2025-09-09
Addio a Stefano Benni, poeta disilluso che ci lascia i suoi universi stralunati
L’autore di «Bar Sport», poliedrico e ironico come i suoi personaggi, è morto a 78 anni.«Impara ad amare ciò che desideri ma anche ciò che gli assomiglia. Sii esigente e sii paziente. È Natale ogni mattino che vivi. Scarta con cura il pacco dei giorni. Ringrazia, ricambia, sorridi».Parole di un vecchio saggio? Del filone epigrafico alla Osho? No. Di Stefano Benni, che incarnò con Michele Serra, Gino e Michele e altri una satira di parte ma non priva di freschezza giovanile, non giovanilista. Riuscendo a serbare nell’epoca del riflusso, della Milano da bere e dell’edonismo reaganiano la voglia di cambiamento, sincera e non sempre ideologica, maturata per le strade, sulle piazze e nelle università che fecero titolare a Mario Capanna il suo libro di memorie Formidabili quegli anni. Quella generazione, però, non si accorgeva di venire manipolata da quelli che oggi si chiamano poteri forti. L’Italia della grande migrazione che spopolò le campagne, delle varie emancipazioni doveva essere scristianizzata, resa omologa all’Occidente del pieno sviluppo che covava i germi della sua attuale crisi.Nella rubrica settimanale su Panorama di allora, Benni non si fermava a certi limiti di buonsenso. Tipo quando paragonò agli americani sugli elicotteri della «guerra psicologica» di Apocalypse Now la lotta trionfale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’eroe che sconfisse le Brigate Rosse e poi fu barbaramente ucciso nel 1982.A differenza dei suoi compagni di cordata, comunque, Benni evolvette la sua visione ben definita in un flusso narrativo che annovera, fra gli altri, capolavori come Terra!, Comici spaventati guerrieri, e Margherita Dolcevita.Eccelleva in una vena anticipatrice del multimediale. Divenne l’autore di Beppe Grillo. È a Benni che si devono le battute fulminanti del comico genovese, prodromi del suo impegno diretto in politica, da venire molto tempo dopo. Si cimentò con il grande schermo, dirigendo insieme a Umberto Angelucci Musica per vecchi animali, nel 1989, e scrivendo le sceneggiature di Topo Galileo, di Francesco Laudadio (1987), interpretato da Grillo e musicato da Fabrizio De André e Mauro Pagani, e di Bar Sport, (2011), regia di Massimo Martelli. Nella bibliografia di Benni non potevano mancare i fumetti, con le collaborazioni a Cuore, Tango, Il Mago e Linus. Soprattutto con l’affetto che lo legava ad Andrea Pazienza: «Era un rapporto ottimo, era un amico, un grande disegnatore e narratore, ed era appena all’inizio del suo percorso. Non si accontentava mai, cercava sempre di andare al di là di ciò che gli aveva dato successo, di cambiare, di sorprendere. Non tutti gli autori di fumetti hanno lo stesso coraggio. Avevamo delle idee in testa, volevamo fare insieme una trasposizione di Terra, per esempio, anche se era difficile seguire Andrea».Con Stefano Benni un altro tassello dell’intellighenzia italiana postmoderna lascia il vuoto, presto riempito da sedicenti epigoni che non hanno neppure l’alibi della foga rivoluzionaria, perché semmai loro inneggiano allo status quo del presente. Sul quale aveva scritto: «Se i tempi non richiedono la parte migliore di te, inventa altri tempi».Dopo i fasti di fine anni ’70 e inizio anni ’80, lui riuscì a trasporre il proprio carico irriverente in universi immaginari, nei quali i buoni e i cattivi non soggiacevano più al manicheismo postsessantottino. Valeva per lui una legge enunciata dal grande Stanislaw Lem: nei territori del fantastico anche la natura è morale. Ecco perciò pararglisi la possibilità di travasare nei suoi romanzi e racconti tematiche d’obbligo del suo schieramento politico, quale l’ecologismo non di rado irrazionale, in tappe del rapporto fra l’umanità e le cose.E c’è un aspetto di lui che non affiora nelle commemorazioni di prassi. Benni era di Bologna, dove nelle notti del passato non imperversava la movida. Le vie deserte venivano attraversate dai biazzanott, i masticanotte, che si attardavano fino all’alba, magari facendo sosta per un bicchiere in qualche bar a rievocare amori, aneddoti e storie trasecolate. Che Benni fosse l’ultimo di loro?
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.