2023-10-06
Parigi e Berlino litigano sull’atomo. Riforma del mercato elettrico ferma
I francesi spingono per usare gli aiuti pubblici anche per ammodernare gli impianti esistenti, ma i tedeschi sono contrari. Lo stallo penalizza pure l’Italia. Incontri tra Emmanuel Macron e Olaf Scholz per trovare un compromesso.La riforma del mercato elettrico europeo in discussione a Bruxelles è in stallo da mesi. Un nodo complesso da sciogliere soprattutto perché due tra gli attori più importanti, Francia e Germania hanno grosse difficoltà a confrontarsi sul tema. A impantanare il dialogo il contrasto irrisolto, e forse irrisolvibile, sul nucleare francese. Berlino non è d’accordo circa gli aiuti di Stato sull’energia nucleare, mentre Parigi naturalmente lo è. Fondamentalmente è per questo che dallo scorso marzo non si muove nulla. Tecnicamente, la discussione verte sulla richiesta francese di poter utilizzare i sussidi anche sugli impianti nucleari esistenti, mentre i tedeschi dicono che questi devono essere riservati ai nuovi investimenti e non agli impianti già ammortizzati. Quindi secondo i tedeschi i sussidi dovrebbero essere riservati esclusivamente ai nuovi investimenti.Insomma, la tensione tra i due Paesi è notevolmente alta, per lo meno per quanto riguarda i temi energici. Assurdo pensare che per decenni Francia e Germania si sono sostenute a vicenda proprio su questo. Mentre la prima, da De Gaulle in poi, ha portato avanti con costanza e determinazione la strategia del nucleare, la Germania l’ha invece gradualmente abbandonata in favore del gas di cui è diventata grande sostenitrice e consumatrice. La guerra in Ucraina e quindi la fine degli scambi con Mosca insieme alle politiche green hanno cambiato tutto. La Germania si è trovata improvvisamente priva di fonti energetiche sufficienti a mandare avanti il Paese e anche adesso si trova in difficoltà: abbandonare il nucleare così in fretta è stato un errore. Basti pensare che nel mix energetico francese il nucleare occupa il 62% della produzione totale di energia, mentre in Germania appena il 6%. In questo scenario è facile comprendere perché la riforma del mercato elettrico europeo diventi particolarmente importante, si tratta di decidere nero su bianco chi verrà avvantaggiato e chi no. Berlino oltretutto critica il fatto che i francesi vendano una quota dell’energia prodotta dalle centrali nucleari ad un prezzo amministrato, perché questo mette a rischio il mercato unico europeo. Di contro Parigi sostiene che è giusto che paghino meno a fronte degli investimenti fatti negli ultimi decenni. Eppure lo scontro sul nucleare non nasce con la necessità di riformare il mercato elettrico europeo: anche la legge sulle energie rinnovabili divide i due Paesi.Parigi punta a far includere nel dossier incentivi più consistenti per l'energia atomica. Secondo numerosi Stati però le centrali nucleari, pur essendo a bassissimo contenuto di carbonio, non rientrano nella categoria delle rinnovabili e dovrebbe essere trattata separatamente. Una manciata di Paesi avrebbe deciso quindi di unirsi, prima dell’estate, sottoscrivendo una dichiarazione in cui si chiede alla Svezia, che detiene il semestre europeo, di smettere di ascoltare Parigi per portare fino in fondo la legge sulle rinnovabili. A guidare gli Stati firmatari (Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda, Slovenia, Belgio, Austria, Portogallo e Lituania) naturalmente c’è la Germania. Parigi poco prima dell’estate ha tirato fuori anche delle critiche nei confronti del presidente della commissione europea, la tedesca Ursula Von der Leyen. Secondo i francesi starebbe venendo meno al suo compito di difesa della «neutralità tecnologica» delle varie fonti energetiche a basso contenuto di carbonio, allineandosi agli interessi del suo paese d’origine. Ad alimentare questo sospetto, le stesse dichiarazioni di Von der Leyen che ha detto che il nucleare «non è strategico» per il futuro, a differenza di solare, eolico e idrogeno.Finora è stallo dunque ma sono in programma una serie di incontri nelle prossime settimane tra il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.Tra i due litiganti c’è il resto del mondo, quindi l’Europa ma anche l’Italia che ancora non ha deciso di schierarsi, anche se già si era espressa a favore del nucleare. Lo scorso marzo infatti il nostro governo a Bruxelles ha partecipato alla riunione dell’alleanza dei dieci Paesi che sostengono l’energia atomica disertando invece quella degli Stati che vogliono le fonti green. L’Italia potrebbe decidere di schierarsi per ottenere appoggi in altri campi, ma ancora non l’ha fatto. Questo stallo rischia di tenerci fuori dalla partita quando in realtà sarebbero molte le mosse a disposizione. Rimanendo nel campo energetico avrebbe bisogno di un sostegno per quanto riguarda il biofuel. Dopo lo stop al diesel e benzina dal 2035 con la contestata legge approvata dall’Europarlamento, il nodo del contendere è diventato l’inclusione dei carburanti Co2 neutri che permetterebbe di far sopravvivere il motore a scoppio. Un primo risultato si è avuto con il parere positivo Commissione Industria al Parlamento europeo in cui è stata approvata la prima definizione europea di Carburanti CO2 neutri includendo i biofuels chiesti dall’Italia accanto agli e-fuels promossi dalla Germania. Ma non solo, perché l’Italia ha bisogno di fare asse anche sulla revisione del patto di stabilità che se tornasse anche vagamente simile a quello in vigore fino alla pandemia, rappresenterebbe un ostacolo insormontabile per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. La discussione tra Francia e Germania investe in modo indiretto anche altri argomenti: dal patto di Stabilità, anche quello da riformare (o meglio da reinserire sembrerebbe) alla discussione su un supplemento al bilancio semestrale europeo il quadro finanziario pluriennale, Qfp, (c’è di mezzo anche la spesa per l’Ucraina). Il risultato è un Europa paralizzata, il che, se non fa danni, potrebbe non essere per forza una cattiva notizia.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)