Stellantis & C. scoprono il bluff Ue: «Svolta sulle elettriche disastrosa»

Quella che i commenti a caldo definivano «svolta epocale», si è prima trasformata in un passo in avanti «importante» - a strettissimo giro sminuito come «significativo» -, e poi è diventata l’ennesimo pastrocchio della Commissione europea che peggiora la già drammatica situazione dell’automotive nel Vecchio continente. La rapidissima parabola delle modifiche annunciate da Bruxelles sui veicoli elettrici si è compiuta quando i diretti interessati, cioè le case automobilistiche, hanno svelato il bluff.
Ma agli occhi più attenti che ci fosse qualcosa che non quadrava era apparso subito chiaro. Non tutti avevano infatti notato che la Vda, la potentissima associazione tedesca del settore, aveva subito storto il naso. Alla «Verband der Automobil» che è solita imporre rigidi standard di qualità ai fornitori di Bmw, Mercedesm e Volkswagen, in modo da assicurare il mantenimento delle alte performance che hanno contraddistinto storicamente le automobili prodotte in loco, l’accordo era immediatamente risultato poco credibile.
Vero che la Commissione parla di riduzione del 90% delle emissioni nocive entro il 2035 e apre la porta per il restante 10% ai motori ibridi e termici, ma ponendo una serie di paletti e condizioni che rischiano di aumentare i costi, già impazziti, del mercato.
«In un momento cruciale per l’Europa», ha spiegato la numero uno della Vda Hildegard Mülleral Financial Times, «l’intero pacchetto proposto da Bruxelles è disastroso. Quella che sembra una maggiore apertura è in realtà una strada piena di ostacoli che rischia di rivelarsi inefficace nella pratica».
A cosa fa riferimento? Per esempio all’obbligo di usare l’acciaio verde, oppure all’imposizione di materiali made in Europe che secondo diversi analisti faranno lievitare i costi delle auto diesel e benzina. Ma non solo.
Perché, forse un po’ a sorpresa, è Stellantis, la casa italo-francese che si era contraddistinta (all’epoca dell’ex ad Carlos Tavares) per una tenace difesa del Green deal, a mostrare le maggiori perplessità. Secondo la ricostruzione di Bloomberg, infatti, il gruppo proprietario dei marchi Jeep, Fiat e Peugeot, ha una posizione netta: le nuove proposte della Commissione sono «inadeguate», non affrontano le sfide della transizione elettrica per i veicoli commerciali leggeri e non prevedono una flessibilità sufficiente per raggiungere gli obiettivi di emissioni nel 2030.
Una bocciatura senza se e senza ma. Bocciatura che è stata confermata dal mercato, all’indomani della presentazione del piano, i titoli di alcuni dei principali produttori interessati hanno perso quota (vedi Stellantis e Volkswagen) mentre l’indice Stoxx Europe 600 Automobiles & Parts ha lasciato sul terreno fino all’1,3%. E da alcuni dei principali analisti, per esempio Ubs. Secondo gli esperti della banca d’investimento svizzera, infatti, la sedicente svolta europea è una delusione. Da una parte per la tempistica. Gli effetti finanziari dei provvedimenti si avranno tra quattro o cinque anni. E poi per le prospettive. Quello che traspare è che Bruxelles, almeno fino a quando resterà questa maggioranza, non è disponibile a fare altre concessioni di sostanza e che la battaglia contro i produttori cinesi che stanno già invadendo il mercato del Vecchio continente può essere considerata persa.
Del resto le trattative sulla stesura delle nuove norme sembra essere stata piuttosto serrata e alla fine chi chiedeva un rinvio più corposo o un taglio degli obiettivi fino al 50% è rimasto deluso.
Tra questi non rientrano i produttori d’auto francesi che hanno invece accolto con meno scetticismo la linea della Commissione, confermando quella che sembra essere diventata una costante dell’Unione Europea. Parigi e Berlino, i due campioni in crisi economica e politica, prima andavano d’accordo su tutto (anzi facevano asse) e adesso fanno fatica a convergere su quasi tutte le partite che contano nell’Ue. Dai rapporti con gli Stati Uniti di Trump e con la Cina di Xi, fino al Mercosur e all’automotive, appunto.
Speranze? Ora la palla passa al Parlamento Ue. Dove si continuerà a negoziare e le posizioni per ora sotterranee diventeranno ufficiali. Molti Stati sperano di spuntare altre concessioni sul trattamento di favore per i veicoli ibridi plug-in e su alcune paletti che oggettivamente sembrano eccessivi. Ma, ammesso che la loro linea riesca a passare, saremo pur sempre di fronte a palliativi, probabilmente solo di facciata, che non affrontano la sostanza del problema. Fino a quando resteranno obblighi che il mercato rigetta, è impossibile pensare a una svolta dell’industria dell’auto in Europa.






