Il Pd chiede le dimissioni del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in quanto la manovra proposta sarebbe troppo prona ai dettami dell’Europa e, quindi, non rispondente alle esigenze economiche e sociali del Paese. Ma, ci chiediamo, questo Pd è lo stesso degli anni scorsi che ha sempre invocato, anche sollecitato dal suo indimenticabile (per nullità) commissario europeo Paolo Gentiloni, di attenersi rigorosamente alle regole europee in quanto garanzia della tenuta finanziaria dell’Ue stessa?
È lo stesso Pd, che si è sempre dichiarato europeista e anzi baluardo dell’europeismo contro le destre, che, una volta al potere, avrebbero sfasciato l’economia di questo Paese, portando lo spread a livelli insostenibili e rischiando così sanzioni europee pesantissime e insopportabili per le nostre finanze? È lo stesso Pd che, nei vari componenti multicolore e durante la grigia stagione dei governi tecnici, ha sempre approvato manovre (a partire da quella di Mario Monti) che hanno depresso l’economia del Paese?Spesso i politici dell’opposizione sembrano più degli opinionisti che dei rappresentanti del popolo. Espongono infatti tesi contro chi governa contraddicendo totalmente, o anche parzialmente, quello che hanno fatto quando governavano loro. Quest’ultimo caso è particolarmente eclatante, perché si tratta di una linea, quella di non mettere mai in discussione la politica economica, finanziaria e monetaria dell’Europa, che è stata sostenuta non solo come giusta, ma come opposta a quella del centrodestra. Ora che, per ragioni di tenuta finanziaria del Paese, e per evitare attacchi speculativi, il ministro Giorgetti scrive una manovra che rispetta tali parametri e che scongiura la salita dello spread, ebbene, ora tutto ciò non va bene.
Non è intento di questo articolo entrare nel merito della manovra. Questo giornale l’ha già fatto e continuerà a farlo. Intento di questo articolo è solo mostrare quanto ridicola, incoerente, sfacciata e al limite della vergogna, sia la tesi portata avanti dall’opposizione per chiedere le dimissioni di Giorgetti. Ma con quale faccia si può chiedere a qualcuno di dimettersi nel momento in cui fa ciò che si è sempre sostenuto che si debba fare, e cioè puntare un occhio verso il pesce, l’economia del nostro Paese e le relative manovre finanziarie, e puntare l’altro verso il gatto, cioè le stravaganze europee che, se seguite alla lettera come nel caso del green, fanno sparire non solo il pesce ma l’intera specie ittica.
È il Pd che dovrebbe dimettersi, mica Giorgetti. Il partito che ha sempre invocato il rispetto dei conti pubblici e paventato lo spettro dello spread chiede le dimissioni del ministro che ha riportato lo spread ai minimi dal 2009 e il deficit/Pil al 3%. Guardassero quello che succede in Francia, esercizio provvisorio, Germania, economia a picco, Spagna dove dilagano gli scandali, e Regno Unito anch’esso in gravissime difficoltà economiche. La Germania che ha da sempre dettato la linea dell’austerity, violando poi tutte le regole sul debito pubblico nonché sugli interscambi commerciali, ora si trova a dover proporre investimenti monstre, di decine e decine di miliardi, totalmente al di fuori delle regole europee, e destinati in gran parte a ridare il fiato alla produzione industriale tedesca, da sempre basata su quella automobilistica, attraverso una vera e propria economia di guerra. Ma alla Germania tutto è concesso, anche perché essa ha la golden share del pensiero, diciamo così, e delle azioni della presidente della Commissione Ue, la tristemente nota Von der Leyen che, insieme alla Lagarde, ha fatto più danni di quelli che anche nella peggiore delle ipotesi qualcuno poteva immaginarsi. Ma questo è un altro discorso che riguarda il rispetto delle regole europee che per alcuni è rigido, per altri meno rigido, per altri è elastico, per altri ancora, tra i quali l’Italia, rigidissimo. E meno male che il governo è riuscito a rivedere il Patto di stabilità inserendo in esso ampie dosi di ragionevolezza, altrimenti sarebbero stati guai ancora maggiori. Ma tutto questo, onestamente, al Pd, non dice proprio nulla? Come si fa a superare tenacemente, ampiamente e con perseveranza il limite del ridicolo con così tanta nonchalance? Guardate che bisogna essere particolarmente bravi, non è da tutti. Si deve tornare indietro con la memoria ai giocolieri dei grandi circhi che ormai non esistono più e aspettare quello annuale che si svolge a Montecarlo.
Personalmente capirei una discussione sul modello economico sottostante alla manovra del governo. Capirei un dibattito di politica economica e finanziaria basato su modelli alternativi, su scuole economiche diverse, su politiche che si differenziano per diversi modi di concepire il rapporto tra Stato e mercato. Concepirei la legittimità di un dibattito di questo tipo, così come il dibattito tra liberisti e keynesiani hanno animato il secolo XX. Mi rendo conto, mentre lo scrivo, che sto volando a un’altitudine alla quale, probabilmente, chi dibatte di questi temi oggi rischia di avere le vertigini. Oggi al posto dei dibattiti di politica economica ci sono i dibattiti dettati dalla concezione economica dell’Ue che ha la consistenza della gelatina. Discutibile che fosse quando Draghi ha presentato un piano per la riforma dell’Europa, lo hanno messo da parte perché cominciando a leggerlo si sono resi conto che non ci stavano capendo niente. Non sono abituati a Bruxelles ad andare oltre il seminato delle loro quattro regolette in croce alle quali si attengono e obbligano gli altri ad attenersi senza l’uso del neurone, ma solo della favella che assume la forma di provvedimenti, dichiarazioni, richiami, sanzioni, direttive. Di fronte al ragionamento economico basato su riflessioni profonde e anche accurate posizioni ideali il loro encefalogramma diventa immediatamente piatto.
Che ci volete fare? In tutto questo, il Pd, che cerca di recuperare consensi carica contro Giorgetti dicendo di non fare quello che fino a ieri loro hanno fatto e anche difeso e predicato come l’unica strada possibile. La coerenza ormai appartiene a un altro mondo che non c’è dato di conoscere, almeno in questo dibattito politico.



