2025-02-05
Nuova era per la sanità americana: Kennedy a un passo dalla nomina
Robert F.Kennedy Jr (Getty Images)
Le commissioni del Senato hanno dato il via libera anche a Tulsi Gabbard come capo dell’intelligence. Per l’investitura definitiva manca solo il voto dell’aula, dove la maggioranza repubblicana è quasi blindata.A colpi di democrazia: è così che viene giù, pezzo dopo pezzo, l’opposizione dem negli Stati Uniti, trafitta ieri dall’ennesima mazzata: il voto favorevole della commissione finanze alla nomina di Robert F. Kennedy come nuovo segretario dell’Hhs (Health & human services) ossia ministro della Salute americano, che ora passerà al Senato per l’approvazione finale. Un grande successo per i repubblicani nonostante i ripetuti intralci posti in queste settimane dal partito democratico per ostacolare la conferma delle nomine del presidente Donald Trump: non soltanto Kennedy, che ha ottenuto il voto decisivo del senatore repubblicano Bill Cassidy, ma anche Tulsi Gabbard, indicata direttore dell’intelligence nazionale, che il sostegno dei due repubblicani Todd Young e Susan Collins, inizialmente contrari alla sua conferma, blindato la propria nomina, avvenuta nel pomeriggio.Kennedy, nipote dello storico presidente Jfk, è passato la scorsa settimana attraverso due estenuanti audizioni, una in commissione finanze e una in commissione salute. A nulla è valso parlare della sua agenda Maha («Make America Healthy Again»), della sua volontà di ricercare la relazione tra malattie croniche e additivi alimentari per portare gli standard al pari delle nazioni europee e di voler ristrutturare i programmi di assistenza sanitaria gestiti dal governo: Rfk è stato incalzato, con un’attitudine verbalmente violenta che neanche in un’aula di giustizia americana sarebbe potuta durare più di dieci secondi, dai suoi oppositori dem, che da lui volevano ottenere soltanto una cosa: l’inchino al dio vaccino. «Non sono un no vax», ha ripetuto più volte il segretario Hhs nominato da Trump, faticando a spiegare che il suo intento è di rivisitare gli standard di sicurezza dei farmaci per portarli a un livello più elevato. Le audizioni si sono concluse giovedì scorso con l’ultimatum del repubblicano Cassidy, medico che aveva sollevato riserve sulla posizione di Kennedy sui vaccini: «Per favore, dichiara con fermezza che non vedi correlazioni tra vaccini e autismo» lo ha supplicato il senatore, «altrimenti avrò problemi con la tua nomina». «Farò retromarcia soltanto di fronte a inequivocabili prove scientifiche», ha tenuto il punto Kennedy. Il fine settimana ha portato consiglio e Cassidy lunedì mattina ha posto fine a tutte le speculazioni: «Ho avuto conversazioni molto intense con Bobby (Kennedy, ndr) e la Casa Bianca durante il weekend e anche stamattina» ha scritto su X «voglio ringraziare soprattutto il vicepresidente JD Vance per i suoi onesti consigli. Con i seri impegni che ho ricevuto dall’amministrazione e l’opportunità di fare progressi su questioni su cui concordiamo, come cibi sani e un programma pro-americano, voterò sì». Il voto si è concluso con 14 sì e 13 no. Al Senato, dove ci sarà la conferma finale di Rfk, i repubblicani hanno 53 voti contro 47 dei democratici, che hanno promesso di alzare il tiro per impallinarlo («Non è finita qui», ha promesso minaccioso il senatore dem Ron Wyden); ma anche se in teoria tre senatori repubblicani potrebbero votare a sfavore, con il voto del vicepresidente Vance, Kennedy dovrebbe avere sempre due voti in più a favore e la sua nomina probabilmente passerà anche al vaglio definitivo del Senato.Resta però agli atti il linciaggio pubblico inscenato dai democratici contro di lui, sacrificato come in un rito tribale nel disperato tentativo di non essere investiti dal ciclone Trump. Kennedy, che viene da una storica famiglia democratica americana che ha governato l’America nel secolo scorso, è stato attaccato pesantemente dai suoi ex sodali («un tempo eravate tutti miei amici», si è lamentato durante l’audizione). Ha ascoltato dichiarazioni straordinariamente crudeli e offensive, come quelle di Wyden, o spudorate, come quelle della senatrice dem Elizabeth Warren che ha preteso (invano), in nome di un presunto «conflitto d’interessi», che Kennedy s’impegni a rinunciare alle cause contro Big Pharma nei quattro anni successivi alla fine del suo mandato, avendo però percepito lei stessa - «come gran parte di voi qui dentro», l’ha rimbeccata Kennedy - finanziamenti per oltre 5 milioni di dollari dall’industria sanitaria Usa. Tutto il mondo è Paese insomma. Meno ideologica è stata l’audizione di Tulsi Gabbard, l’ex deputata delle Hawaii indicata da Trump per coordinare le 18 agenzie di intelligence nazionale. Gabbard, corpo estraneo quanto Kennedy rispetto all’universo repubblicano, si era fatta notare per la sua vicinanza all’indipendente di sinistra Bernie Sanders. Ieri anche il senatore repubblicano Todd Young, inizialmente ostile alla sua nomina, ha annunciato il suo voto a favore. Gabbard è stata audita dalla commissione Intel del Senato giovedì scorso, rispondendo a una serie di domande sul suo sostegno a Edward Snowden, l’informatore che aveva fatto trapelare informazioni classificate su un programma di sorveglianza della National Security Agency, ma si è rifiutata di dire che Snowden fosse un «traditore», limitandosi a definirlo come uno che ha «infranto la legge». In una lettera pubblica, ha dichiarato che avrebbe ritenuto i dipendenti della comunità di intelligence responsabili personalmente in caso effettuino o facilitino la divulgazione non autorizzata di qualsiasi programma di intelligence. «Mi impegno a non fare alcuna raccomandazione a titolo personale o professionale per quanto riguarda la posizione legale di Edward Snowden al Presidente degli Stati Uniti o al Procuratore Generale degli Stati Uniti», ha confermato Gabbard - eterodossa anche sulla Russia e su Putin - promettendo inoltre di fornire informazioni sui suoi viaggi all’estero e visite con funzionari stranieri, dopo che diversi senatori avevano espresso preoccupazione per il suo precedente incontro con Bashar al-Assad quando era presidente della Siria. Ma forse, è proprio per quest’insieme di posizioni non ortodosse che Trump l’ha scelta alla guida dell’intelligence nazionale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)