2019-08-24
Rosmarino, l’antirughe della regina Isabella
La sovrana d'Ungheria, grazie alla lozione a base della profumata erba, si ritrovò a 72 anni la pelle di una ventenne. L'elisir andò a ruba: Luigi XIV lo volle per curare la gotta. Egizi, Greci e Romani lo usavano nei riti funebri: era il simbolo dell'eternità.Belle signore, se, guardandovi allo specchio scoprite terrorizzate una ruga sul viso o una linea espressiva più marcata del solito, non lasciatevi tentare dalla chirurgia estetica. Fate quello che ha fatto la regina Isabella d'Ungheria: cospargete il volto e, dato che ci siete, collo, braccia e décolleté, con un distillato di rosmarino e alcol. La pozione, assicura la storia, fa miracoli. Seconda metà del Trecento: la settantaduenne regina Isabella, tormentata da dolori reumatici terribili, s'affida alle cure di un alchimista che confeziona una lozione a base di rosmarino, raccomandandole di usarlo sul corpo, senza risparmio, tutti i giorni. La regina obbedisce, accompagnando la pratica, da fervente religiosa qual è, con altrettante copiose preghiere. Furono queste o fu il rosmarino, fatto sta che Isabella non solo guarì dai reumatismi, ma si ritrovò con la pelle di una ventenne, senza macchie e senza rughe. L'acqua della regina Isabella, così venne chiamato il taumaturgico profumo, la ringiovanì a tal punto che il granduca di Lituania si fece avanti a pretendere la sua mano. Per secoli la «medicina» dell'alchimista andò a ruba: le nobildonne sugli «anta» e chi soffriva di dolori reumatici ne fecero uso. Re Sole, Luigi XIV, la volle per curare la gotta.Sulle capacità del rosmarino di «sbianchettare» le rughe, non mettiamo la mano sul fuoco, ma sulle sue virtù medicinali la rischiamo, sia per i confortanti pareri dei medici illustri del passato- Ippocrate e Dioscoride che ne scrisse nel libro De ars medica- sia, soprattutto, per le conferme della medicina moderna: il Rosmarinus officinalis, chiamato scientificamente così perché usato a scopi terapeutici, tonifica la memoria, combatte dolori muscolari e affezioni delle vie respiratorie (un tempo venivano bruciati rametti sulle stufe per far respirare meglio gli ammalati), favorisce la circolazione del sangue, è diuretico, antisettico e digestivo.E qui veniamo alle proprietà gastronomiche del rosmarino sulle quali, le mani sul fuoco, le mettiamo entrambe. Per il suo odore intenso e la piacevolezza del gusto si usa in moltissime preparazioni, dagli antipasti al gelato. Rilascia aromaticità e freschezza a carni e pesci, soprattutto cucinati al forno o arrosto in casseruola. Viene usato per insaporire pane, grissini e focacce all'olio. Profuma risotti, paste e fagioli, trippe. È fondamentale negli spaghetti al grillo, nelle patate arrosto o al forno, sulla pizza rosmarino e pomodorini o su quella rosmarino e olive taggiasche. Con rosmarino triturato fine si insapora il sale e con un suo ramoscello l'olio extravergine d'oliva. Carni e pesci alla griglia, spennellati con una frasca di rosmarino fresco intinta in olio buono, acquisteranno il giusto tocco di squisitezza. Vade retro salsa da barbecue, vadite retro intingoli esterofili.Fu Galeno, medico romano del secondo secolo dopo Cristo, a sdoganare il rosmarino in cucina, consigliando di associarlo ai cibi per il suo potere digestivo. Fu bello scoprire che oltre alle virtù salutari aveva anche pregi gastronomici. Fino ad allora il rosmarino era stato usato come erba medicinale, per pratiche esorcistiche o per rituali funebri. Gli Egizi lo consideravano, per la proprietà di rimanere a lungo fresco anche se reciso, simbolo di immortalità, una sorta di biglietto d'ingresso all'eternità. Per questo metteva rametti della pianticella accanto ai defunti. Anche i Greci lo usavano nei funerali e i Romani piantavano rosmarino sulla tomba dei cari estinti. Orazio consigliava: «Se vuoi guadagnarti il favore dei defunti, porta loro corone di rosmarino e di mirto». I discendenti di Romolo lo bruciavano nei sacrifici agli dei. Considerato un potente rimedio contro malattie e spiriti maligni, lo mettevano sulle culle dei neonati. Simbolo d'amore lo intrecciavano come corona sulle teste degli sposi. Furono i Romani a chiamare con un nome poetico la pianta che cresce spontanea lungo le coste e che, del mare, riflette il colore nei suoi fiori: ros maris, rugiada del mare.Simbolo d'amore, di fedeltà e di morte, il rosmarino è il tragico testimone degli sfortunati amori di Giulietta e Ofelia. Nel poemetto in dialetto veronese Giulieta e Romeo, Berto Barbarani fa sognare Giulietta, immersa nel sonno della morte apparente che avrebbe dovuto favorire la sua fuga con Romeo, di avere accanto il suo innamorato e di offrirgli un rametto di rosmarino: «Tolì, tolì (prendete, prendete) per vostra garansìa,/ tolì sta rama del me rosmarin». È il pegno d'amore che Ofelia, nell'Amleto di Shakespeare, immersa nella follia, vorrebbe dare e ricevere: «Ecco del rosmarino, che è per il ricordo, ti prego, amore, ricorda».Il punto di congiunzione tra amore, morte, ricordo e rosmarino va, probabilmente, rintracciato nel mito di Leucothoe raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi: Apollo, dio del sole, preso da passione forsennata per la bella Leucothoe, la seduce con un inganno. Venutolo a sapere, il padre di lei, invece di prendersela con il dio, fa seppellire viva la figlia. Consumata la tragedia, interviene Apollo che irradia l'avello dell'infelice fanciulla con i raggi del sole: sulla tomba nasce un profumatissimo arbusto dai fiorellini azzurri: il rosmarino.La metafora shakespeariana del rosmarino che potenzia il ricordo nasce nella medicina popolare antica e medioevale: il profumo persistente della pianta ha la capacità di riportare alla memoria fatti del passato dimenticati. Soprattutto ricordi ed incanti d'amore. Superstizioni? Fantasie di Shakespeare? A quanto pare, no. Una recente ricerca della Northumbria University su 150 persone di oltre 65 anni ha dimostrato che gli anziani che erano stati sistemati in stanze irrorate da vapori di rosmarino ne erano usciti più lucidi e con la memoria più vivida.Il rosmarino ispira poeti e cantanti. Pare che la famosa siepe dell'Infinito di Giacomo Leopardi, a Recanati, fosse fatta anche con cespugli di rosmarino. Lo ha detto l'architetto paesaggista Paolo Pejrone, chiamato a restaurarla nell'Orto delle Monache, dove il poeta amava passeggiare: «Al colle dell'Infinito va restituite la sua autenticità un po' anarchica, fatta di piante antiche e povere, come i cespugli di rosmarino e i gigli selvatici». Il Leopardi buongustaio amava il profumo del rosmarino anche a tavola: il cuoco napoletano Pasquale Ignarra gli preparava piatti intriganti con gli odori del rosmarino e del timo. Una qualità gastronomica che la giornalista Licia Granello riconosce alla pianticella: «Il rosmarino è un'erba capace di cambiare i connotati ai piatti che incontra. Un'erba tosta, meglio, un arbusto, che si porta addosso il dna del Mediterraneo. Chiudi gli occhi, annusi e ti ritrovi il sapore dell'estate al mare.Da Leopardi a Federico Garcia Lorca. Bellissimi i versi del poeta spagnolo: «Api d'oro/ cercavano il miele./ Dove starà il miele?/ È nell'azzurro/ di un fiorellino,/ sopra un bocciolo/ di rosmarino». Altrettanto suggestivi, nel Canto del servo pastore, i versi di Fabrizio De André: «Dove fiorisce il rosmarino c'è una fontana scura/ dove cammina il mio destino c'è un filo di paura». Meno poetico Zucchero in Menta e rosmarino ingredienti usati come metafora per dire quanto lui e l'ex moglie erano diversi e il loro amore destinato a fallire: «C'incontreremo stasera/ menta e rosmarino/ che ho preso a calci le notti/ per starti piu vicino». Per niente poetica, ma piacque molto ai bambini la canzoncina nonsense che vinse lo Zecchino d'oro 1971: «La Peppina fa il caffè/ fa il caffè col rosmarino/ mette qualche formaggino/ una zampa di tacchino/ una piuma di pulcino/ cinque sacchi di farina/ e poi dice: “Che caffé!"».Concludiamo affidando alle fanciulle che la vogliamo sperimentare questa antica credenza popolare: se alla vigilia (il 20 gennaio) di Sant'Agnese intrecciano un rametto di rosmarino con uno di timo vedranno in sogno il loro amore e futuro sposo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)