2021-04-30
Il «cambio di paradigma» è rinviato. Assegno unico per i figli da gennaio
Elena Bonetti (Ansa-iStock)
A causa del Recovery le cosiddette riforme vanno approvate in fretta. Possono slittare solo i provvedimenti a tutela della famiglia. Un anno di ritardo per una sbandieratissima misura di cui non si conosce l'ammontare.Tutto è urgente, urgentissimo. Il Recovery va approvato in fretta e furia, senza nemmeno il tempo di leggerlo, se no i denari europei non arrivano. Le grandi e meravigliose riforme che ci renderanno una nazione moralmente più adeguata certo non possono attendere. La transizione ecologica, la digitalizzazione: da farsi non domani, bensì ieri. Persino la mordacchia arcobaleno - il ddl Zan, per intendersi - non può aspettare, deve essere fatto immediatamente, senza perdere un giorno di più. Anzi, i 4 milioni di euro destinati a pagare le più o meno fantomatiche strutture deputate ad accogliere le «vittime di omofobia» sono già stati stanziati mesi fa, giusto per essere certi di avere il tesoretto.E la parità di genere? Figurarsi se non è vitale. «Le disuguaglianze di genere hanno radici profonde», sostiene il governo. Dunque vanno colmate con apposita strategia e opportune regoline politicamente corrette che complicheranno la vita alle aziende aggiungendo burocrazia. Ma, appunto c'è da correre, non da riflettere e, eventualmente, modificare in meglio. Su che cosa si può temporeggiare, allora? Dai, se ci pensate è ovvio: la famiglia!Sì, la famiglia: quella può sempre pazientare, stringere i denti, essere rimandata a data da destinarsi. In fondo, difendere la famiglia (difenderla davvero, non con banalità retoriche) mica permette di farsi belli in televisione, o di ottenere applausetti sui social network... Lo sappiamo: è roba da medievali e retrogradi, da bigottoni, persino da stupidi. Come diceva Monica Cirinnà del Pd? Ah sì: «Dio, patria e famiglia, vita di merda». La senatrice democratica si esprimeva così per insultare, ma - col senno di poi - potremmo persino dire che ci avesse visto giusto. Nel senso che chi ancora si ostina a rimanere ancorato a certi valori ancestrali si condanna, suo malgrado, a una esistenza ingrata. E non si può dire che l'attuale governo contribuisca molto a migliorarla, anzi. Ieri il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ha annunciato che per l'assegno unico ci sarà da aspettare ancora parecchi mesi. Doveva partire a luglio, ma prima del 2022 non se ne parla. «L'assegno unico e universale completo partirà a regime da gennaio 2022, ma il percorso comincerà dal primo luglio», ha detto la Bonetti. «Non vogliamo che accada che le famiglie italiane abbiano dei disagi. Siccome i dipendenti oggi stanno percependo le loro detrazioni in busta paga, siccome ci sono stati degli anticipi, questi primi sei mesi devono innestarsi su un percorso di detrazione fiscale che deve continuare. Le detrazioni fiscali saranno poi completamente assorbite nell'assegno unico da gennaio». Il ragionamento è un po' involuto e fumosetto, con toni da supercazzola, ma il senso in fondo è chiaro: le famiglie vengono dopo. Ce lo aspettavamo, e lo abbiamo anche scritto con una certa evidenza su queste pagine. Tuttavia ciò non aiuta a far calare l'irritazione. Anche perché si tratta dell'ennesimo slittamento. Come noto, infatti, la partenza di questa sbandieratissima misura era stata inizialmente fissata per il primo gennaio 2021. Poi è slittata a luglio. E adesso slitta ancora. Significa che, se davvero arriverà ai primi del 2022, sarà in ritardo di un anno. Già questo basterebbe. Ma bisogna aggiungere pure che rimane enorme incertezza sull'effettivo ammontare dell'assegno. Si disse che sarebbero stati staccati assegni fino a 250 euro per ogni figlio, ma il fatto di avere svincolato la misura dalla complessiva riforma del fisco rende la promessa estremamente fragile (per usare un eufemismo). E dire che, sull'argomento, Mario Draghi era apparso piuttosto determinato: «L'assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino a oggi vigenti», aveva detto. «È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità». Ecco, ci sarebbe bisogno esattamente di questo: di un cambio di paradigma riguardo la famiglia. L'inverno demografico che attraversiamo da anni non è dovuto soltanto a ragioni economiche, ma la mancanza di denaro e di prospettive ha il suo bel peso. Oggi chi mette al mondo figli si condanna a una vita difficilissima, in bilico su un filo sottile, senza rete di sicurezza. E se dalle istituzioni non arrivano aiuti, la situazione si fa ancora più nera. E la beffa dei ripetuti rinvii è la ciliegina marcia su una torta al fiele. Ma a buona parte della maggioranza di governo sembra non importare granché: il cambio di paradigma è rinviato ancora, e lo si annuncia senza eccessiva preoccupazione, senza mezza parola di scuse, quasi con leggerezza. Prima ci sono altre faccende di cui occuparsi. Che pretese, su! Mica ci si può scapicollare per un'istituzione medievale e bigotta... Come diceva quella del Pd? Vita di m...? Appunto.
Jose Mourinho (Getty Images)