2025-09-11
Nel risiko tra Russia e Patto atlantico è l’ora dello stress test al Trattato
Invocando l’articolo 4, Varsavia ha dato un’anticipazione di quanto potrà accadere quando Kiev sarà sotto lo scudo occidentale. La risposta degli alleati è stata pronta e misurata. Un segnale per Putin.«Dobbiamo essere chiari». Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha motivato così il sostegno della Germania alla mossa dei polacchi, i quali, in risposta allo sconfinamento nel loro spazio aereo dei droni russi, ieri hanno invocato l’articolo 4 del Trattato Nato. Chiarezza rispetto alle provocazioni di Vladimir Putin, ma anche rispetto a noi stessi. Perché quanto è accaduto nella notte tra martedì e mercoledì non solo ha messo alla prova l’architettura dell’Alleanza atlantica, ma ha pure offerto un assaggio di quello che potrebbe accadere in Ucraina, una volta che gli occidentali, europei in testa, decidessero davvero di offrire a Kiev garanzie di sicurezza.L’incidente polacco, anzitutto, rappresenta un tagliando per il sistema Nato. E ha una proiezione sullo scenario postbellico, quando l’ombrello per l’Ucraina ricalcherà i meccanismi del Patto atlantico. L’Italia, dalla quale è partita la proposta, ha parlato di articolo 5. Ma come si è visto ieri, il pieno coinvolgimento degli alleati in un conflitto non può che passare da approfondite consultazioni politiche. In fondo, è lo stesso vincolo che obbliga i contraenti a considerare un attacco contro uno di loro alla stregua di un attacco contro tutti a prevedere che, da principio, si stabilisca quale sia «l’azione necessaria» per reagire all’aggressione. E a stabilire che «l’uso della forza armata» sia una delle opzioni disponibili. Ma prima dell’articolo 5, c’è l’articolo 4: esso dispone che ognuna delle parti possa convocare le altre per un confronto, se giudica «minacciata» la propria «integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza».Abbiamo avuto la prova che la risposta rapida alle incursioni e il pattugliamento delle aree di frontiera funzionano: l’intercettamento e l’abbattimento dei droni è stato il frutto di un lavoro congiunto tra F-16 polacchi, F-35 olandesi, Patriot tedeschi e ricognitori italiani. I quali montano sofisticata tecnologia israeliana, per cui i legami con Gerusalemme non sono semplici da recidere. L’America ci ha messo il cappello e gli armamenti che ci ha venduto. Anche per questo l’episodio dà l’idea di ciò che potrebbe succedere con Kiev: gli europei saranno ben più coinvolti degli statunitensi.È altrettanto evidente, però, che la Nato e persino i falchi antirussi di Varsavia hanno scelto la via della prudenza. Il premier polacco, Donald Tusk, che pure ha evocato il pericolo di un terzo conflitto globale, ci ha tenuto a sottolineare che non c’era «motivo di affermare che siamo in stato di guerra». Il passaggio da eventuali attriti con Mosca alle ostilità su larga scala non è automatico. Gli ucraini lo sanno e perciò Volodymyr Zelensky, pur apprezzando la soluzione pragmatica suggerita da Giorgia Meloni, spera che gli europei si impegnino - o s’impantanino - un po’ di più.Il presidente, in un post su X, ha spiegato cosa si aspetta: collaborazione nella neutralizzazione dei raid direttamente sul territorio ucraino. «Il precedente dell’impiego di aerei da combattimento provenienti da diversi Paesi europei contemporaneamente per abbattere armamenti russi e proteggere vite umane è significativo», ha notato. «L’Ucraina ha da tempo proposto ai suoi partner la creazione di un sistema di difesa aerea condiviso». E ancora: «L’Ucraina è pronta a espandere la nostra cooperazione con i partner per un’affidabile protezione dei cieli», fino a «vere azioni comuni che garantiscano la sicurezza dei nostri vicini». In tale ottica, ha offerto assistenza a Tusk. Baltici e Varsavia caldeggiano il «muro di droni» rilanciato ieri, nel discorso sullo stato dell’Unione, da Ursula von der Leyen. La numero uno della Commissione pensa, addirittura, a «un’agenzia di sorveglianza del fianco orientale». Resterebbe da capire quali regole d’ingaggio varrebbero: Kiev sarebbe l’avamposto e noi la retroguardia? O la collaborazione implicherebbe, come pare auspicare Zelensky, che velivoli occidentali presidino pure gli spazi aerei dell’Ucraina?Forse, la risposta dipende anche da cosa la Russia considererebbe accettabile. L’Alto rappresentante Ue, Kaja Kallas, ritiene che il Cremlino non abbia il diritto di mettere dei paletti nemmeno sulla presenza di truppe in prossimità del fronte. Ma se Mosca non ha i mezzi per sostenere una guerra convenzionale contro la Nato, la Nato non ha la volontà di intraprenderla. Casuale o deliberato, il blitz in Polonia è servito a Putin per tastare il polso degli avversari: lo zar ha bisogno di capire fin dove siamo disposti a spingerci per tener fede ai nostri proclami. E qui torna il monito di Berlino: «Dobbiamo essere chiari».Le messinscene di Emmanuel Macron non aiutano. L’inquilino dell’Eliseo, inseguendo Joe Biden, ha promosso un approccio basato sull’«ambiguità strategica»: una tesissima partita a scacchi con Putin. Ma evocare l’invio di contingenti, mentre quasi tutti i volenterosi si sfilano, alimenta una confusione che, semmai, aggrava i rischi di escalation. Anche perché, collocando la sua missione al di fuori del perimetro Nato, monsieur le président compromette quell’unità che l’altra notte ha mostrato di reggere senza l’intervento diretto degli Usa. Oltrecortina se ne sono accorti. E ne sono sembrati sorpresi. Se abbiamo il sangue freddo, è un peccato sprecarlo nei bluff.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)