
«Mad Vlad» arringa la Duma annunciando il passaggio a un’economia di guerra: «Vogliono eliminarci, ora niente ispezioni ai nostri arsenali strategici». Poi rinfaccia all’Italia il sostegno durante la pandemia.Un’ora e 45 minuti di discorso davanti all’Assemblea federale di Mosca, 105 minuti durante i quali Vladimir Putin delude le aspettative dei «falchi» interni, che speravano in una dichiarazione di guerra all’Ucraina, ribadisce gli attacchi contro l’Occidente, rivendica la tenuta dell’economia russa, dedica frasi al veleno ai suoi avversari interni e regala ai giornalisti di tutto il mondo il titolo, con l’annuncio della sospensione (ma non del ritiro) dallo Start, l’ultimo trattato sulla riduzione delle armi nucleari ancora in vigore con gli Usa, perché a suo dire non può permettere agli ispettori americani di visitare i siti nucleari russi mentre Washington è impegnata a infliggere «una sconfitta strategica» a Mosca. «Sospendiamo il trattato, ma non ce ne ritiriamo», dice Putin, che invita il ministero della Difesa e la Rosatom, azienda pubblica russa attiva nel settore dell’energia nucleare, a prepararsi a test sulle armi nucleari. «Non le useremo mai per primi», sottolinea Putin, «ma se lo faranno gli Stati Uniti dobbiamo essere pronti. Nessuno deve farsi illusioni: la parità strategica non deve essere infranta». Start è l’acronimo di Strategic arms reduction treaty, ovvero «Intesa per la riduzione delle armi strategiche», la cui versione in vigore è la quinta (la prima era stata firmata nel 1991) ed è stata sottoscritta nel 2010 dagli allora presidenti Barack Obama e Dmitry Medvedev e rinnovata nel febbraio 2021 per 5 anni da Joe Biden e Putin. Start prevede che Usa e Russia non schierino più di 1.550 testate nucleari a lungo raggio e prevede un tetto massimo di 700 missili e bombardieri dispiegati ciascuno, oltre a obbligare le due superpotenze ad autorizzare ogni anno fino a un massimo di 18 ispezioni con breve preavviso nelle loro rispettive basi nucleari e presso le rispettive strutture di supporto. Come confermato dal ministero degli Esteri, Mosca non violerà le restrizioni quantitative. È un altro il punto che ha sottolineato Putin, secondo il quale, nelle attuali condizioni, «permettere che gli Stati Uniti ispezionino le nostre strutture di difesa suona come una sorta di assurdità». La legge per la sospensione del New Start sarà presentata alla Duma oggi. Putin si rivolge al suo popolo utilizzando espressioni molto forti: «La Russia voleva una soluzione pacifica in Ucraina per evitare l’intervento militare», dice il leader russo, «ma l’Occidente giocava con carte false. L’obiettivo dell’Occidente è portare la Russia a una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre. Non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia, ma noi raggiungeremo i nostri obiettivi. L’Ucraina voleva dotarsi di armi nucleari, non avevamo dubbi che avevano pronte operazioni punitive nel Donbass, dove già avevano fatto bombardamenti e questo era in contraddizione con la risoluzione dell’Onu. Loro hanno fatto cominciare la guerra, noi usiamo la forza per fermarla. Kiev non solo voleva attaccare il Donbass», aggiunge Putin, «ma anche la Crimea. L’Occidente ha preparato l’Ucraina a una grande guerra e oggi lo riconosce». Il riferimento di Putin, con ogni probabilità, è alle parole di Angela Merkel, ex cancelliera tedesca, e François Hollande, ex presidente francese, che recentemente hanno ammesso che gli accordi di Minsk del 2014, tra Russia e Ucraina, erano in realtà un modo per prendere tempo e consentire a Kiev di rafforzarsi militarmente. «L’Occidente ha già speso 150 miliardi di dollari in aiuti militari all’Ucraina», argomenta ancora Putin, «il flusso di denaro non diminuisce. Il popolo ucraino è ostaggio del regime nazista di Kiev, non siamo in guerra con il popolo dell’Ucraina. Negli anni Trenta l’Occidente ha aperto la strada al nazismo in Germania e adesso fa lo stesso in Ucraina. Perdona loro Signore, perché non sanno quello che fanno», attacca poi il presidente russo, «ci sono anche preti che approvano i matrimoni omosessuali. Siamo obbligati a proteggere i nostri figli e lo faremo. Proteggeremo i nostri bambini dal degrado e dalla degenerazione», avverte Putin, che sottolinea la «catastrofe spirituale in Occidente, dove la distruzione della famiglia, dell’identità culturale e nazionale, la perversione e l’abuso dei bambini, fino alla pedofilia, sono dichiarate la norma della loro vita e i sacerdoti sono costretti a benedire i matrimoni tra persone dello stesso sesso». Per quel che riguarda l’economia interna, Putin sottolinea che «l’economia russa ha superato tutti i rischi, nel 2022 il calo del Pil è stato del 2,1% rispetto alle previsioni molto peggiori del marzo del 2022. Abbiamo tutto per garantire la sicurezza e lo sviluppo del Paese. L’obiettivo strategico è portare la nostra economia a nuovi confini, è un momento di sfide e possibilità, da come le realizzeremo dipende la nostra vita. Espanderemo la cooperazione economica con altri Paesi e costruiremo nuovi corridoi logistici. Grazie a una buona bilancia dei pagamenti della Russia, non abbiamo bisogno di inchinarci e mendicare soldi all’estero». E arriva la randellata agli oligarchi sparsi in giro per il mondo, i cui beni sono stati sequestrati quando è stato possibile: «Chi ha portato i fondi all’estero», sottolinea Putin, «è stato saccheggiato, derubato, ha perso tutto, erano certo risorse legalmente detenute. Aggiungerò un semplice dettaglio: nessuno dei semplici cittadini del Paese è dispiaciuto per chi ha perso i capitali all’estero, per chi si è comprato yacht e ora ha i fondi bloccati, ma c’è una seconda scelta: lavorare per la propria patria e questi imprenditori sono tanti e qui è il futuro del business». Non manca una minaccia a chi «è sulla strada del tradimento», e un riferimento all’Italia: «La Russia sa essere amica e mantenere la parola data», sottolinea il leader russo, «non deluderà nessuno e sosterrà sempre i suoi partner in situazioni difficili, lo dimostra il nostro aiuto ai Paesi europei, come l’Italia, durante il momento più difficile della pandemia di Covid, esattamente come stiamo andando in aiuto nelle zone del terremoto».
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






