2025-09-11
La vera minaccia per la democrazia non viene dall’esterno: è Bruxelles
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Per il mainstream, l’informazione monolitica è appannaggio dei regimi autoritari. In realtà, pure nei Paesi liberali giungono agli stessi obiettivi in modo più subdolo, come fa l’Ue: inondando di soldi giornali, tv e Ong.Secondo la narrazione dominante dei media occidentali, la propaganda effettuata tramite la sistematica produzione di falsità sarebbe una caratteristica dei Paesi privi di libertà di espressione, autocratici, autoritari o dittatoriali (appellativi attribuiti secondo le convenienze). Con qualche sfumatura, in quei Paesi domina la censura: alcune cose si possono fare e dire, altre no. Ma siamo così sicuri di poter scagliare la prima pietra, a tale proposito? A dispetto delle apparenze, anche nelle cosiddette «democrazie liberali» si persegue il medesimo obiettivo di controllare il disagio della maggioranza contro i privilegi della minoranza. Cambia solo il mezzo: niente censura o repressione diretta, ma una tecnica molto sofisticata e subdola, che utilizzando ingenti risorse finanziarie, crea notizie dal nulla, mescola bugie e verità, omette fatti e circostanze, mescola passato e futuro. È quanto sta avvenendo in Europa nel completo silenzio dei cosiddetti «sinceri democratici», pronti a manifestare per le strade di Budapest ma incapaci di vedere cosa succede a Bruxelles. E quello che succede è davvero preoccupante. Dietro la retorica dei «valori europei», l’Unione europea ha messo in piedi una vera e propria macchina di propaganda istituzionale. Una strategia capillare che, con la generica motivazione degli aiuti alla democrazia e allo sviluppo e ben mascherata sotto il nobile scudo della «promozione dei valori democratici» e della «tutela delle minoranze», cela in realtà una gigantesca operazione di marketing politico. Una macchina attraverso la quale fiumi di denaro confluiscono nelle casse di Ong, uffici studi, think tank, tv e giornali, anche italiani. Utilizzati come veri e propri cavalli di Troia, costoro attuano progetti con l’obiettivo di promuovere l’agenda politica di Bruxelles in tutte le sue parti e su ogni argomento, orientando e manipolando le opinioni pubbliche dei Paesi membri.Sono divenuti, consapevolmente o meno, semplici megafoni, strumenti che la Commissione europea utilizza per distorcere i dibattiti pubblici su questioni politiche chiave, per veicolare una narrazione unilaterale, per promuovere i propri obiettivi politici con l’intento di orientare l’opinione pubblica dei Paesi membri. In questa operazione di auto-promozione politica di Bruxelles, un ruolo decisivo spetta al Cerv, un progetto avviato nel 2021 dalla Commissione europea, finanziato con centinaia e centinaia di milioni di euro, spalmati su una miriade di progetti capillari, ramificati tra social media, televisioni e mass media tradizionali. Ma non solo: gli strumenti e i fondi del bilancio europeo vengono utilizzati anche come deterrente per mettere a tacere il dissenso e le critiche verso l’Unione europea.A fare luce su ciò è il rapporto The Eu’s Propaganda Machine (La macchina della propaganda europea), redatto e pubblicato dal ricercatore e saggista Thomas Fazi in collaborazione con il think tank Mcc di Bruxelles, lo scorso febbraio. Un rapporto significativo che ben illustra quella che viene definita un’azione di «propaganda per procura» e «imperialismo culturale».Viene quasi da sorridere osservando il continuo tentativo di inculcare nella mente dei cittadini europei il timore per il pericolo derivante della minaccia esterna alla nostra democrazia, quando invece appare abbastanza chiaro che il principale agente che minaccia la democrazia in Europa è proprio la Commissione europea, attraverso la manipolazione dell’informazione. Danno collaterale se vogliamo è anche la strumentalizzazione e l’inquinamento della società civile: Ong e think tank, diventando come «cheerleaders» di Bruxelles, vengono presentate come voci indipendenti ma in realtà sono completamente alle dipendenze della Commissione e rappresentano una rete parallela che bypassa gli Stati nazionali, minando la loro stessa sovranità.L’azione avviene in diversi modi:1 distorcendo il dibattito pubblico e indebolendo il pluralismo. In questo caso si finanziano solo operazioni che devono narrare la bontà delle politiche europee, mentre le posizioni critiche restano marginali e prive di mezzi;2 attraverso una sorta di «censura indiretta», ovvero contrastando la narrazione eurocritica, considerando affidabili solo le notizie pro Bruxelles e bollando tutto il resto come «fake news»;3 interferendo pesantemente negli affari interni di Stati membri governati da forze eurocritiche. È successo in Polonia, in Ungheria così come recentemente in Romania, cercando di influenzare gli equilibri politici interni. Una strategia che mette in discussione la stessa sovranità popolare e democratica all’interno degli Stati membri;4 finanziando diverse testate giornalistiche, anche in Italia, assicurandosi costantemente una narrativa favorevole alla Commissione europea nei loro titoli di apertura e nei commenti. Questi giornali si prestano al gioco perdendo la loro autonomia e indipendenza.Ora non è il caso di evocare «i rischi della dittatura della maggioranza» scomodando Alexis de Tocqueville, si tratta però di richiamare l’attenzione politica per porre un freno a questa forma di sharia laica e poco democratica della Commissione europea. Per impedire davvero che questo modo di procedere arrechi seri danni alla democrazia europea. Intervenendo all’appuntamento di Cernobbio, il presidente della Repubblica ha richiamato con forza il bisogno dell’Unione europea. Non si può che concordare, ma non di questa Unione europea.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.