2019-07-23
Pure l’Abi smentisce i profeti di sventura: lo spread non incide sui mutui per la casa
Gli ultimi dati: il costo del credito per le famiglie è ai minimi. Ma il vero nodo resta l'accesso: serve la fiducia nel futuro.Chi legge La Verità sa cose che i lettori di altri giornali non sanno perché quelli semplicemente non riportano i fatti come li riportiamo noi. Anzi non li riportano proprio. Sapete ad esempio che lo spread - dato dalla differenza fra i rendimenti di Btp e Bund a dieci anni - è irrilevante ai fini del costo del credito pagato dalle famiglie e dalle imprese. Sul finire del 2007 lo spread era quasi zero (intorno a 30 per essere precisi) ma il tasso di interesse medio sui mutui pagati dalle famiglie era intorno al 5,7% mentre le nuove operazioni di credito alle imprese costavano intorno al 5,5%. Oggi che lo spread è intorno a 200 (quasi sette volte quello del 2007) il costo medio dei nuovi mutui oscilla intorno all'1,8% circa mentre il costo del finanziamento alle imprese è pari all'1,3-1,4% circa. Sono i dati mensili pubblicati dall'Abi e la spiegazione è semplice. Se lo Stato a dieci anni paga oggi l'1,6% non potrò aspettarmi che le famiglie sui nuovi mutui paghino cifre molto diverse. Nel 2007 invece lo Stato pagava il 4,5% a dieci anni e nonostante lo spread fosse quasi a zero era ovvio che la famiglia che accedeva a un mutuo dovesse pagare qualcosa in più stante il diverso grado di rischio. Quindi ciò che rilevava allora come ora - ai fini del costo dei nuovi mutui - era il tasso di interesse pagato dallo Stato non lo spread. Ecco perché pagavamo il 5,7% nonostante lo spread fosse quasi zero. Ciò che la narrazione ufficiale di questi mesi ha colpevolmente dimenticato è che non esiste in Italia un problema di costo del credito bensì di accesso al credito. Provo a spiegarmi meglio. Oggi le banche italiane affogano nella liquidità avendo parcheggiato nei loro conti di riserva oltre 60 miliardi di euro in più rispetto al minimo regolamentare. Sul finire del 2008 nel pieno della crisi Lehman questa cifra era di appena 40. Ma milioni non miliardi. Situazione non diversa sul finire del 2011 mentre Mario Monti saliva al Quirinale per diventare premier nel bel mezzo di una supposta crisi finanziaria. A dir la verità più supposta che crisi. Appena 90 milioni erano le riserve in eccesso delle banche. È quindi decisamente arduo ipotizzare che il costo del credito possa crescere mentre le banche tengono fermi così tanti soldi a Francoforte che per il deposito applica loro addirittura interessi negativi. E non potrebbe essere altrimenti. La Banca centrale europea ha in questi anni attuato operazioni di forte alleggerimento quantitativo. Tradotto per i non addetti ai lavori: ha stampato moneta con la quale ha acquistato titoli di ogni tipo (soprattutto titoli sovrani) riempiendo i forzieri delle banche venditrici di quel denaro che però è in buona parte ancora parcheggiato sui conti di Francoforte che in cinque anni ha più che raddoppiato la dimensione del proprio bilancio passando da 2.000 a quasi 4.700 miliardi di euro. L'unica inflazione a essere aumentata è quella dei mercati finanziari. I prezzi delle obbligazioni sono saliti talmente tanto da far scendere il rendimento complessivo sotto lo zero. Chi oggi acquista obbligazioni della Germania per tenerle fino a scadenza mettendo insieme il capitale rimborsato alla fine con gli interessi da qui ad allora incassati non arriva a riprendere il capitale investito. Chi presta soldi alla Svizzera anche a 30 anni si ritrova nella bizzarra situazione di pagare il governo elvetico per il privilegio di avergli prestato denaro. L'Austria a 100 anni paga intorno all'1%. E si stima che oltre un quinto delle obbligazioni circolanti abbia un rendimento negativo contro lo zero per cento del 2015. Mentre appena il 5% dei bond emessi rende oltre il 5% contro una quota del 50% nel 2009. È la follia monetaria. Che vista dagli occhi di un'impresa italiana si traduce invece in credito zero. E qui veniamo al paradosso. Imprese e famiglie nel loro complesso hanno infatti visto scendere in due anni il credito loro erogato da 1.390 a poco più di 1.290 miliardi. Anche qui, non potrebbe essere altrimenti. Per quanto strano possa sembrarvi l'ultima cosa che serve alle banche per prestare soldi sono proprio i soldi. Serve la fiducia nel futuro mancando la quale non si eroga denaro temendo nuove insolvenze mentre l'ultima cosa che le imprese vogliono fare in una fase di incertezza è investire. Manca quindi la domanda. La politica monetaria è come una corda dicevano una volta gli economisti. Puoi usarla per tirare non per spingere. Togliendo la moneta dalla circolazione puoi alzare cioè i tassi raffreddando l'economia, se necessario. Ma immetterla per abbassare i tassi non farà necessariamente ripartire l'economia a meno che questa moneta non venga spesa. E l'unico che può spendere in momenti di crisi è lo Stato, a meno che non si trovi incastrato dentro il fondamentalismo contabile dell'Unione europea. Auguri.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco