2020-08-04
Quest’anno l’estate è solo al centro migranti
Mentre Walter Ricciardi punta il dito sui cittadini che vogliono divertirsi, la festa è all'ex caserma di Casier (Treviso). Dove i carabinieri hanno dovuto fermare la baldoria degli stranieri. E in omaggio agli italiani che vanno in ferie, l'esecutivo lascia il disastro trasporti.Il non virologo Walter Ricciardi, superconsigliere sanitario del ministro Roberto Speranza, lo chiama «cluster del divertimento». A sentir lui, infatti, i luoghi demoniaci da cui il contagio si sparge non sono più uffici e aule scolastiche (grazie: le scuole sono chiuse), ma «ristoranti, bar, discoteche». L'immagine, in effetti, è piuttosto suggestiva: i nuovi untori diffondono festosamente la malattia tramite la danza macabra. «I Paesi intorno all'Italia, meta di vacanze, che hanno abbassato la guardia ne stanno pagando il prezzo», insiste Ricciardi. Dagli al discotecaro, allora, stigma sulle balere, i balli di gruppo e gli sculettamenti latinoamericani.Come devono comportarsi, a questo punto, i poveri italiani con la passione per il ballo? Noi una soluzione ce l'abbiamo. Suggeriamo a tutti di correre a Casier, in provincia di Treviso, dove si trova la ex caserma Serena, recentemente riadattata a centro di accoglienza. Ne abbiamo parlato spesso su queste pagine, perché in quel luogo sono risultati positivi ai tamponi decine e decine di immigrati, alcuni dei quali si sono pure dimostrati restii a sopportare la quarantena. Ebbene, lo scorso fine settimana, i carabinieri trevigiani hanno ricevuto parecchie segnalazioni da parte dei cittadini che vivono nei dintorni della caserma. Gli abitanti della zona erano furenti perché dall'edificio proveniva musica ad alto volume accompagnata da un rumoroso vociare. Di che si trattava? Mistero presto svelato. I migranti stavano serenamente facendo festa: cantavano e ballavano con lo stereo a tutto volume. Non è nemmeno la prima volta che accade, stando alla stampa locale. Ovviamente, per la baldoria degli aspiranti profughi nessuno si è indignato. Non si sono visti esperti pronti a tirare in ballo il «cluster migratorio». Dunque non resta che adattarsi: chi intenda godersi qualche momento di relax in musica non ha che da recarsi nella caserma veneta, così potrà cantare, ballare e non essere trattato da pericoloso untore. Ormai anche per farsi una vacanza in santa pace conviene essere immigrati. Abbiamo visto, negli ultimi giorni, stranieri che approdavano direttamente sulle spiagge italiane in tenuta balneare, alcuni addirittura con cappello di paglia e barboncino al seguito. Di nuovo: nessuno si è sognato di sanzionare i nuovi arrivati, nessuno (almeno dalle parti dell'esecutivo) li ha trattati come irresponsabili avvelenatori. In compenso, per i cittadini italiani spostarsi è diventato un terno al lotto. Grazie all'ultimo pasticcio governativo sui distanziamenti, anche persone che avevano regolarmente pagato il biglietto del treno sono rimaste a piedi. Altre non riusciranno a partire nei prossimi giorni, perché ovviamente i posti sui convogli si sono drasticamente ridotti. Persino i viaggi aerei - benché più sicuri di quelli su rotaia - rischiano di subire restrizioni. Per noi comuni italioti l'allerta rimane massima: giusto che l'ansia ci investa non appena apriamo la porta di casa; ancor più giusto che ci siano imposti controlli e sorveglianza poliziesca. A chi arriva via mare, al contrario, tutto sembra concesso. Infetto o non infetto, il migrante non rappresenta mai un problema. Anzi, ci sono fior di luminari come Pier Luigi Lopalco - epidemiologo candidato con Michele Emiliano in Puglia - pronti a sostenere che il Covid non viaggia sui barconi ma «fra i manager in prima classe». Ragionamenti come questi, benché platealmente smentiti dai fatti (basta dare un'occhiata al numero di contagi «d'importazione»), sono diventati dominanti. Motivo per cui il Comitato tecnico scientifico del governo si accanisce su treni, bus e aerei, ma evita ogni riferimento ai gommoni e alle navi delle Ong. I media, come sempre, vanno a ruota: giusto ieri sul Corriere della Sera campeggiavano due pagine di allarmismo puro: «Gli italiani in vacanza senza mascherina». A leggere gli articoli c'era da rabbrividire: caos nei bar, campeggi senza precauzioni, «disobbedienti» della movida, spiagge in cui i bagnanti si aggirano allo stato brado, giovinastri che entrano nei locali senza protezioni... Silenzio pressoché totale, invece, sui pericoli causati dalle migrazioni incontrollate. «Se non avessimo i centri di accoglienza, non avremmo avuto focolai», ha dichiarato sempre ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia. I numeri gli danno ragione, ma sembra che non ci sia nessuno disposto a prendere provvedimenti seri in proposito. Così riusciamo nella non facile impresa di infliggerci un doppio danno. Da una parte ci rendiamo più vulnerabili al contagio proveniente dall'estero. Dall'altra danneggiamo ulteriormente il comparto turistico già duramente provato. Altro che bonus vacanze o tirate sulle bellezze italiane da riscoprire: qui non appena cerchi di spostarti di qualche metro ti urlano che sei un pazzo incosciente e fanno di tutto per ostacolarti. Non resta che una soluzione: tutti in ferie sul barcone. Lì, almeno, non ti impongono il distanziamento.
(Totaleu)
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