2025-11-07
La sinistra si batte per dare gli appartamenti popolari agli stranieri senza lavoro
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.Occorre sapere che dalla metà del 2024 esiste in Piemonte una legge regionale sull’assegnazione degli alloggi pubblici che prevede, per i cittadini stranieri extraeuropei, un requisito fondamentale: devono avere un lavoro regolare se vogliono avere accesso alla casa popolare. Da quando questa norma è entrata in vigore, la situazione abitativa complessiva ha subito un rilevante e repentino cambiamento, certificato dal report regionale sulla condizione complessiva degli alloggi. «Nel 2024 il 34% delle assegnazioni è stato disposto a favore di cittadini extracomunitari (nel 2023 erano il 45%), il 6% a favore di comunitari (nel 2023 erano il 5%) e il 60% a favore di cittadini italiani (nel 2023 erano il 50%)», si legge nel report. «Il calo del numero di assegnazioni a favore di cittadini extracomunitari è in ragione della modifica della normativa regionale introdotta a fare tempo dal 15 marzo 2024 che consente l’assegnazione solo a favore di chi sta svolgendo una regolare attività lavorativa; tale requisito non è richiesto ai cittadini italiani e comunitari». In buona sostanza, la nuova legge ha fatto sì che il 10% in più delle case popolari fosse destinato a famiglie italiane. Intendiamoci: il quarto resta comunque sbilanciato. Leggiamo ancora nel report regionale: «Nel 2024, come riportato in precedenza, i cittadini stranieri residenti a Torino sono pari al 16% della popolazione complessiva. In media a fare tempo dal 2000 le assegnazioni a favore di cittadini stranieri (extracomunitari più comunitari) sono state pari al 28% del totale». Significa che il 16% della popolazione (gli stranieri) a oggi ottiene il 34% degli alloggi, e in precedenza ne otteneva addirittura il 45%. Queste cifre però non vanno per niente bene ai tifosi dell’immigrazione di massa: ecco dunque l’azione legale. Contro la legge piemontese si sono mobilitati, oltre ad Asgi, anche i sindacati Cgil, Sunia e Sicet, ai quali evidentemente non sta bene che le case vadano agli italiani. Perché questo è il punto: il requisito del lavoro regolare per gli stranieri serve esattamente a riequilibrare una situazione profondamente sbilanciata, e a pretendere dagli stranieri un certo livello di integrazione. Non è una norma razzista, ma di giustizia e buon senso. E infatti gli immigrazionisti la contestano. «La legge regionale che difende cittadini italiani e stranieri integrati che lavorano nei bandi della case popolari è in pieno vigore in attesa del giudizio costituzionale e ha già prodotto ottimi risultati, che sono descritti puntualmente nel rapporto annuale dello stesso Comune di Torino», dice Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi. Marrone risponde pure all’assessore comunale torinese di Avs Jacopo Rosatelli, il quale ha annunciato di voler disapplicare la legge ancora prima che la Consulta la valuti e di voler inserire nella graduatoria per gli alloggi anche i richiedenti stranieri senza il requisito del lavoro. «Sembra che in Comune di Torino l’unica preoccupazione del centrosinistra sia di riempire le case popolari di immigrati senza reddito certo a discapito delle famiglie italiane e quelle straniere integrate, per poi stupirsi se le nostre periferie metropolitane si trasformano in ghetti con le piazze di spaccio. Ma la commissione che decide le assegnazioni di alloggi è indipendente e non può permettersi di disapplicare una legge regionale», dice ancora Marrone. «Ricordiamo che gli immigrati sono appena il 16% dei residenti nella città di Torino e non possono occupare la maggioranza della graduatoria per le case popolari. La sinistra pragmatica e di governo degli anni passati ne era consapevole quando fissò in legge regionale il requisito degli anni minimi di residenza, poi abrogato sempre dalla Corte Costituzionale, ma erano gli anni di Renzi e Chiamparino, prima di Schlein».Già, un tempo persino a sinistra qualcuno comprendeva la necessità di offrire più alloggi popolari agli italiani, cioè alla stragrande maggioranza della popolazione. Oggi il clima è cambiato: sindacati e politici di sinistra si battono per dare case popolari agli stranieri senza lavoro. Chissà, potrebbero persino trarne uno slogan per le prossime elezioni: in coda gli italiani.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
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