2025-09-09
Finale amaro per Mediobanca: Mps al 62,3%
Ieri è terminata l’Opas: il Monte ottiene la maggioranza assoluta. Alberto Nagel e il cda sarebbero pronti a dimettersi nel consiglio in programma il 18 settembre. L’assemblea poi nominerà il successore. Nuova partita in vista: Siena ora ha le chiavi per Generali.È stata superata la soglia del 62,3%. È la percentuale che ha cambiato la storia della finanza italiana. È la quota che ha consentito al Monte dei Paschi di Siena - la banca che per decenni è stata sinonimo di debolezza, commissariamenti e ironia degli analisti -di prendersi una rivincita clamorosa, trasformando il malato terminale in protagonista. L’Opas su Mediobanca ha superato la soglia di controllo, segnando l’inizio di una nuova era per Piazzetta Cuccia, storica cassaforte della finanza italiana.«Abbiamo una banca», chiedeva ansioso 20 anni fa Piero Fassino a Giovanni Consorte ai tempi della scalata a Bnl. Adesso una banca il governo di centrodestra ce l’ha ed è il Montepaschi che la sinistra ha distrutto. Con la regia del Tesoro - che detiene ancora l’11% di Mps, quota che verrà diluita dai concambi azionari - e il supporto strategico dei gruppi Caltagirone e Delfin, la banca senese si ritrova al centro di una concentrazione di potere finanziario senza precedenti. Mediobanca, principale azionista delle Generali e pilastro del capitalismo nazionale, sta per cambiare volto, e con lei tutta la geografia dell’alta finanza italianaE il colpo di scena non finisce qui. Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca da 18 anni, si prepara a dimettersi insieme con l’intero consiglio di amministrazione. La riunione prevista per il 18 settembre, durante la quale sarà approvato il bilancio, potrebbe diventare un anniversario scolpito nella pietra: il giorno in cui l’era della Mediobanca sede del salotto buono del capitalismo italiano è ufficialmente tramontata. Già da tempo l’istituto aveva smesso di essere il crocevia dei grandi affari. Tuttavia il blasone costruito da Enrico Cuccia prima e da Vincenzo Maranghi era sempre un grande richiamo. Formalmente, la staffetta avverrà all’assemblea di bilancio (che per la seconda volta nella storia probabilmente mancherà la data del 28 ottobre). All’appuntamento Mps presenterà la sua lista con il nuovo amministratore delegato e il nuovo presidente. Ma la partita, agli occhi di chi segue il mercato con attenzione, è già chiusa.L’uscita di Nagel (entrato in banca nel 1991) segna la fine di un’era in cui Mediobanca era più di una banca: era un’istituzione fondata sulla capacità di Enrico Cuccia di arbitrare i destini del capitalismo italiano. Ora questa istituzione passa nelle mani di chi, fino a ieri, era considerato il più maltrattato del sistema bancario: la banca più soccorsa, più irrisa e più criticata, che oggi diventa regista di un nuovo ordine finanziario.Dietro le quinte, le tensioni degli ultimi anni aggiungono colore alla vicenda. Delfin e Caltagirone, che insieme detengono il 28% delle azioni di Mediobanca, hanno tentato senza successo di destituire Nagel due volte negli ultimi cinque anni. Ora, l’ago della bilancia è cambiato: chi era sfidato diventa dominatore, chi sfidava diventa spettatore. Il colpo finale, però, non riguarda solo Mediobanca: il vero obiettivo, già intravisto dagli addetti ai lavori, sono le Generali. Controllare Mediobanca significa avere una chiave per la cassaforte degli italiani, un simbolo potente di influenza e potere finanziario.La stampa internazionale osserva affascinata. Il Financial Times sottolinea che, nonostante una fusione completa possa essere fuori portata, ottenere il controllo di Mediobanca rappresenta una vittoria importante per Luigi Lovaglio, che ha guidato Mps dalla crisi alla ribalta. Dopo anni di tentativi falliti da parte degli investitori per sostituire Nagel, l’Opas di Mps si chiude come una vicenda di astuzia, pazienza e determinazione, con tanto di colpo di scena degno di un romanzo finanziario.In sostanza, la finanza italiana cambia pelle sotto i nostri occhi. Da maltrattata a protagonista, da irrisa a regista: Montepaschi si conferma capace di riscrivere il gioco, trasformando il passato in un trampolino verso il futuro. E se qualcuno pensa che la finanza italiana sia fatta solo di numeri e grafici, basta guardare a questa vicenda: alleanze, strategie, colpi di scena e simbolismi parlano un linguaggio chiaro, e lo fanno con stile.Montepaschi ha dimostrato che anche chi è considerato perdente può diventare vincente, e che la storia della finanza nazionale non è mai lineare. Piazzetta Cuccia non sarà più la stessa, Mediobanca non sarà più indipendente. In Generali osservano con qualche preoccupazione il nuovo ordine che prende forma. È l’Italia della finanza che cambia volto, con il malato terminale che diventa regista e con un’aggregazione di potere senza precedenti, pronta a scrivere il prossimo capitolo del capitalismo italiano.