2021-04-28
Nel Recovery tanto gender. In bilico invece l’assegno unico
Il gender gap corre, le famiglie stanno ferme. Accompagnato dall'alibi prediletto dai tempi di Mario Monti («Ce lo chiede l'Europa»), arriva il tir di obblighi imposti da Bruxelles per avere la certezza di ottenere il Recovery fund e sorpassa una delle riforme più attese, quella dell'assegno unico per combattere la denatalità che rischia di finire in coda e di creare squilibri sociali dall'impatto immediato.I prestiti si ripagano e l'Europa ne detta le clausole ancor prima di erogarli. Sul gender gap le norme sono stringenti: verrà adottato il bilancio di genere con percorso formativo per le aziende, corsi per la pubblica amministrazione sulla prospettiva di genere, un linguaggio inclusivo nella modulistica (ci terrorizza l'adozione della «e» rovesciata, il famigerato schwa, per non distinguere più uomini e donne), certificazioni di parità a carico del titolare.Per garantire una pur sacrosanta parità nelle opportunità professionali, l'Italia sarà costretta ad annacquare la sbandierata «guerra alla burocrazia» che compare in ogni libro dei sogni accanto alla «lotta all'evasione». Sono le due Luisone di ogni governo, dai tempi di Giulio Andreotti. La sburocratizzazione sembrava arrivata a un punto di non ritorno, ma l'inserimento di complesse normative di adeguamento andrà a caricare di ulteriori complicazioni le amministrazioni di aziende ed enti. Tutto questo in nome dell'approccio ideologico dell'Europa, formidabile nell'imporre formule e moduli, meno nel lasciare che i Paesi sovrani costruiscano in autonomia il proprio percorso etico.Mentre il sabba gender avanza al grido di «così arrivano i soldi», ecco che un provvedimento cardine per il supporto della famiglia retrocede fino a trovarsi ai margini. È l'assegno unico universale che due anni fu proposto dall'allora ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana. Un'idea vincente, abilmente scippata dal Pd e da Italia viva durante il governo Conte bis (dopo averla contestata quando a lanciarla era stato il leghista), e finalmente arrivata in porto nel marzo scorso fra l'esultanza del ministro Elena Bonetti e degli alleati.L'assegno unico sostituirà il florilegio di vecchi strumenti (sgravi, assegni famigliari, bonus) ma non si sa quando. La nebulosa temporale è causata dai decreti attuativi, senza i quali nessuna legge può considerarsi applicabile: non sono pronti e non lo saranno a breve, tanto che la scadenza fissata per luglio rischia di essere sforata, con un danno reale per le numerose famiglie (circa 2 milioni) alle quali la pandemia ha tagliato il reddito. Si tratta dei figli di autonomi, professionisti, disoccupati e incapienti, categorie fra le più colpite dall'emergenza sanitaria e sociale. L'allarme è lanciato dal quotidiano Avvenire e nessuno è rassicurato dalla serenità del ministro: «L'impegno è quello preso con le famiglie, cioè l'erogazione il primo luglio, e siamo al lavoro per costruire lo strumento». I tempi per partire a luglio non ci sono più, il passaggio parlamentare è più stretto delle Termopili. Da qui sino a fine anno Camera e Senato dovranno varare undici provvedimenti legislativi, fra decreti, riforme e deleghe, solo per rimanere fedeli al Recovery plan. A maggio si profilano quattro cime alpine come il decreto Governance, il decreto Semplificazioni (con l'aggravio delle novità gender), il reclutamento straordinario della pubblica amministrazione e l'inizio della riforma della giustizia. Il fatto che tre ministeri (Famiglia, Mef e Welfare) siano coinvolti nei decreti attuativi toglie le residue speranze. Così al governo si pensa a una soluzione ponte: utilizzare i tre miliardi aggiuntivi stanziati in manovra per estendere il sostegno a chi ne ha beneficiato solo in parte e distribuire a tutte le famiglie con figli un gettone extra. In attesa di varare la legge nel 2022, con un ritardo di due anni. È sconfortante notare la disparità di trattamento: la modulistica inclusiva immediatamente, l'aiuto alle famiglie con figli più avanti. È il Recovery, bellezza. Eppure il premier Mario Draghi ritiene che l'assegno unico diventerà una pietra miliare: «Sarà lo strumento centrale e omnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie oggi in vigore. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma». Per ora non un cambio di passo.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)