2020-02-04
Prescrizione, il governo è in stallo messicano
Prosegue lo scontro tra Italia viva e M5s. Matteo Renzi minaccia defezioni e si prende gli insulti dei grillini. Ma punta a rimandare tutto di un anno. L'altra carta in mano al Bullo è l'eventuale appoggio della proposta di Forza Italia. Mentre i dem stanno a guardare.Brucia la miccia della bomba prescrizione. E brucia veloce: si alimenta con le polemiche interne alla maggioranza giallorossa, e ogni giorno di più si avvicina alla mina, pronta a esplodere nella chiglia del governo. È da settembre che la maggioranza cerca di risolvere il busillis del blocco della prescrizione, la norma bandiera del Movimento 5 stelle che il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, a fine 2018 aveva ficcato nel decreto «Spazzacorrotti» (votato anche dalla Lega, all'epoca partner del governo gialloblù) ed è poi divenuta operativa dal gennaio 2020. Il blocco grillino della prescrizione, che scatta dopo la sentenza di primo grado, viene però criticato da magistrati e giuristi perché tende ad allungare all'infinito i tempi del processo: senza il pungolo del rischio prescrizione, nessun tribunale deve più correre alla ricerca del risultato. Non per nulla, Carlo Nordio l'ha definito «un peccato mortale», e all'inaugurazione dell'anno giudiziario vari procuratori generali hanno ventilato rischi d'incostituzionalità. Per tutto questo, il blocco non piace ai garantisti del Partito democratico e viene ancor più criticato da Italia viva, il partitino di Matteo Renzi. Il problema è che la maggioranza ne discute da settembre, ma una serie di vertici non ha prodotto il minimo risultato. Così Renzi ora si è deciso a lanciare l'ultimatum: «Se il ministro della Giustizia vuole forzare», ha scritto ieri sul suo blog, «sappia che almeno in Senato non ha i numeri». Galvanizzato dalla prima assemblea nazionale di Italia viva, Renzi è stato durissimo: «Abbiamo detto a Bonafede che non può andare contro tutti, e che il suo blocco viola i principi costituzionali».La via d'uscita di Italia viva? Il «trucco» proposto dalla deputata Lucia Annibali, firmataria di un emendamento al decreto Milleproroghe che punta a rinviare di un anno, al gennaio 2021, l'entrata in vigore del blocco della prescrizione. «Rimandiamo gli effetti della riforma e intanto discutiamone», ha insistito Renzi. L'alternativa è che al Senato i suoi parlamentari votino con l'opposizione, imitati magari dall'ala garantista del Pd, convergendo sulla proposta di legge di Enrico Costa, deputato di Forza Italia. La sua norma cancellerebbe del tutto il blocco grillino della prescrizione e il 28 gennaio era arrivata in Aula alla Camera, ma poi non è stata messa ai voti da un'irrituale decisione della maggioranza, che l'ha respinta alla commissione Giustizia da dove veniva. Il 24 febbraio, però, la proposta tornerà in Aula. «Se la voteranno», dice Costa, «potremo affossare insieme una legge incostituzionale e dannosa». Intanto è in ballo anche un testo di legge del Pd, che punta a trasformare il blocco della prescrizione in una sospensione: per due anni nel giudizio d'Appello e per un anno in Cassazione. Anche la soluzione del Pd potrebbe tornare d'attualità.All'avvertimento di Renzi, comunque, il ministro della Giustizia ha risposto a muso duro: «Non accetto ricatti e minacce da nessuno, e vado avanti», gli ha rinfacciato Bonafede. Poi gli ha dedicato una frase a sfregio: «Qualcuno dovrebbe finalmente rendersi conto di non essere più al governo con Angelino Alfano e Denis Verdini…». Poteva finire qui, ma l'ex premier, ospite di La 7, ha voluto avere l'ultima parola: «Verdini non c'era nel mio governo, Alfano era il ministro dell'Interno del mio esecutivo, mentre Bonafede ha approvato questa legge con Salvini. Io tra Alfano e Salvini non ho alcun dubbio: sto con Alfano tutta la vita». La tempesta di dichiarazioni ieri è andata avanti per ore. Barbara Lezzi, senatrice grillina, è arrivata a evocare («se necessario») le elezioni anticipate: ha aggiunto che Renzi «è un pagliaccio» e «un ballista che mette impunità e ingiusta detenzione sullo stesso piano». Il reggente del Movimento, Vito Crimi, ha confermato pieno appoggio a Bonafede: «Sapevamo che avremmo incontrato forti resistenze: significa che siamo sulla strada giusta. Non possiamo fermarci, andiamo avanti».Il Pd, intanto, si agita soprattutto per le sorti del governo. Così il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è detto «sicuro si possa trovare una sintesi», e il segretario Nicola Zingaretti ha insistito con nuovi, improbabili vertici di maggioranza: «Le vie d'uscita si trovano così». Un vero miracolo d'equilibrio, Zingaretti: ha detto anche che «se non si trovassero soluzioni, andremo avanti con la nostra proposta», precisando però che «è un'iniziativa che punta a trovare soluzioni, non a rompere o distruggere». Un po' più duro con i grillini, nel Pd, è parso Andrea Orlando, l'ex Guardasigilli oggi vicesegretario: «L'assurda polemica tra Italia viva e Bonafede», ha sospirato, «rischia di coprire le critiche ragionevoli venute dai vertici della magistratura all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Occupiamoci di queste, e riprendiamo il confronto». Il risultato generale, comunque, è che la nave del governo sbanda sempre più pericolosamente mentre la miccia continua a bruciare. Ieri anche Matteo Salvini ha soffiato sul fuoco: «La Lega», ha dichiarato via Facebook, «è a disposizione di chiunque, tra maggioranza e opposizione, voglia seriamente lavorare perché tutti i processi abbiano un inizio o una fine e perché non siamo tutti sotto processo a vita: sarebbe una barbarie». Il segretario leghista ha anche ricordato che l'accordo col M5s per il sì al blocco della prescrizione, nel 2018, «prevedeva una riforma del processo penale» per l'accelerazione dei processi «che si è persa nei meandri del Parlamento e di Palazzo Chigi». Salvini ha concluso: «Speriamo che il signor Conte, al di là degli insulti a me e alla Lega, riesca ad avere tempo per dedicare un po' di attenzione alla riforma del codice».