Pd contro un’Alta corte per le toghe. Peccato che l’avesse nel programma
2025-11-20
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Com’è che dicevano? Soltanto uno come Mario Draghi avrebbe potuto spendere al meglio i soldi dell’Europa, senza sprechi, senza favoritismi e senza lungaggini. Per non sciupare la storica opportunità del Recovery Fund non si doveva lasciare l’iniziativa ai partiti: ci voleva la competenza di un tecnico come l’ex presidente della Banca centrale europea. La più potente giustificazione alla base della nascita di un governo di emergenza nazionale era questa. Eppure, a quattordici mesi dal suo insediamento il “governo dei migliori” non sembra proprio impeccabile nell’attuazione del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui l’Italia spenderà (forse) gli oltre 190 miliardi, tra sovvenzioni e prestiti, sbloccati da Bruxelles. A certificare le difficoltà nello spendere i soldi preventivati è stata giovedì la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) Lilia Cavallari, intervenendo in audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato riunite in seduta congiunta.
QUEL DEFICIT COSÌ BASSO
Il tema in discussione era in realtà il Documento di economia e finanza approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 6 aprile. In quel documento il governo riporta il dato sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche nel 2021 indicato dall’Istat due giorni prima: un 7,2% del Pil molto inferiore non solo al 9,6% registrato nel 2020 ma anche al 9,4% che il governo ancora lo scorso ottobre prevedeva per il 2021.
Ebbene, secondo l’Upb un peso importante in questa imprevista riduzione del deficit atteso l’hanno avuto proprio i ritardi nella realizzazione degli interventi collegati al Pnrr. In particolare nel 2021 sono stati effettivamente spesi 5,1 miliardi di euro invece dei 13,7 miliardi previsti. Non basta: di quei 5,1 miliardi, secondo l’ufficio che vigila sulla finanza pubblica, «la maggior parte» è stata destinata a «progetti già in essere (e quindi finanziati tramite prestiti sostitutivi, senza impatto sul deficit), secondo quanto indicato dal ministro dell’Economia nella sua audizione sul Pnrr tenuta presso alcune commissioni parlamentari della Camera e del Senato nello scorso febbraio».
E mentre la spesa per gli interessi sul debito pubblico rimaneva «stabile al 3,5% del pil», a determinare un indebitamento annuo meno alto delle previsioni è stato anche un altro fattore tutt’altro che positivo: infatti pure molte misure di sostegno all’economia, prese per contrastare gli effetti della pandemia, sono state in realtà inferiori a quanto preventivato, «come del resto già accaduto nel 2020», nota l’Upb.
Se nel 2021 l’Italia non è partita con la velocità di uno sprinter nell’investire i soldi del Pnrr, in questo 2022 si sono levate molte voci che chiedono al governo addirittura di riscrivere il piano, tenendo conto dell’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Una sollecitazione che parte soprattutto da Confindustria (secondo Carlo Bonomi il Pnrr va modificato e allungato temporalmente), dall’Ance (qualche giorno fa il presidente dell’associazione dei costruttori Gabriele Buia ricordava al sussidiario.net che molte delle opere finanziate dal Pnrr «sono già iniziate da tempo», in alcuni casi programmate anche vent’anni fa, e «con questi ritardi, oggi scontano tutte prezzi talmente vecchi che non è più possibile eseguirle. Senza dimenticare le opere pubbliche in corso di realizzazione a livello territoriale, le manutenzioni stradali e quant’altro: un’enormità») e da alcuni governatori.
BANDO DESERTO
Luca Zaia, per esempio, considera la rinegoziazione del Pnrr «urgente»: «Oggi, prima ancora di essere pienamente adottati, questi progetti rischiano di essere fuori dal tempo», diceva il presidente della Regione Veneto un mese fa al Corriere della Sera. «Molti dei progetti previsti rischiano di non tener conto della bufera in arrivo». Parlava a ragion veduta, visto che giusto ieri il Corriere del Veneto dava conto di un bando, quello per l’alta velocità da Brescia a Vicenza, andato deserto per l’aumento spropositato dei costi di ferro, acciaio e calcestruzzo. Un tratto dell’opera è incluso nei finanziamenti del Pnrr (5 miliardi di euro), ma a patto che venga completato entro il 2026.
«Proponiamo di istituire con legge di revisione costituzionale un’Alta corte competente a giudicare le impugnazioni sugli addebiti disciplinari dei magistrati e sulle nomine contestate». La citazione sopra riportata non proviene da un documento elettorale del centrodestra o da un intervento pubblico del guardasigilli Carlo Nordio, bensì dal programma elettorale del Pd alle elezioni politiche del 2022. Eppure, nonostante questo, durante l’approvazione della riforma della giustizia varata dal centrodestra, i dem, contrari al pacchetto di modifiche varato dalla maggioranza, hanno lanciato strali anche contro questo punto, dimenticandosi che era parte del loro programma. «Si vuole costituire una magistratura giudicante e una magistratura requirente come due corpi separati e culturalmente distanti, selezionati da due concorsi diversi, con due Csm distinti e con un’Alta corte disciplinare che risponde a logiche esterne alla magistratura stessa.
Papa Leone XIV ha risposto ai giornalisti che si trovavano a Castel Gandolfo martedì sera e si è espresso su vari argomenti: la pace in Ucraina, le stragi in Nigeria, i suoi progetti di viaggi apostolici per il 2026 e anche delle sue abitudini quando soggiorna a Villa Barberini. Tra temi trattati c’era anche la gestione dell’immigrazione negli Stati Uniti. Come scritto da Vatican News, il Santo Padre ha commentato la dichiarazione sui migranti pubblicata, giovedì scorso, della Conferenza episcopale statunitense.
«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente.
