2025-07-22
Sala dimezzato si incolla alla sedia
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Ansa)
Di fronte al montante scandalo edilizio, il Pd, terrorizzato dal voto anticipato, prende in ostaggio il primo cittadino. Che per rimanere al suo posto deve sottomettersi a una serie di diktat, a cominciare dal progetto su San Siro. Tancredi spara sui dem: «Io scaricato». È un sindaco dimezzato quello che ieri ha deciso di incollarsi alla sedia per evitare che a Milano arrivi il commissario di governo. Beppe Sala è ostaggio della sua stessa maggioranza, che non vuole andare a votare con il rischio di perdere il Comune. Ma è prigioniero anche dei suoi stessi progetti, quelli che ha inseguito per anni, intrecciando rapporti con costruttori e progettisti, e che adesso, se li lasciasse nel limbo dimettendosi, diverrebbero un monumento al suo fallimento.Il caso più clamoroso si chiama San Siro. Il rifacimento dello stadio milanese è una questione di cui si parla da anni e da anni la sinistra è spaccata sul futuro del Meazza. Da una parte c’è la corrente immobiliarista che puntava ad abbattere tutto per costruire un impianto sportivo ex novo, ma allargando l’area e soprattutto la parte residenziale, vero grosso boccone da offrire alle imprese specializzate nel business degli immobili di lusso. Dall’altra c’è la corrente ambientalista, che teme non soltanto una speculazione selvaggia, ma anche anni di lavoro, che paralizzerebbero e inquinerebbero l’intera zona. Uno scontro tutto interno alla sinistra, con ricorsi e controricorsi, ma soprattutto con numerose segnalazioni, alla soprintendenza (lo stadio ha settant’anni e rientrerebbe tra le opere da tutelare) e alla Procura. Il risultato è che di mese in mese la decisione sull’impianto sportivo slitta, al punto che Inter e Milan hanno minacciato di fare da soli, fuori dal perimetro della città. Infatti, si era parlato di San Donato Milanese, ma anche di Sesto San Giovanni o Rozzano. Uno stadio nell’hinterland avrebbe messo nei guai l’amministrazione del capoluogo, che non solo si sarebbe vista sottrarre gli oneri di urbanizzazione, ma avrebbe perso anche il consistente affitto pagato dalle due società calcistiche di serie A per l’uso dell’impianto, lasciando il Comune con il problema della ristrutturazione del Meazza. Nelle ultime settimane Sala aveva spinto molto per assecondare i piani immobiliari di Inter e soprattutto Milan e aveva in animo di concludere l’accordo con nerazzurri e rossoneri prima delle vacanze. La fretta del sindaco era imposta non soltanto dall’urgenza delle due società calcistiche di chiudere la partita, senza ripensamenti. Ma anche dal fatto che a novembre scatterebbe la data ufficiale di costruzione dello stadio, il cui collaudo fu fatto settant’anni fa, e dunque la soprintendenza potrebbe bloccare tutto.Tuttavia, l’accordo raggiunto tra Pd e Sala prevede che almeno fino a settembre dello stadio non si parli. Troppa pressione della base, che il Partito democratico non riuscirebbe a contenere. Dunque, la segreteria accetta di sostenere il sindaco e di dichiararsi solidale con lui, ma in cambio ha preteso che almeno fino alla conclusione dell’estate la questione dell’impianto sportivo con tanto di supermercati e appartamenti sparisca dall’agenda politica. La colata di cemento, come detto, è avversata dalla sinistra rossoverde, che accusa Sala di ennesimo regalo agli immobiliaristi e di consumo di territorio. In effetti, l’inchiesta della Procura non ha dato una mano ai progetti del primo cittadino, parlando di accordo corruttivo e di aree comunali cedute ai privati senza tener conto dell’interesse pubblico. Dunque, di sbloccare San Siro mentre avanza l’indagine dei pm, neanche a parlarne: meglio rinviare tutto a settembre, sperando che dopo l’estate gli animi si siano calmati. In fondo, successe anche con l’Expo. Le inchieste della Procura rischiavano di fermare le opere, ma alla fine, su sollecitazione di Giorgio Napolitano (all’epoca presidente della Repubblica), i magistrati chiusero un occhio. O forse tutti e due, se si dà retta all’ex aggiunto Alfredo Robledo, che prima fu trasferito a Torino e poi, in polemica con i vertici della Procura, lasciò la toga. Non so come finirà questa volta, se i reati contestati verranno considerati come in passato peccati lievi. Però penso che difficilmente sia lo stadio che la ristrutturazione del cosiddetto Pirellino (accanto al quale doveva sorgere l’orto botanico e il ponte serra, progetti ormai abortiti) potranno proseguire, per lo meno nei tempi previsti. Sala resterà al suo posto, incollato alla poltrona, perché il Pd non vuole rischiare una campagna elettorale inseguito dalle accuse di aver saccheggiato Milano. Ma anche se il sindaco rimane è ormai chiaro a tutti che si tratta di un’anatra zoppa.