2021-04-28
L’assegno unico per i figli rischia di slittare a data da destinarsi
La misura, che dovrebbe partire a luglio, è in forse per la mancanza di decreti attuativi. Un'altra tegola dopo la notizia che i 250 euro a bambino ci sono solo sulla carta. Il governo pensa a un micro «intervento ponte».Il governo è impantanato sull'assegno unico. La misura slittata dal 1° gennaio al 1° luglio 2021 rischia di non vedere la luce nemmeno questa volta e di essere traghettata direttamente a inizio 2022. Il ritardo può essere spiegato sia dallo strumento usato per concretizzare il Family act, sia dai tempi lunghi per l'approvazione in Senato. Isabella Rauti, responsabile del dipartimento pari opportunità di Fratelli d'Italia, spiega infatti come scegliere la legge delega non abbia di certo agevolato le tempistiche, dato che per sua natura richiede tempi lunghi rispetto ad altri strumenti. A questo si aggiunge il fatto che la norma è stata approvata alla Camera il 21 luglio 2020 e solo dopo otto mesi (il 30 marzo 2021) ha avuto l'ok anche dal Senato. Già allora erano iniziati gli interrogativi sulla fattibilità temporale, anche perché tre mesi per approvare i vari decreti attuativi sono ben poca cosa. E a oggi infatti non sono ancora pronti. Questo nonostante Mario Draghi si stia spendendo personalmente per la misura, tanto che lunedì ha detto: «L'assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino a oggi vigenti. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità».Ma i problemi per l'assegno unico non finiscono qua. Ci sarebbe infatti anche l'ostacolo del quantum, cioè di quanto dare alle singole famiglie. Al momento ci sono solo proiezioni e nulla di più concreto. La Rauti ricorda che il premier Mario Draghi alla vigilia del voto in Senato aveva annunciato che alle famiglie sarebbe arrivato un contributo mensile di 250 euro. Ma i conti non tornano. Se infatti si considera solo il numero di minorenni (circa 10 milioni) si arriva a un fabbisogno complessivo di 30 miliardi, contro i 20 dello stanziamento per la misura. A questo si somma anche il fatto che all'ammontare totale sarebbero da aggiungere le maggiorazioni previste per i figli disabili, per il secondo bambino e per le mamme giovani. Il tutto condito con una disorganizzazione in campo tributario. E infatti il fatto di svincolare il «pacchetto famiglia» dalla riforma fiscale sta rendendo la situazione, anche in relazione alla definizione della somma mensile, più complessa. E questo perché con l'introduzione dell'assegno unico si andranno a eliminare tutte quelle agevolazioni fiscali al momento previste per le famiglie italiane (7-8), che fanno parte anche loro di una revisione complessiva. Non è infatti un mistero che il nostro sistema fiscale abbia bisogno di razionalizzare detrazioni e deduzioni anche in un'ottica di semplificazioni. Dunque, scollegare l'assegno unico, con tutto il suo pacchetto, dal progetto della riforma fiscale complica un quadro che per il momento non è dei più semplici. Inoltre, da diverse forze politiche sta anche arrivando l'allarme di un minore sostegno alle famiglie. Si teme infatti che l'assegno unico possa, alla fine, contribuire in maniera inferiore rispetto alla somma attuale di tutte le agevolazioni fiscali. Di questo ne avremo la prova solo quanto effettivamente la misura riuscirà a entrare in vigore. Dunque, vista la situazione di totale incertezza, come starebbe pensando di agire il governo? Secondo Avvenire l'esecutivo starebbe lavorando a un «piano B», in previsione di un mancato rispetto dei tempi (1° luglio). E dunque, si punterebbe a una soluzione ponte che permetta di salvare il cuore del provvedimento, grazie ai 3 miliardi di euro aggiuntivi stanziati nella manovra 2021. Si tratterebbe quindi di una misura intermedia per permettere l'estensione del sostegno a chi finora ne ha beneficiato solo in parte come i lavoratori autonomi e incapienti. Oltre che garantire qualcosa anche a tutte le famiglie con figli. «Le difficoltà per dare il via a una riforma epocale del welfare italiano sono chiare», dicono Stefano Lepri e Graziano Delrio, «In ogni caso il 1° luglio si inizi almeno con l'erogazione dell'assegno agli oltre 2 milioni di beneficiari che sono oggi in tutto o in parte esclusi dagli aiuti statali (i figli di autonomi, professionisti, disoccupati e incapienti, categorie fra le più colpite dalla pandemia)». Positiva e fiduciosa appare invece il ministro per le Pari opportunità, Elena Bonetti, che rispondendo alla domanda se l'assegno unico previsto partirà a luglio durante l'incontro online Risorse per la famiglia, famiglia come risorsa, promosso dal Pontificio istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia, ha detto che «rimane l'impegno del governo di far partire la riforma da luglio, i dubbi che nascono sono leciti nel senso che luglio è metà di un anno. Le risorse aggiuntive ci sono e le possiamo usare, è chiaro che con le detrazioni in corso dobbiamo evitare aggravi sulla fiscalità ma ci sarà questa erogazione che sarà aggiuntiva per le famiglie». Una misura che però, salvo colpi di reni, rischia di rappresentare una piccola sconfitta per il governo Draghi anche alla luce di quanto scritto sul Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr), dove si elogia lo strumento e la svolta che questo rappresenterà per le famiglie italiane. I presupposti possono anche essere positivi, ma la partenza potrebbe rivelarsi un passo falso.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?