2025-09-11
Implode l’asse popolari-socialisti. Ursula è senza maggioranza
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Manfred Weber e il Ppe accusano gli alleati di mancanza di responsabilità sul Mercosur: «Serve dire di sì all’accordo». I dem (insieme con i Verdi) li silurano: «Voi siete il nemico». Da Patrioti e The Left doppia mozione di sfiducia.Il discorso sullo stato dell’Unione ha fatto deflagrare le tensioni tra socialisti e popolari, i gruppi che sostengono la presidenza di Ursula von der Leyen. Il presidente della Commissione, per accontentare tutti, ha, infatti, detto tutto e nulla, lasciando inevitabilmente i parlamentari confusi e arrabbiati. Il suo discorso si è concluso con un appello all’unità ma, dopo pochi istanti, è esploso un durissimo scontro tra i deputati del Ppe da una parte e dei socialisti e dei Verdi dall’altra.Prendendo parola per primo, il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, ha criticato duramente i socialisti, accusandoli di «mancanza di responsabilità» sull’intesa Usa-Ue e sul patto commerciale con il Mercosur. «Chiedo a tutti: qual è l’alternativa alla Scozia? La guerra commerciale?», la sua provocazione. Per poi aggiungere; «Sento i socialisti che annunciano che non sosterranno l’accordo. Bene, è il vostro atteggiamento che divide questa maggioranza. Responsabilità significa per noi “sì al Mercosur”, con adeguate garanzie per i nostri agricoltori. E vogliamo andare oltre con India, Messico, Indonesia. Abbiamo partner che credono ancora nel commercio basato su regole. Il Mercosur è l’accordo anti-Trump. Se rifiutiamo il Mercosur, spingiamo il Sud America verso la Cina. So che difendere il Mercosur non è popolare, ma è responsabile e onesto». In sostanza Weber ha indicato il gruppo socialista come «il vero colpevole della crisi della maggioranza europeista» e ha sottolineato le divisioni interne alla famiglia socialista, elogiando l’atteggiamento «pragmatico» della leader danese Mette Frederiksen, spiegando: «Ci sono due realtà socialiste in Europa: Sánchez e Frederiksen. E spero che non assisteremo a una diffusione in Europa della realtà politica spagnola».La replica di Iratxe Garcia Pérez, capogruppo dei socialisti, è inevitabilmente aggressiva. «Presidente Von der Leyen, mi dispiace, mi dispiace terribilmente, ma qui è stato chiarissimo chi è il suo principale nemico: il signor Weber e il Partito popolare europeo. Ha fatto del suo meglio, ha fatto quello che poteva oggi per provare a presentarci un programma di lavoro a cui tutte le forze pro-europee potessero unirsi. Ha fatto del suo meglio, ma ora può vedere chi è responsabile del fatto che la piattaforma e l’alleanza europea non funzionino. E quel problema ha un nome: Manfred Weber e il Partito popolare europeo». Anche i Verdi sono intervenuti così: «Il suo appello all’unità non è ancora arrivato al presidente del suo gruppo, devo dirlo, ma ci lavoreremo», ha dichiarato il co-presidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, Bas Eickhout, che poi ha sostenuto la posizione dei socialisti nella critica a Weber: «L’Europa è entrata in un mondo di potere, eppure stiamo ancora giocando a scacchi in un incontro di boxe. Il “business as usual” è la ricetta per altri tre anni di umiliazione. L’Europa deve smettere di pensare come un mercato e iniziare ad agire come una potenza».Tanta retorica poca sostanza, mancanza assoluta di sintonia tra i gruppi che sostengono il presidente della Commissione. Basterebbe questo per decretare la fine di questa maggioranza. Un’Europa che implode su sé stessa, che va in crisi nel momento storico peggiore dalla fine della guerra mondiale a oggi.I socialisti, oltre alla litigata con Weber, si mostrano scontenti del discorso di Von der Leyen su vari piani. Principalmente sul fronte Gaza: «Dov’è l’Europa quando si muore a Gaza, quando i bambini vengono uccisi mentre cercano cibo? Abbiamo aspettato troppo tempo, accettiamo i suoi provvedimenti ma arrivano troppo tardi. Il genocidio va fermato». E poi sui dazi: «Accettare il 15% di dazi dagli Usa senza alcuna risposta è inaccettabile. Lei in Scozia, in un campo da golf, ha seppellito i rapporti di Draghi e Letta. Presenteremo emendamenti all’accordo: gli agricoltori non possono essere le vittime di Trump». E ancora: «Serve anche un piano europeo per gli alloggi. Signora Von der Leyen: responsabilità non significa fare alleanze con le destre, noi costruiremo all’Europa senza rinunciare al nostro contributo nel processo decisionale». Un misto tra una scenata di gelosia e un intervento da opposizione, non certo il discorso del più grande azionista di questa maggioranza dopo il Ppe.Difficile immaginare un domani in queste condizioni. Quale maggioranza potrebbe sostenere la presidenza della baronessa? È lei stessa a tracciare la rotta, quella che vorrebbe ma che non esiste più: «L’unica maggioranza che può fare qualcosa per gli europei è una maggioranza pro Ue e io sarò sempre pronta a sostenerla, a creare ponti. Bisogna concentrarsi non su quello che ci divide, ma sulla nostra casa europea, su quello che ci unisce». E infine dimostra scarsa propensione a comprendere ciò che ha intorno quando dice: «Non ci può essere dubbio sulle sfide che abbiamo di fronte. Un’altra cosa è chiaramente emersa da questo dibattito: l’Ue è capace di agire, ora dobbiamo sviluppare l’urgenza di agire. Se restiamo uniti possiamo creare le condizioni per la prosperità».Verdi e socialisti non sembra abbiano più intenzione di sostenerla, Ppe e conservatori insieme (ammesso fossero tutti d’accordo) non basterebbero. Restano i patrioti che, però, si sono tirati fuori da soli raccogliendo firme per presentare una mozione di censura contro Ursula. «Il curriculum della Von der Leyen è chiaro: accordi commerciali falliti, nessuna trasparenza, zero responsabilità. I Patrioti chiedono una mozione di censura. L’Europa merita di meglio». Proprio ieri anche The Left, secondo quanto comunicato via social, ha raggiunto le firme necessarie per la presentazione di una mozione di sfiducia.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)