Le borse francesi Lancel diventano italiane

Le borse francesi Lancel diventano italiane
Studio Errani
  • La griffe, acquistata dal gruppo Piquadro che controlla anche The Bridge, ha svelato a Parigi la prima linea dopo la rivoluzione Il presidente: «Puntiamo sui mercati asiatici. Rivitalizziamo i modelli storici con colore e dinamismo per conquistare i millennial».
  • Rochas riscopre l'eleganza con volumi maxi e tessuti preziosi per il giorno, mentre Chanel va in passerella per la prima volta dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld.
  • Kenzo rende omaggio al suo fondatore, ripescando dagli archivi stampe divertenti e colorate. Senza dimenticare l'amatissima tigre.

Lo speciale contiene gallery della Settimana della moda parigina


A volte le cose vanno al contrario rispetto alla norma. Tanto da diventare una notizia nella notizia. Capita con Marco Palmieri, patron del gruppo Piquadro, che, con una mossa delle sue, è riuscito a cambiare il verso a un andazzo che vede sempre l'Italia penalizzata con stranieri che fanno incetta di marchi nostrani. «Da azienda monobrand, sana e in salute che produce cassa» racconta Palmeri «ci siamo chiesti, cosa ci fosse in giro visto che siamo industriali e che abbiamo la capacità produttiva. Sfruculiando nel portafoglio delle multinazionali s'è trovato Lancel, e abbiamo chiesto subito a Richemont se ce la vendeva. Perché no, ci hanno risposto, per noi è un po' piccola».

In pratica, uno tra i più grandi gruppi del lusso mondiale che in portafoglio detiene nomi come Cartier, Van Cleef & Arpels, Vacheron Costantin, Piaget e Montblanc ha dato il suo ok. E una maison qual è Lancel, fondata da Angèle e suo marito Alphonse Lancel nel 1876 a Parigi, è diventata italiana. Già la storia è di grande fascino dagli accessori per fumatori alle borse scelte per tanti film famosi, dai rapporti con artisti parigini come Edith Piaf, Maurice Chevalier e Josephine Baker fino alle borsette disegnate da Salvador Dalì, e Dalì, per la moglie e la musa Gala. E si va oltre. L'attrice Isabelle Adjani, musa del marchio, con Lancel ha creato una sua linea di borse e non manca quella ispirata a Brigitte Bardot, la BB, dove l'attrice partecipò attivamente al disegno e alla realizzazione della borsa. Ma prima di Lancel, Palmieri si era mosso verso un altro marchio. Il 2016 era stata la volta di The Bridge. «Abbiamo iniziato da The Bridge e in due anni siamo riusciti velocemente a riposizionare un marchio che perdeva un sacco di soldi e stiamo facendo un sacco di cose. Il percorso in avanti non è finito, ma, senza dubbio, ora è stabilizzato e sta crescendo».

Se la Settimana della moda milanese è stata l'occasione per mostrare il nuova showroom del gruppo (Piquadro, The Bridge e Lancel), quella di Parigi ha rappresentato la cornice ideale per entrare nel dettaglio della nuova collezione Lancel presentata nella storica casa in Place de l'Opéra, ancora una volta, palcoscenico perfetto che non ha mai cambiato il suo volto fin da quando la maison ci arrivò nel 1929. «In questi primi mesi dall'acquisto ci siamo dati la missione di andare verso i Millennials con più dinamismo, più colore, più creatività, più velocità. Abbiamo le capacità produttive per farlo, abbiamo tenuto la francesità assoluta, infatti team creativo, marketing di prodotto, qualità controllo sono a Parigi mentre la produzione di The Bridge a Scandicci, in Toscana, nel cuore della pelletteria. Quindi totalmente made in Italy però con il quid francese. Abbiamo trovato un direttore creativo giovane e un direttore artistico con fascino francese, un team multiculturale, molto young». È Barbara Fusillo, con esperienze da Miu Miu e Marc Jacobs, a guidare il team. «La prima collezione è molto frizzante. Straordinario è l'archivio, si può immaginare cosa sia stato prodotto in quasi un secolo e mezzo. È ovvio che si attinga molto da lì per guardare a nuove idee. Parliamo di migliaia di prodotti tutti catalogati e mappati. Alcune chiusure storiche le abbiamo già recuperate così come molte creazioni Art déco che rappresenteranno il futuro di Lancel». Grande attenzione anche ai mercati. »Ci siamo dati l'obiettivo di distribuire poco e niente wholesale e di sviluppare molto bene il retail diretto ma soprattutto concentrarci sull'Asia, fare un po' di clienti in Europa "top of the top". Non abbiamo necessità di crescere molto ma con una serie di meccanismi visto che l'azienda va bene non vogliamo diluirla. Siamo già a buon punto».

Senza dubbio, alla base del successo, c'è un'azienda che dimostra, ormai da tempo, visioni strategiche e di percorso più che positive. Il Gruppo Piquadro ha archiviato i primi nove mesi dell'esercizio chiuso il 31 dicembre 2018 con ricavi pari a 107,3 milioni di euro, in crescita del 50,5% rispetto all'analogo periodo nell'anno fiscale precedente, a quota 71,3 milioni di euro. L'aumento del fatturato è stato determinato dall'introduzione nel perimetro di consolidamento della maison Lancel, dall'aumento del 2,5% delle vendite a marchio Piquadro e dall'incremento del 13,8% delle vendite di The Bridge. «Abbiamo grandi aspettative per Lancel» dichiara Palmieri. «Lo straordinario patrimonio di una maison nata a Parigi 143 anni fa rappresenta un grande potenziale che ci auguriamo di valorizzare, grazie alla sua integrazione in un gruppo specializzato nella pelletteria di qualità e con una produzione made in Italy».

Piquadro

La Ville Lumiére saluta Lagerfeld. Chanel debutta senza il Kaiser

Lo chiamano fashion month: inizia a febbraio con le sfilate di New York, passa da Londra, attraversa Milano e approda, per concludersi a Parigi. Intanto è arrivato il 5 marzo, data in cui la moda per il prossimo inverno 2019/2020 abbasserà definitivamente la cleir per riavvolgerla a settembre. Stessa manfrina, stesse città, stesso ordine. La Paris Fashion Week, con le date più lunghe di tutte le altre settimane (non a caso a Milano sono state tante le polemiche per un calendario troppo compresso, sfilate fondamentali nella stessa giornata, indossatrici contese e problemi annessi), è iniziata il 25 e, come detto, si concluderà martedì prossimo. Una settantina di sfilate, ancora più presentazioni: la Ville Lumière affascina come sempre. In passerella: Dior, Saint Laurent, Celine, Hermès, Givenchy, Valentino, Rochas, Giambattista Valli, Balmain, Hermes, Vuitton, Miu Miu. Il defilè più importante della stagione è senza dubbio Chanel, che dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld ha affidato il timone della maison a Virginie Viard. Tutta la città è un ricordo: dai fiori ai bigliettini nelle tante boutique agli innumerevoli omaggi. D'altronde Kaiser Karl era sempre protagonista e tutti sono in attesa di vedere cosa accadrà il 5 marzo alle 10,30, data e orario della sfilata, nell'immenso Grand Palais dopo che sotto la sua guida si era assistito a veri e propri spettacoli e allestimenti da lasciare a bocca aperta: una spiaggia ricreata ad hoc, un gigantesco iceberg, una villa con tanto di giardino all'italiana e poi il finto supermercato, il finto aeroporto, il finto casinò. Infine alla Settimana della moda parigina presenzierà un altro nome illustre: Tommy Hilfiger. Lo stilista-star sfilerà per la prima volta durante nella città dell'amore. In quell'occasione, Tommy svelerà la sua collaborazione con l'attrice e cantante statunitense Zendaya.

Diversi sono i nomi francesi guidati da stilisti italiani. Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di Dior, si è concentrata sulle «teddy girls», controparte femminile dei «teddy boys», una delle prime sottoculture inglesi. E Dior ha amato tantissimo la Gran Bretagna. La collezione ha preso spunto dalla Christian Dior: Designer of Dreams, attualmente in scena al Victoria & Albert Museum di Londra, che include una stanza con l'abito che Dior ideò per il ventunesimo compleanno della Principessa Margaret nel 1951, quello che indossava quando è stata fotografata da Cecil Beaton. «Margaret è sempre stata una principessa ribelle. Scegliere Dior, e non un designer britannico, a quell'epoca era considerata una ribellione. E questo mi ha fatto riflettere», ha spiegato la Chiuri in un'anteprima pre-sfilata. Una linea che diventa un racconto femminista con tanto di t-shirt con la scritta "sisterhood is powerful" ('La sorellanza è potente'), indossata con la gonna in tartan rosso del clan Stewart.

Alessandro Dell'Acqua per Rochas ritorna invece alle radici del marchio creato da Marcel Rochas nel 1925, poi rilanciato da sua moglie Hélène nel 1955. In un'epoca volta allo streetwear, lo stilista napoletano inverte il timone, affermando che «è tempo di riappropriarsi della propria immagine e personalità senza rincorrere le tendenze».Così dai primi passaggi, ci si concentra semplicemente e senza cliché sullo spirito couture della maison francese. Dominano le lavorazioni complesse come la lana trattata a piuma, i volumi XXL e i drappeggi romantici che conferiscono leggerezza, l'utilizzo di costruzioni precise per le giacche baschina. Grande ricorso ai tessuti preziosi come pizzo, tulle e organza che funzionano di giorno come di sera. I tailleur di lana bouclé, illuminati di frange di resina come fossero gioielli in gaietto, sottolineano gli ampi spacchi e la costruzione di ogni capo.

Il nero, colore preferito dalle parigine, è onnipresente. Ma anche tabacco, blu di Prussia, rosa cipria. Stephen Jones, special guest della stagione, rivela l'estetica dei look da giorno con i suoi scultorei cappelli di resina nera. Le borse, infine, sottolineano lo stile da sera e prettamente femminile del marchio: micro, a gioiello, di velluto di raso e ricoperte di strass.

Kenzo omaggia il lato più fantasioso del suo fondatore nella nuova collezione

A Parigi si festeggia il nuovo capitolo di Kenzo con la collection Memento. Per la quarta edizione di questa collezione dedicata alla rivisitazione degli archivi della maison, Kenzo offrirà ai propri fan e clienti l'opportunità di acquistare i capi a partire dal giorno seguente la presentazione della collezione.

Come per ogni capitolo è stato scelto un elemento tratto risalente al periodo del fondatore della maison Kenzo Takada. Il tema della collection Memento Nº1 sono state stampe floreali e ruches, la numero due è stata un'ode al lancio di Kenzo Jeans e per la terza edizione la maglieria. Per la collection Memento Nº4 sono state scelte alcune delle grafiche e stampe più originali e vivaci della maison. Si celebra quindi il lato più fantasioso e divertente di Kenzo Takada, la sua sistematica capacità di portare un atteggiamento dissacrante al mondo della moda e, ancor più importante, il suo amore per il cibo e l'intrattenimento. Capi stampati iconici, immediatamente riconoscibili, formano la base della collezione. La passione per la tigre, simbolo di forza e potere, è sempre presente. Tigri fotorealistiche aerografate (collezione uomo Primavera-Estate 1991) appaiono in due versioni di colore, blu o marrone, su vari modelli di t-shirt, maglie o camicie in popelin di cotone per uomo e donna.

Per presentare la collezione, Kenzo e il regista Partel Olivia hanno invitato il coreografo e direttore di scena Paul Sadot e il coreografo Nqobilé Danseur a lavorare su una creazione comune basata sull'unione di diverse tradizioni.

Il capo della Cei cerca operai a basso costo
Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...

Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».

Il Carroccio inchioda i sindacati: «Sette mobilitazioni a novembre e dicembre. L’80% delle proteste più grosse si è svolto a ridosso dei festivi. Rispettino gli italiani».

È scontro politico sul calendario degli scioperi proclamati dalla Cgil. La Lega accusa il segretario del sindacato, Maurizio Landini, di utilizzare la mobilitazione come strumento per favorire i cosiddetti «weekend lunghi», sostenendo che la maggioranza degli scioperi generali indetti nel 2025 sia caduta in prossimità di giorni festivi o di inizio e fine settimana.

Meloni: «Con me, mai patrimoniale». I dem reclamano ma Conte li molla
Giorgia Meloni (Ansa)
L’inquilina del Nazareno prova ad attaccare il premier: «Aiuta i più ricchi». Il leader del M5s però la lascia sola a inseguire Maurizio Landini: «Imposta non all’ordine del giorno». Idea della Lega: flat tax al 5% per gli under 30.

Non pare vero alla sinistra di avere ora un modello Oltreoceano a cui ispirarsi. La vittoria di Zohran Mamdani a New York, con la sua ricetta di tassare i ricchi, ha ridato forza alla Cgil per riaprire il dibattito sulla patrimoniale. Il tema che fa parte del Dna della sinistra torna ciclicamente, fa capolino ogni volta che c’è da cannoneggiare una manovra economica considerata poco generosa con i ceti meno abbienti. E il programma con cui Mamdani è riuscito a conquistare la Grande Mela, che ha come pilastro un prelievo sui grandi patrimoni, è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, l’ha colta al volo e, cavalcando l’ondata di entusiasmo che il neo sindaco ha scatenato nella sinistra, ha ritirato fuori dal cassetto la proposta di una patrimoniale. Ovvero, un contributo straordinario dell’1% sui patrimoni superiori ai 2 milioni di euro. Secondo il sindacato, garantirebbe entrate fino a 26 miliardi di euro da destinare a sanità, scuola e lavoro. Il retropensiero di Landini è che se la proposta ha mietuto consensi nella capitale americana del business, si può rilanciarla in Italia, dove i soldi scarseggiano e la coperta dei finanziamenti è sempre corta. Tanto più che, secondo la narrazione del sindacalista, il governo si appresterebbe a stornare le poche risorse disponibili dalla sanità alle spese militari.

La parabola di Aimo Moroni parte dal pollaio
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.

È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.

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