2025-09-09
«Papà Little Tony non era mai con me. Ma oggi porto in giro i suoi successi»
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
Cristiana Ciacci unica figlia dell’Elvis italiano e la sofferenza per la separazione dei genitori: «Seguire lui ai concerti era il solo modo per stargli vicino. Mamma lo lasciò prima che nascessi. Lei era hostess. E io stavo con le tate».Cristiana Ciacci ha occhi grandi e belli. L’eyeliner li fa ancor più risaltare. Sono quegli occhi che s’illuminavano ogni volta che poteva vedere suo padre, Antonio Ciacci, Little Tony, e cantare con lui sul palco. Oggi accade la stessa cosa, quando l’italianizzatore del pop-rock, con ciuffo d’ordinanza stile Elvis Presley, appare in un mega-screen. Lei ci duetta ancora, negli spettacoli della Little Tony Family. Tuttavia, dietro gli occhi dell’unica figlia di Little, volato via il 27 maggio 2013, resta l’ombra della profonda malinconia della sua difficile prima giovinezza, sofferta per la lontananza di padre e madre e per il loro tormentato matrimonio. Come e quando è nata l’idea degli spettacoli della Little Tony Family? «Nasce da una delle ultime volontà di papà che, in punto di morte, ha chiesto a me e ad Angelo Petruccetti, suo fonico e tastierista, il mio compagno di canto, di realizzare il progetto. Papà ha scelto questo nome».Sin da giovanissima già partecipava ai suoi spettacoli.«Sì, da quando avevo 13 anni. Ho avuto la fortuna di seguirlo per 30 anni in tutti i palchi, in Italia e nel mondo. Volevamo rendergli omaggio ma senza fare una cosa troppo seria o pesante. Volevo ricordarlo con il sorriso, l’allegria, l’immensa felicità che provava quando si esibiva». Vi esibite anche all’estero.«A Toronto abbiamo avuto un grande successo, con papà andavamo una volta l’anno in tournée: l’ultima volta fu nel 2011. Nel 2024 siamo stati per tre settimane in Australia: Sydney, Melbourne e Adelaide».Amare suo padre e il canto è un’equazione. «È stato naturale, sono nata circondata dalla musica, a casa si ascoltava sempre il giradischi, musica degli anni Sessanta e Settanta. I suoi concerti li ho sempre vissuti, fin da piccolissima, lo vedevo prepararsi, fare le prove. Un modo per stargli vicino perché non lo vedevo mai, e poi mi piaceva quel mondo. Avevo 13 anni e, a un concerto, la presentatrice si sentì male e dissi: “Presento io lo spettacolo”. Da lì diciamo che non so’ più scesa». È nata a Roma il 9 febbraio 1974. «Lo stesso giorno di papà». Famoso già da Sanremo 1961, con 24.000 baci. Poi una carriera piena di successi. «Non è che vivevo male papà, vivevo male la nostra situazione, perché non c’era mai. E quindi ho vissuto infanzia e adolescenza molto sola. Se avessi avuto un fratello, una sorella con cui stare in compagnia, magari le avrei vissute in maniera diversa. La concausa è anche mia madre, sempre assente per lavoro».Giuliana Brugnoli, che faceva la hostess, anche lei sempre in viaggio. «Sì».E quindi con chi stava?«Stavo con mia nonna o con varie babysitter che duravano dall’oggi al domani, ma per la maggior parte del tempo stavo da sola».Il papà e la mamma come si conobbero?«Amavano il mare. Mia mamma era in uno stabilimento a Ostia a prendere il sole, papà in uno vicino con degli amici. Uno di questi andò a fare una passeggiata e sapendo che papà era un playboy gli disse: “Guarda, Tony, che qui vicino c’è una rossa da paura”. E figurati se non è andato subito a vederla. L’ha raccontato per anni. Ma mia madre non gli ha reso le cose facili perché era molto particolare, non gli diede subito soddisfazione come altre facevano».Quanto durò il loro fidanzamento?«Dodici anni, poi si sposarono nel 1972 e quando mia madre seppe di essere incinta, nel ’73, lo lasciò. Quando sono nata erano già separati».Dopo la tua nascita come andarono le cose?«Vivevamo in tre case diverse: mia madre in una, mio padre in un’altra, io in un’altra ancora con la babysitter. Poi, a 2-3 anni, sono andata con mia madre ma lei ha continuato sempre a volare, non c’era…». 1966, Cuore matto, exploit clamoroso, dopo Riderà. Suopadre la considerava una «canzoncina», ma Modugno… «Mio padre stava facendo le prove per Sanremo. Poi si sedette in platea e Domenico Modugno gli bussò sulla spalla e gli disse: “Questa canzone venderà milioni di copie”». Da qui un noto musicarello. Ma Little partecipò a numerosi film, fra i quali Piovono pietre e L’odore della notte. «Quindici film in tutto. Ne L’odore nella notte ebbi una particina». Oggi è sposata?«Sono sposata da due anni ma sono insieme a mio marito da 15».È stato scritto che è un medico.«No, non è medico, è un militare». È religiosa?«Certo che lo sono, non mi sarei sposata in chiesa. Anche mio marito è credente. Non mi ero mai sposata prima nonostante avessi avuto altri figli». Anche il papà si sposò in chiesa?«No, si era sposato al Comune di San Marino».La vostra famiglia ha origini sammarinesi.«Ci tramandiamo la cittadinanza sammarinese per discendenza. I nostri avi, ma proprio avi, erano sammarinesi e la discendenza si tramanda».E quindi anche lei, per diritto…«Sono cittadina di San Marino». Ha 5 figli: Mirco, Martina, Melissa, Melania, Mattia. Ne ricordiamo l’età?«Mirco ha 26 anni, Martina 25, Melissa 18, Melania 11, Mattia 7».Di questi quanti ne ha avuti dal suo attuale marito?«Gli ultimi due, Melania e Mattia».Come riesce a conciliare il fatto di lavorare e cantare con lo stare vicino ai figli?«Le mie giornate sono molto lunghe e articolate. Cerco di stare vicino il più possibile ai bambini perché io sono cresciuta con le tate e non voglio che ci crescano anche loro. Li voglio seguire io. Il mio lavoro, per fortuna, non è quotidiano. A Toronto, alla fine, siamo stati tre giorni, in Australia venti, ma mi sono venuti in soccorso i nonni. Sono eccezioni. Sennò ci sono i miei tre figli più grandi che mi aiutano con i due più piccoli…».I suoi figli vivono tutti con lei?«Sono due mesi che il primo, Mirco, è andato a convivere con la ragazza, gli altri sono con me».Dopo la separazione, suo padre non si risposò più?«Assolutamente no».Unico matrimonio della sua vita insomma…«Google, purtroppo, dice che si risposò, ma lui aveva fatto solo un servizio fotografico dove diceva “mi sposerò”. Non l’ha mai fatto… Magari riuscissimo a far cambiare questa cosa».Magari. Adesso c’è la sua dichiarazione scritta. Le sue elaborazioni psicologiche e lo spettacolo della Little Tony Family l’hanno aiutata a superare il trauma? «Non ho sofferto tanto per il fatto che i miei genitori erano separati perché, quando sono nata, era già così. Vivendoli separatamente, mi sono accorta che erano due persone caratterialmente opposte, anche nel modo di vivere. L’unica cosa che mi ha procurato tanta sofferenza è stata la solitudine. Per questo avrei chiesto volentieri un fratello o una sorella. Con il mio papà eravamo molto simili, ma litigavamo spesso. Però quando ci trovavamo a cantare insieme le divergenze si annullavano, sul palco ci tenevamo per mano… E così oggi è importante “ritrovarlo” sul palco, nel nostro posto magico, è terapeutico». Lo rimproverava delle sue assenze?«Un bambino non chiede di essere messo al mondo. Se due persone decidono di mettere al mondo un figlio devono garantire una cosa non solo economica, ma almeno la presenza. I miei partivano per mesi. Questo è stato alla base delle incomprensioni con mio padre e mia madre, avevo bisogno di loro affettivamente. Di me, alle tate, non gliene poteva frega’ de meno».Quanti anni aveva quando la mamma è mancata?«Diciassette».Come ricordi il rapporto, pur discontinuo, con lei?«Era intelligente, precisa, pignola. Voleva educarmi in un certo modo e io, per la mia ribellione che ha sempre fatto parte di me, dicevo “non faccio questo perché me lo imponi”. Pur vedendola così poco era il mio punto di riferimento. Ci scrivevamo delle lettere, non c’era WhatsApp, gliele davo quando tornava, mi rispondeva sempre per lettera, facevamo un pianto totale, c’era un amore viscerale. Io la volevo con me. Abitavo al secondo piano di una palazzina, ricordo in particolare un momento, quando arrivava il pulmino a prendere mamma che era già in divisa, e io non volevo che andasse via, così scendevo di corsa le scale e dalla strada, in lacrime, urlavo “non partire!”».Possiamo dire, Cristiana, che nel crescere i suoi figli ha capovolto questa esperienza problematica? «Assolutamente. Ho preso ad esempio quello che avevano fatto con me e ho fatto il contrario».Avesse modo di incontrare oggi il suo papà, cosa gli direbbe?«Gli direi solo che mi manca - certo non rivangherei niente del passato - che gli voglio bene, che avrei voluto conoscesse anche gli ultimi due nipoti, perché ha conosciuto solo i primi tre per cui stravedeva». E alla mamma?«Che se n’è andata troppo, ma proprio troppo presto. Non l’ho avuta vicina in nessuna fase della mia vita, quando mi sono fidanzata per la prima volta, quando ho avuto tutti i problemi - ho sofferto d’anoressia - tutti legati a quel trauma che alla fine non ho mai superato, tutte le volte che sono rimasta incinta non c’era. Gli direi solo: rifacciamo la vita tutta da capo, insieme». Sogna suo padre?«Poche volte e purtroppo non me lo sono mai sognato bene. Questo mi dispiace tanto, ma è così. L’ho sognato sempre quando ero agitata. Era malato oppure usciva da un ricovero. Viveva in una casa in affitto, dopo aver venduto il suo casale sull’Appia Antica. Nei sogni ho questo problema, usciva dall’ospedale, dovevo portarlo a casa e la casa non c’era più».
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.