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Il Carroccio inchioda i sindacati: «Sette mobilitazioni a novembre e dicembre. L’80% delle proteste più grosse si è svolto a ridosso dei festivi. Rispettino gli italiani».
È scontro politico sul calendario degli scioperi proclamati dalla Cgil. La Lega accusa il segretario del sindacato, Maurizio Landini, di utilizzare la mobilitazione come strumento per favorire i cosiddetti «weekend lunghi», sostenendo che la maggioranza degli scioperi generali indetti nel 2025 sia caduta in prossimità di giorni festivi o di inizio e fine settimana.
Secondo una nota diffusa dal Carroccio, «varie sigle sindacali, Cgil in testa, nel 2025 hanno organizzato 22 scioperi generali, sette dei quali annunciati tra novembre e dicembre». La Lega sottolinea che «quasi l’80% delle iniziative si sono svolte di venerdì o di lunedì. Gli altri, di sabato o nei festivi». Da qui la critica: «Landini nega di volersi organizzare il fine settimana allungato: ci dica perché la difesa dei lavoratori non è mai in agenda, per esempio, in qualche mercoledì feriale. Chiediamo rispetto per milioni di cittadini italiani ostaggio di qualche sindacalista festaiolo, viziato e capriccioso».
Il deputato Igor Iezzi ha definito «inaccettabile» questa linea di condotta. Sulla stessa linea il deputato Andrea Crippa, che in una nota si domanda «per quanto tempo Landini e i suoi credono di poter prendere in giro gli italiani». Anche il senatore Claudio Borghi è intervenuto nel dibattito, criticando aspramente l’operato del segretario confederale. «La Cgil perde 22 a zero. Zero è il numero di scioperi generali fatti quando il governo Monti spostava l’età pensionabile di sette anni anche per chi era appena stato licenziato, quando si creava disoccupazione a colpi di tasse sulla casa e tagli agli investimenti, quando il lavoro veniva oppresso dalla minaccia artificiale dello spread. Adesso che abbiamo il record di occupati, il minimo storico di disoccupazione e l’aumento più grande degli ultimi decenni negli investimenti pubblici, l’ineffabile Landini invoca 22 fine settimana lunghi camuffati da scioperi generali». «Così facendo» ha aggiunto, «si ottiene una sola cosa: lo svilimento del diritto di sciopero e la perdita totale di credibilità di un’istituzione importante come il sindacato. La domanda è la stessa che Cicerone rivolgeva a Catilina: “Fino a quando, o Landini, abuserai della nostra pazienza?”».
Alle critiche si è aggiunto anche Armando Siri, capo dei dipartimenti della Lega e consigliere di Matteo Salvini, che in un’intervista a la Repubblica ha dichiarato: «Landini è desaparecido sulle banche, non gli ho sentito dire una parola sull’iniziativa che il governo ha preso, anche se fa uno sciopero generale contro la manovra, contro “i ricchi”. Poi bisognerebbe dire che ci sono 82 contratti fermi nella Pubblica amministrazione, che la Cgil non ha voluto firmare. Quanto al giorno scelto, fa un torto a tanti altri che al lavoro ci devono andare». Ha aggiunto che «una riflessione su una stretta sugli scioperi a ridosso del weekend ci può stare. Troppi lavoratori si sentono danneggiati. Di certo non si ottengono risultati con scioperi così».
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Riduci
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.
Cosa è successo? Cosa ha scatenato questa corsa a rinnovare intese che per mesi erano state osteggiate, basti ricordare il caso della sanità, settore che coinvolge 670.000 dipendenti, dall’inossidabile coppia Landini-Bombardieri (Cgil-Uil)? Semplice, la Uil si è sfilata. Sui motivi del divorzio, che Bombardieri aveva definito «pausa di riflessione», le ipotesi divergono. C’è chi parla di una delusione per le posizioni sempre più intransigenti di Landini e di un efficace pressing ai lati nel ministro Zangrillo (il titolare della Pa) e chi invece mette la centro del dietrofront un fortissimo malcontento della base. Ma poco importa. Ciò che conta è che l’inversione a U ha consentito al governo di mettere a frutto una parte dei circa 20 miliardi stanziati per i rinnovi dei contratti della Pubblica amministrazione. Quelli che riguardano la tornata già scaduta, il triennio 2022-2024. Che oggi sono stati completamente rinnovati e hanno portato nelle tasche dei circa 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici aumenti medi pari al 6%. A un certo punto era sembrato possibile che il governo tirasse dritto e decidesse di smobilizzare i fondi per riversarli su altre partite o al limite per imporre rinnovi per legge. Sarebbe stato un peccato perché i nuovi contratti portano dietro tutta una serie di misure accessorie, dalla possibilità di optare per la settimana da quattro giorni (comunque lavorando 36 ore) al diritto a maturare il buono pasto anche se operi da remoto, che in assenza delle firme delle parti sociali non avrebbero mai visto la luce.
Ma soprattutto non sarebbe stato possibile iniziare subito a discutere il rinnovo del triennio successivo, quello 2025-2027. Perché la decisione della Uil, oltre a isolare la Cgil, spiana la strada alla prossima tornata che dovrebbe raddoppiare gli aumenti portandoli a toccare la forchetta del 12-14%.
«Abbiamo così chiuso a tempo record», evidenziava nei giorni scorsi Paolo Zangrillo, «questa tornata contrattuale per tutti i comparti e cominciamo a lavorare per il ciclo 2025/27. Ciò significa, in termini salariali, che potremo riconoscere ai 3,4 milioni di dipendenti pubblici nel periodo 2022-27, incrementi che oscillano tra il 12 e il 14%. Una risposta nei fatti al tema del recupero del potere d’acquisto. Escludendo Cgil, che continua a fare politica, di fatto isolandosi, abbiamo un fronte sindacale che riconosce il lavoro e l’impegno del Governo».
E qui siamo al punto. In questo momento abbiamo un governo che ha già stanziato le risorse per i nuovi contratti. Un fronte sindacale che si è compattato verso il sì ai rinnovi grazie alla posizione da sempre dialogante e riformista della Cisl e alla inversione a U della Uil. E una Cgil isolata e felice. Perché stringi stringi a Landini interessa solo continuare a mantenere una posizione movimentista e barricadera a prescindere rispetto a tutte le decisioni del governo. Una posizione politica che snobba i quasi 300 euro lordi al mese in più che potrebbero nel giro di pochi mesi arrivare nelle tasche di 3,5 milioni di lavoratori. E minimizza anche la possibilità di sedersi al tavolo e contrattare l’integrativo che per gli statali equivale agli accordi di secondo livello del privato. Insomma, tanta roba.
Messa così, la strada per una seconda tornata di rinnovi (quella 2025-2027) è in discesa. E secondo quanto risulta alla Verità ci sarebbe anche una sorta di mini-programma per le trattative. Si partirebbe tra qualche settimana - fine novembre o inizio dicembre - con il tavolo dei ministeriali (le funzioni centrali), quindi ai primi del 2026 sarebbe la volta della sanità e a stretto giro toccherebbe di nuovo a scuola ed enti locali (dipendenti di Regioni, Comuni e Province). Incrementi dei salari del 12-14% in pochi mesi che se escludiamo il balzo dei prezzi nel periodo post Covid vorrebbero dire un sostanziale recupero del potere d’acquisto degli italiani. Come non si vedeva da anni.
Ma questo è meglio non dirlo alla Cgil.
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Riduci
(Arma dei Carabinieri)
Gli uomini del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti hanno sgominato un’organizzazione criminale dedita all'immigrazione illegale attraverso l’uso fraudolento del decreto flussi.
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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Riduci
Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)
Il candidato del centrodestra in Campania: «Istituiremo il Reddito di promozione, percepibile solo se studi, ti formi, e poi lavori. Ovvero, l’opposto del sussidio grillino. Sosterrò i Comuni per assumere poliziotti e per videosorvegliare le aree sensibili».
Edmondo Cirielli è il candidato del centrodestra in Campania. Viceministro degli Esteri, generale dei carabinieri, «orgogliosamente italiano e campano», l’esponente di Fratelli d’Italia sfiderà Roberto Fico, ex presidente della Camera grillino, che in qualche maniera è riuscito ad avere l’appoggio della famiglia De Luca (padre governatore uscente e figlio segretario del Pd campano). La sfida è aperta, perché i giallorossi sono divisi ma soprattutto per il fatto che il centrodestra - basta vedere la folla che c’era per Salvini domenica a Napoli - s’è messo in testa di fare una sorpresa alla Schlein e a Conte. Possibile? Manca meno di un mese al voto e oggi saranno presentate le liste. Il programma, invece, lo sta già esponendo in lungo e in largo Cirielli durante i suo ininterrotti incontri pubblici.
Viceministro, ha lanciato il reddito «di promozione». Un’altra forma di assistenzialismo dopo quello di cittadinanza?
«No. Non pagheremo più le persone per restare a casa. Il Reddito di promozione è l’opposto del reddito di cittadinanza: prendi il sostegno solo se studi, ti formi, fai un tirocinio, entri in un percorso di lavoro vero. Si tratta di una misura di politica attiva del lavoro che trasforma l’assistenza in formazione e inserimento occupazionale, finanziata al 100% dal Fondo Sociale Europeo Plus (Fse+). È destinata a disoccupati, ex percettori del reddito di cittadinanza, giovani Neet, lavoratori in transizione e donne fragili, per una platea stimata di 150.000–200.000 persone in Campania. Prevede un sostegno medio di 500–700 euro al mese legato alla frequenza ai corsi, della durata media dai 6 ai 12 mesi, con incentivo finale per chi completa il percorso e possibilità di inserimento lavorativo diretto. La Campania sarà un modello: torneremo a produrre futuro».
Sarà finanziato con fondi europei, ma la Campania non brilla nell’usarli… perché dovrebbe funzionare?
«Perché finora i fondi europei sono stati usati male o persi. Io li userò solo per creare occupazione: zero sprechi. Avvieremo un sistema di monitoraggio continuo, risultati misurabili e partnership con imprese: chi non garantisce sbocchi occupazionali non prende un euro».
Con Fico farete un confronto prima del voto?
«Io lo avrei già fatto qualche giorno fa all’assemblea dei consulenti del lavoro che si è tenuta a Napoli, ma lui non si è presentato. Capisco che ha difficoltà a difendere una coalizione così eterogenea e contraddittoria, ma voglio sperare che non verrà meno al principio democratico del confronto. Sono pronto quando vuole, dove vuole. I campani meritano di valutare proposte e competenze, non slogan o, peggio, insulti».
Lei parla di legalità e «modello Caivano»: perché Fdi non presenta la lista a Caivano?
«L’impegno dello Stato a Caivano non dipende dalle liste, ma dalla presenza concreta di forze dell’ordine, scuola e istituzioni. Io porterò risorse, presìdi, opportunità. La legalità non si fa con le polemiche, ma con i fatti».
Più agenti di polizia locale e telecamere… ma la sicurezza non è competenza dei Comuni?
«Certo. Infatti io offrirò sostegno regionale ai Comuni che non ce la fanno. Stanzieremo risorse per assumere agenti di polizia locale e per videosorvegliare le aree sensibili. La Regione deve essere un moltiplicatore di sicurezza».
Il suo programma ha coperture? La Regione è in deficit...
«La Regione è in deficit a causa della cattiva gestione degli ultimi dieci anni. Valorizzeremo al meglio tutti i fondi europei, azzereremo gli sprechi, libereremo risorse oggi bloccate dalla burocrazia. Ogni investimento sarà legato a risultati: ogni euro deve contribuire a creare lavoro, soprattutto per i giovani, e migliorare i servizi».
Sanità: qual è l’eredità di De Luca?
«Promesse a valanga, risultati insufficienti. La Campania è purtroppo la tra le peggiori Regioni per la mortalità a 30 giorni per infarto miocardico acuto, tra le peggiori per la percentuale di abbandono di persone che arrivano al pronto soccorso e scappano prima di essere visitati. È agli ultimi posti per la mobilità passiva: vuol dire che i campani preferiscono curarsi fuori Regione. Liste d’attesa infinite, pronto soccorsi al collasso, personale stremato. La sanità è il punto principale del mio programma. Ho già presentato le principali azioni che metterò in campo nei primi cento giorni della mia amministrazione regionale, a partire dal dimezzamento delle liste d’attesa, una vergogna che deve finire subito. Istituiremo poi il garante della salute dei cittadini, una figura eletta dalla maggioranza e dall’opposizione in consiglio regionale che, coadiuvata da sportelli digitali provinciali, tutelerà il diritto alla salute di ognuno. Le strutture ospedaliere saranno rafforzate, anche nelle aree interne».
Capitolo Pnrr: ritardi evidenti. Come li recupererà?
«Con una regia unica regionale, cronoprogrammi vincolanti e trasparenza totale. Chi non realizza i progetti viene sostituito. Il Pnrr non è un trofeo da esporre, è un treno in corsa: io lo farò arrivare in stazione».
L’autonomia differenziata le piace?
«Non quella che hanno realizzato il Pd e le sinistre con la riforma del titolo V della Costituzione: ha creato la sperequazione odierna tra Nord e Sud. Quella proposta dal centrodestra sarà attuata solo se ci saranno le risorse necessarie al Sud per avere i Lea (livelli di assistenza essenziali). Difenderò la nostra Regione e il Mezzogiorno senza paura».
Se vince il centrosinistra il presidente sarà Fico o De Luca?
«Per fortuna è uno scenario irrealizzabile, perché vinceremo noi e metteremo fine a 10 anni di malgoverno che hanno messo in ginocchio la Regione. Il vergognoso patto delle poltrone messo in campo da Pd e 5 Stelle sarà bocciato sonoramente. La Campania si rialzerà».
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