Le risorse «salvifiche» si disperdono in mille rivoli anziché andare a cantieri davvero strategici per il Paese. Hanno avuto luce verde pure un servizio di etnopsichiatria da 5 milioni e il Museo del giocattolo medioevale 2.0.
Le risorse «salvifiche» si disperdono in mille rivoli anziché andare a cantieri davvero strategici per il Paese. Hanno avuto luce verde pure un servizio di etnopsichiatria da 5 milioni e il Museo del giocattolo medioevale 2.0.Sembra più una mano di poker. Di quelle avvincenti dove i quattro assi battono il colore o il full di re. Invece è un giro di briscola; però itinerante. Lo scopo è senz’altro nobile. Una delle tante «attività di socializzazione rivolte ad anziani del territorio montano». Uno dei 2.177 progetti già ammessi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Meglio noto come Pnrr. Un bel piano quinquennale di sovietica memoria calato dall’alto (cioè da Bruxelles) e riempito dal basso. In tal caso dai Comuni di Frassinoro, Montefiorino, Palagano e Prignano sulla Secca nel modenese. Siamo nell’Unione Comuni distretto ceramico. Il piatto è di quelli tosti, 222.190 euro. Si parla di fornitura di beni e servizi. Con tanto di cronoprogramma: 97.296 euro nel 2023, 83.276 nel 2024, 41.638 nel 2025. Un bel giro briscola e passa la paura. Per carità, ogni iniziativa che consente agli anziani di socializzare e divertirsi è quanto mai meritoria. È solo che noi il Pnrr ce lo saremmo immaginati un po’ diverso, ecco. Invece ci ritroviamo impastoiati nella «la riqualificazione dei campi da tennis» nel comune di Montenero di Bisaccia in Molise per 265.000 euro. Niente male per una regione che «non esiste» e per una città che ha dato i natali ad Antonio Di Pietro. Solo uno dei tanti progetti inseriti nella lista di 112 pagine delle proposte approvate per il «Potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità». Per non parlare dei 300.000 euro per i soliti fighissimi campi da padel. Questa volta a San Vigo di Cadore in Veneto. Non sia mai! «Mens sana in corpore sano», dicevano i latini. Lo sport è salute. Ma da questo popò di piano ci saremmo attesi non dico i cosiddetti treni a lievitazione, che proprio perché non toccano terra possono raggiungere velocità che vanno fra i 600 e gli 800 chilometri orari e i cui test sono attualmente in corso nella città di Changchun in Cina grazie ai superconduttori ad alta temperatura. Però, ecco, magari qualcosa che potesse avvicinarcisi. Che ne so, qualcosa come la tratta in alta velocità che in Indonesia collegherà Jakarta e Bandung in appena 40 minuti contro le attuali tre ore grazie a treni capaci di viaggiare fino a 350 chilometri orari. E invece sembra, secondo quanto riportato dall’economista Michele Geraci, che dovremo accontentarci nel nostro Pnrr di un risparmio di 15 minuti su tre ore di tempo che servono a percorrere la linea che collega Orte a Falconara.Tutti dicono che dobbiamo assolutamente vincere una corsa contro il tempo per non perdere la pioggia di soldi prevista dentro il Pnrr. Ma più nel dettaglio per fare che cosa, poi, con questi soldi? Perché due premesse sono necessarie. La prima è che tutti i 190 miliardi che arrivano dall’Ue sono debito. Anche i cosiddetti soldi a fondo perduto. Il bilancio dell’Unione europea funziona infatti in modo banale. I soldi ci sono se qualcuno ce li mette. E questo qualcuno sono gli Stati membri. Dei quasi 70 miliardi che dovremmo ricevere come sussidi, una buona parte dovremo inviarli a Bruxelles che, dedotta la cresta (pardon, le spese di funzionamento), poi li redistribuirà - bontà sua - agli Stati beneficiari. Nella migliore, ma proprio migliore, delle ipotesi dovremo darne un po’ meno. Ma a conti fatti alla fine, secondo le stime più accurate, il beneficio netto per l’Italia sarà di circa 20 miliardi. Miliardo più miliardo meno. Questo dovrebbe essere in cinque anni il minore esborso di cui beneficeremo fra ciò che daremo e ciò che riceveremo nella partita di giro e di raggiro del Pnrr. Ben poca cosa se si considera che l’Italia è da sempre un contribuente netto dell’Unione europea atteso che dal 20001 al 2021 - secondo la Ragioneria generale dello Stato - abbiamo versato a Bruxelles quasi 331 miliardi per riaverne indietro 242. Un esborso netto di 89 miliardi cui si aggiungono i soldi immessi nel Mes e i vari prestiti bilaterali a Paesi come Grecia e Irlanda pari a 57 miliardi. Un conto complessivo che arriva a 146 miliardi, 18 milioni al giorno. In una settimana fanno un ospedale nuovo di pacca. E, in un giorno, 82 giri di briscola. Nessuno che provi poi a spiegarci cosa effettivamente siano questi progetti di investimento. A parte la non trascurabile circostanza che in un mondo normale prima si decide cosa fare e poi si sceglie come finanziarsi. Non viceversa. Non a caso pure due economisti come Roberto Perotti e Tito Boeri ieri, dalle colonne di Repubblica, non hanno potuto fare a meno di dire la loro su questo bislacco modo di ragionare. Quello secondo cui bisogna affannarsi a spendere subito ciò che, ad esempio, una struttura come Rete ferroviaria italiana ha pianificato di fare in più anni. La naturale conseguenza sarà una lievitazione dei prezzi con conseguente impossibilità di realizzare ciò che ci si è prefisso di fare nel piano con quei dati soldi. Infatti, tutti i Comuni assegnatari dei fondi hanno la certezza di non poter portare a termine le loro opere - dati gli aumenti dei costi - coi soli soldi del Pnrr. E, sempre detto fra noi, provare a descrivere un piano dove ci sono da valutare oltre 170.000 progetti (171.610 secondo l’Osservatorio Pnrr, The European house Ambrosetti) è impresa decisamente impossibile. Il rischio, anzi la certezza, che dentro questo piano finiscano progetti quanto meno discutibili è sicuramente elevato. Direi certo. Uno sforzo di trasparenza è cosa quanto mai doverosa. Non fosse altro perché, ad esempio, il comune di Tripi in Sicilia ha ottenuto la bellezza di 300.000 euro per un intervento denominato «testo inviato via mail come concordato». Proprio così. Questo è il titolo del progetto come riportato in Gazzetta Ufficiale. Magari sarà l’opera più meritoria di questo mondo. Ma un po’ di curiosità ce l’abbiamo. Oppure ci piacerebbe sapere cosa si cela dietro l’intervento «messo a terra» (come va di moda dire oggi) dal Consorzio servizi sociali dell’Ovadese in provincia di Alessandria che ha ottenuto la bellezza di due milioni di euro per un progetto denominato Tic. Proprio così, Tic. Qualcuno potrebbe pensare però che in finale basta spendere. L’economia gira anche così. John Maynard Keynes era solito provocare i suoi alunni sostenendo che pagare gli uomini per scavare buche da riempire subito dopo con la terra estratta fa Pil. La boutade coglie nel segno. Ma rimane il fatto che spendere 10 miliardi di euro per costruire il ponte sullo stretto di Messina piuttosto che pagare un esercito di forestali che guardano gli scoiattoli con il binocolo non è proprio la stessa cosa. Tanto che sono stati gli stessi Mario Draghi e Daniele Franco a riportare a pagina 247 del piano come l’impatto macroeconomico atteso degli investimenti previsti nel Pnrr sia inferiore a 1. Cioè 0,9. Mi spiego meglio. Al primo anno di economia si insegna agli studenti il cosiddetto moltiplicatore keynesiano. Lo Stato nei momenti di crisi investe 1 in opere pubbliche (e questo è già di per sé Pil perché gli investimenti sono una componente del prodotto interno lordo) per ottenere un impatto sulla crescita superiore. Non inferiore. Semplificando un po’ è come se lo Stato col Pnrr investisse 100 sapendo già di riavere 90. Ma se non serve a nulla allora serve a qualcos’altro. Dice il saggio. E dalle colonne di questo giornale lo abbiamo ripetuto fino alla noia. Il Pnrr - con il suo bagaglio di riforme e pastoie - serve solo a istituzionalizzare il vincolo esterno di Bruxelles. Chiunque vinca le elezioni, deve fare quelle riforme se no niente soldi. Con buona pace della democrazia. E quindi dare addosso ai balneari e ai tassisti.
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Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
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Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.