preparatissimo, dialogava con tutti, non pativa alcuna sudditanza. Cose che qui a volte mancano.