2018-11-21
Salvini vuole un italiano al posto di Moscovici
Il leghista alza la posta: «Chiederemo un membro economico della Commissione, finora abbiamo puntato a ruoli secondari». Non è solo pretattica elettorale. Il dialogo tra Ppe e sovranisti procede, quello tra Lega e Fi pure. A maggio può cambiare tutto.Da tempo, vista la sua centralità politica, tutte le dichiarazioni di Matteo Salvini sono vivisezionate e passate ai raggi X. Curiosamente però la cosa non è accaduta ieri per una delle sue affermazioni più forti: il preannuncio dell'intenzione di rivendicare, per la Commissione che si insedierà dopo le prossime Europee, un portafoglio economico.È una novità, dopo che per mesi i retroscena avevano accreditato un interesse italiano solo per l'agricoltura, tema certamente assai rilevante, ma non proprio nella cabina di comando dell'Ue. Ieri, a onor del vero, Salvini ha citato anche quell'eventualità, ma prima ha evocato bersagli più grossi («L'Italia è un contributore netto, fino a oggi non abbiamo avuto grandi vantaggi, e un errore dei governi passati è stato scegliere come commissari ruoli non primari: io penso che il governo dovrà indicare un commissario che si occupi di economia, lavoro, concorrenza, commercio, trasporti, industria, agricoltura»).Non credendo si tratti solo di una battuta, o soltanto di una frase di circostanza alla vigilia delle opinioni che la Commissione uscente esprimerà oggi sulle bozze delle leggi di bilancio degli Stati membri (con la manovra italiana inevitabilmente nel mirino), si può ritenere che il leader leghista abbia voluto dare tre messaggi.Primo. Diversamente da una narrazione ostile e spesso caricaturale, la prima opzione della Lega non è una «exit strategy» dall'Unione europea, e meno che mai quella di provocare dolosamente un collasso o un corto circuito. Certo, c'è una forte (e motivata) sfiducia verso l'attuale Unione, si prende in considerazione anche l'eventualità che altri fattori - indipendenti dall'Italia - possano favorire una disarticolazione, ma l'opzione preferita è quella di una riscrittura delle regole europee: per farlo occorre una maggioranza salda nel Parlamento europeo, numeri forti in Consiglio (dove siedono i governi), e portafogli centrali nella Commissione. Secondo. Al di là dei sondaggi, Salvini è consapevole di avere la chance di cogliere un risultato rilevantissimo, sopra il 30%, primo partito italiano, tra i primi d'Europa, e certamente primo per crescita in pochi mesi. Questo farebbe di lui certamente la figura di punta dell'alleanza sovranista in Ue, di quella «lega delle leghe» che Salvini vagheggia da questa estate.Terzo. Per quanto significativo, il risultato della Lega non basterebbe, e la stessa alleanza sovranista resterà minoritaria nel nuovo Europarlamento. Per puntare a un incarico così pesante, è presumibile che il leader leghista prenda in considerazione una trattativa non solo con i conservatori di Acre (che perderanno però la decisiva delegazione inglese), ma con lo stesso Ppe, costringendo il gruppo popolare a sciogliersi dall'abbraccio con il Pse. Va ricordato che Manfred Weber, candidato popolare alla Commissione ha aperto più di una volta al dialogo con l'area «sovranista», dialogo auspicato, dall'altro lato del tavolo, dal ministro della Famiglia, e salviniano doc, Lorenzo Fontana. È in fondo uno schema analogo a quello che, quando si trattò di sostituire Martin Schulz alla presidenza del Parlamento europeo, vide una sorta di ballottaggio (curiosamente, tra due italiani) tra l'esponente Pse Gianni Pittella e il candidato Ppe Antonio Tajani, al quale l'altro giorno, dopo mesi di reciproche asprezze, Salvini ha indirizzato un messaggio distensivo. Secondo un retroscena di Repubblica, infatti, in una telefonata, il leader leghista avrebbe detto al suo interlocutore forzista: «Abbiamo governato insieme tanti anni, spero che torneremo a lavorare insieme per altrettanti anni». Naturalmente ogni lettura è possibile: episodio falso; oppure episodio ingigantito (solo un dialogo inevitabile in vista delle prossime elezioni regionali); oppure episodio usato dai leghisti per rendere chiaro a M5s che il Carroccio ha una seconda opzione; oppure episodio strumentalizzato da chi - sul lato grillino - vuole far saltare il tavolo. Ogni speculazione è astrattamente immaginabile. Ma c'è un dato oggettivo: la prima riunione del nuovo Europarlamento, dopo il voto del 26 maggio, in cui ci potrebbe essere un interesse convergente a unire le forze tra Ppe e sovranisti. Certo, in questa prospettiva, Forza Italia dovrebbe rivedere - non di poco - la sua narrazione sull'Europa, che in questi mesi è parsa totalmente schiacciata, con rare eccezioni, su questa Ue e sulla linea di un Ppe a trazione totalmente tedesca, fino a difese paradossali dei parametri europei e di non poche sortite anti italiane dei vari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis. La sensazione è che Salvini prepari diversi scenari. Tenere vivo l'attuale governo, oppure valutare altre opzioni dopo la scadenza europea, e in ogni caso ottenere il 26 maggio un'affermazione di partito fortissima, che vedrebbe gli altri partiti italiani di centrodestra staccati di 25 punti percentuali. E con una Lega - come un tempo Silvio Berlusconi diceva di sé - a quel punto «incontournable», cioè imprescindibile, irrinunciabile, inevitabile per qualunque soluzione o maggioranza, a Roma come a Bruxelles. Se poi a livello europeo convergessero altri tasselli, proprio gli uffici oggi occupati da Dombrovskis e Moscovici potrebbero avere nuovi inquilini italiani.