2021-04-02
Il rischio del nuovo assegno unico: penalizzare le famiglie numerose
L'unità del Parlamento per il provvedimento è una nota positiva, ma la strada verso aiuti reali è ancora lunga. La burocrazia è tanta, gli stanziamenti parziali e manca la garanzia che i nuclei non incassino meno di prima.Mi rendo conto di poter passare per il solito, insopportabile e antipatico, «pierino guastafeste». Ma il desiderio di oggettività supera la tentazione di non metterci la faccia e accodarsi al coro dei più. L'argomento è la legge che istituisce l'assegno unico universale per le famiglie con figli a carico. Incominciamo con il dire che si tratta certamente di un passo positivo e storico nella travagliata storia del sostegno economico alle famiglie: si tratta, finalmente, di una misura strutturale, organica e di lungo periodo. Dunque, tanto di cappello e legittima soddisfazione. Ma il coro da stadio quando la squadra del cuore fa goal, oggi come oggi, non è proprio giustificato. Oltre l'approvazione della legge con l'unanimità del Parlamento (fatto - ripeto - certamente positivo) ci stanno numerosi e delicatissimi passaggi amministrativi, burocratici, politici da affrontare con grande chiarezza e determinazione, se si vuole passare dalle parole ai fatti. Cominciando, ad esempio, da decreti attuativi che dovranno essere scritti da oggi al 1° luglio (fatidici 100 giorni!) e che stabiliranno nel concreto quanti soldi realmente giungeranno sui conti correnti delle nostre famiglie. I nodi da sciogliere non sono affatto pochi né semplici e, purtroppo, la storia del welfare nel nostro Paese non ci consente un facile ottimismo. Basta ricordare quanto accadde nel 2013 con l'istituzione dell'Isee, accolto a quel tempo come una grande conquista e, quindi, con grande entusiasmo. Non passò neppure un anno per accorgersi che gli algoritmi selezionati penalizzavano pesantemente le famiglie con più figli, cioè quelle più esposte al rischio povertà e che - in teoria - dovevano essere le grandi beneficiarie del nuovo strumento! Le segnalazioni tempestivamente pervenute dal mondo dell'associazionismo pro-family vennero totalmente ignorate e così ci troviamo oggi a vivere il paradosso che, con l'istituzione del reddito di cittadinanza, il 40% di quelle risorse sono finire a single e a famiglie di 2 o 3 componenti, penalizzando dunque le famiglie numerose e più bisognose di sostegno economico. Con la nuova legge sull'assegno unico si può correre (nuovamente) un grande rischio: quello di fissare una quota base, uguale per tutti, molto bassa (si parla di 50/80 euro mensili per figlio) che verrà implementata in funzione del reddito, sulla base dei parametri Isee, fino a un massimo di 250 euro mensili per figlio, salvo incrementi per figli disabili e/o a partire dal terzo figlio. Certamente è una buona misura, ma si devono fare i conti sulla base dei costi reali per la cura di ciascun figlio. Il Rapporto Cisf (Centro internazionale studi famiglia) del 2009 (si badi bene: 12 anni fa!) stimava in circa 300 euro mensili il costo di un figlio per i bisogni primari (cibo, vestiario, tetto, istruzione, eccetera). Certamente - a 12 anni di distanza - questi costi non sono diminuiti e ciò impone, quantomeno, di rivedere due parametri: il livello minimo dell'assegno, che non può essere inferiore a 100 euro mensili per figlio, e le classi Isee oggi assestate su livelli intollerabili, di vera povertà. Ne consegue che sarà di fondamentale importanza il finanziamento economico che il governo stanzierà per l'attuazione di questa legge. A regime, il costo complessivo della manovra è stimato intorno ai 20 miliardi di euro all'anno; a oggi sono stati stanziati 3 miliardi per il semestre del 2021 e 6 miliardi per il 2022 e si fa conto di poter recuperare, entro il 2023, 14 miliardi grazie alla riorganizzazione e al riassorbimento di ben 8 diverse misure di bonus e incentivi vari oggi vigenti. Questo è il progetto sulla carta, ma non possiamo nascondere un fondato timore sulla reale operatività e fattibilità di queste buone intenzioni. Proprio per questa ragione, in varie audizioni in Parlamento, avevamo chiesto con forza la previsione nel testo di legge della cosiddetta clausola di salvaguardia, al fine di garantire che nessun famiglia riceverà meno di quanto ora riceve grazie a quei bonus che verranno cancellati con l'entrata in vigore di questa nuova legge. Facciamo molta fatica, quindi, a capire perché questa proposta di semplice buon senso, per la sicurezza di ogni famiglia, non sia stata accolta e non è scritta nel testo di legge. Sarà, dunque, necessaria una speciale vigilanza della società civile, e delle famiglie in particolare, perché se è buona cosa affermare la protezione dei diritti, non è scontato che questi vengano poi concretamente garantiti. Un' ultima riflessione di carattere generale: il Piano di resilienza al varo vale 32 miliardi; di questi, 290 milioni sono destinati a sostenere i doveri di cura delle famiglie verso i propri figli minori, in particolare in ordine ai costi legati alla chiusura delle scuole. È una quota inferiore all'1% dell'intera manovra, mentre 1 miliardo aggiuntivo è stato destinato al reddito di cittadinanza che, come già detto, privilegia le persone single. Da oltre un anno sulle spalle delle famiglie si sono rovesciati enormi compiti di cura, educazione, istruzione, accudimento sanitario e psicologico, coesione sociale, svago, ricreazione, soddisfacimento di bisogni primari, eppure - anche questa volta - il piano di sostegno economico è stato elaborato ignorando figli e famiglia, secondo un modello di welfare solo lavoristico che, oltretutto, penalizza ingiustamente proprio chi ha portato il maggior onere sociale legato alla drammatica pandemia. Ancora una volta, di fronte ai numeri c'è poco da discutere: conti alla mano (baby-sitting e costi congedi) i 290 milioni previsti possono soddisfare al massimo 730.000 famiglie, a fronte di oltre 2 milioni e mezzo di bimbi nelle scuole primarie e 1 milione e mezzo nelle scuole medie inferiori, con relative famiglie. Dunque, rallegriamoci pure per questo primo passo verso i bisogni della famiglia, ma auspichiamo che i 100 giorni per i decreti attuativi servano per una correzione nella direzione di forti interventi per la conciliazione famiglia-lavoro, per sostenere i carichi familiari e per incrementare la rete di servizi necessari per i figli, a partire dall'età prescolare. Sempre, con un occhio di particolare attenzione alle famiglie con disabilità al proprio interno. La famiglia è e rimane il fattore maggiore di coesione sociale e il futuro del Paese è strettamente legato allo stato di buona salute del nucleo famigliare, che garantisce il virtuoso mutuo soccorso fra generazioni, dai nonni ai nipoti. Cerchiamo di non sprecare questa ennesima occasione per la riorganizzazione di un sistema di politiche familiari, sociali e di welfare che proprio la pandemia e il tragico inverno demografico hanno reso urgente.
Il caffè di ricerca e qualità è diventato di gran moda. E talvolta suscita fanatismi in cui il comune mortale si imbatte suo malgrado. Ascoltare per credere.