2025-07-26
Salviamo Firenze dal flop tranvia
Il convoglio della tranvia di Firenze oggetto di un blitz da parte di un gruppo di persone in tuta bianca nel 2023 (Ansa)
La folle decisione dei progressisti di rinunciare alla metropolitana per impuntatura ideologica ha paralizzato la città, che ora rischia di morire soffocata e in silenzio.La sicurezza, certo. È una necessita che preme, perché l’invasione indiscriminata delle città provoca paura. I centri d’arte come Firenze devono combattere e difendersi dai barbari d’Oltralpe, che al confronto Attila era un gentiluomo. La demolizione di quella che Giorgio La Pira paragonava alla celeste Gerusalemme, si sta perfezionando attraverso l’idea che per salvare il recinto rinascimentale si debba in tutti i modi costringere i fiorentini a sacrificare la loro libertà di movimento. Firenze è prigioniera di un errore strategico, dal quale non si può più tornare indietro. Prigioniera proprio in senso fisico. La rete tranviaria che sta percorrendo il corpo della città è una trappola senza ritorno. Un omicidio perfetto. Quando alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, fu deciso di seppellire l’idea della metropolitana, che sarebbe andata sottoterra - troppo costosa e considerata troppo di destra - il progetto era quello di privilegiare il trasporto pubblico e demolire le intenzioni di chi non avrebbe mai abbandonato l’auto privata. Ma l’alternativa sposata dalle amministrazioni di sinistra non si è mai realizzata. Prima la tranvia ha scontato i ritardi che hanno anche messo a rischio i finanziamenti già disponibili, ora i lavori di sventramento delle strade che stanno mandando in corto circuito la mobilità e facendo impazzire chi si deve spostare. E lasciamo da parte l’impatto estetico dell’intreccio dei fili che alimentano i treni di superficie. Perché questa scelta rappresenti la soluzione per il traffico di Firenze, bisognerebbe che tutti i fiorentini si spostassero davvero a piedi, o comunque lasciassero l’auto a casa. Ma così non è. E nemmeno lo sarà anche quando l’utopia sarà meno idealizzata. Perché il trasferimento da una parte all’altra della città non sarà mai possibile utilizzando soltanto i mezzi pubblici e benché la rete tramviaria sia destinata ad allargarsi. Si stanno creando dunque dei maxi ingorghi con attese infinite ai semafori, dove gli automobilisti sono costretti ad aspettare il loro turno quando incrociano la tramvia, che ha sempre la precedenza. Ingorghi infernali che ora vengono legittimamente spiegati con la presenza di numerosi cantieri dei lavori in corso, ma che è verosimile prevedere non verranno rimossi nemmeno quando l’intervento sarà finito. Restare in superficie è stato un errore. Le simulazioni sono state troppo ottimistiche, al limite dell’illusione. O forse dell’incoscienza. Perché indietro ora non è possibile tornare. È già successo una volta: nel secolo scorso a Firenze c’era la tramvia. C’è stata dal 1879 al 1958, quando fu letteralmente estirpata dal suolo a causa di un cambiamento nelle politiche di trasporto pubblico, che favorirono l’uso di autobus su gomma ritenuti più moderni e adatti alla crescente domanda di mobilità. Questo cambio di rotta portò alla dismissione dei binari e delle linee aeree. Quarant’anni dopo, il ripensamento. Se si andava sottoterra con la metropolitana ci sarebbe stato il rischio di inciampare in qualche inevitabile insediamento archeologico; e scavare di più era troppo costoso. Così la soluzione che tutte le città del mondo, a partire da Roma, hanno adottato, per Firenze fu scartata. Sottovalutando il problema, comprese le difficoltà collaterali, e viceversa sopravvalutando gli effetti terapeutici della tramvia di superficie. Firenze è una città dotata di strade strette, rese ancora più asfittiche dai parcheggi per le auto dei residenti previsti da entrambi i lati della carreggiata. Il Comune ha preteso di esibire la sua vocazione ambientalista, aggiungendo anche una rete di piste ciclabili che si sono fatte largo a fatica fra i parcheggi. Firenze non si può trattare come una città qualunque. Il traffico si insinua come un elefante in una cristalleria. Questo l’hanno capito in pochi fra gli amministratori degli ultimi decenni, spesso ostaggio di una ideologia che sta diventando letale perché non rispetta la vocazione umanistica che non prevede l’invasione della modernità, se non a piccole dosi. I viali di circonvallazione, che all’epoca di Firenze Capitale, alla fine dell’Ottocento, vennero costruiti sul modello dei boulevard parigini al posto delle mura medievali, proprio per collegare il centro storico e i quartieri circostanti, hanno rappresentato fino ad ora una valvola di sfogo per il traffico. Ebbene, oggi sono diventati dei viottoli, perché lo spazio centrale è stato occupato dai binari della tramvia, e anche i parcheggi ai lati, fra gli alberi, sono scomparsi. Prima del collasso irreversibile ci vuole una via d’uscita. Non bastano le scuse di Palazzo Vecchio e i richiami alla pazienza per i disagi che i fiorentini sono costretti a subire. Già in molti sono fuggiti dal centro, sfrattati dall’invasione indiscriminata degli Airbnb, e l’hanno abbandonato alle scorribande dei turisti, che fanno impunemente i loro comodi. Firenze è patrimonio dell’Unesco. Così l’umanità rischia di perderla, soffocata dal silenzio. Il grido d’aiuto, da quel che resta di Firenze, deve raggiungere il mondo che ignora questa realtà.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.