2025-05-17
Il pontefice scomunica il riarmo: «Ora basta strumenti di morte»
Il Santo Padre indica ai diplomatici una via opposta a quella dei volenterosi: «Occorre sradicare ogni volontà di conquista». Poi fa chiarezza sulla famiglia: «È fondata sull’unione stabile tra uomo e donna».Incontro Papa-Vance, Parolin conferma: «Protocollo al lavoro, è una questione di tempi». Oltre al vecchio screzio sui migranti, la sintonia sulla carta riguarda Cina, aborto e lotta alle follie woke.Lo speciale contiene due articoli.L’incontro di ieri con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ha permesso ancora una volta di notare che Leone XIV sfugge a ogni tentativo di arruolamento come, invece, si affannano in molte redazioni, tentando di precettarlo per garantire che sarà una fotocopia di Francesco (ammesso che ciò significhi qualcosa), oppure, come ha fatto La Stampa, dipingendolo come Papa dal profilo «atlantista». Ieri il Papa ha rimandato al mittente tutti gli intruppamenti non richiesti. Ha parlato di necessità della pace, come ha fatto in ogni sua uscita, legandola però ancora una volta «alla pace di Cristo», quella che pacifica i cuori perché, ha detto, è a partire da qui che si sradicano «l’orgoglio e le rivendicazioni». Sebbene questo messaggio passi a fatica, il tentativo di arruolare Leone XIV come «atlantista» o fan dei cosiddetti «volonterosi», è un pio esercizio di un’altra chiesa, ma non quella del Papa. «L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo», ha detto Robert Francis Prevost. E ancora: «Occorre smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte», citando papale-papale proprio quel Francesco di cui ci si preoccupa che sia in continuità.La via della Santa Sede è la via della diplomazia, senza essere chierichetti di nessuno, una via da percorrere, ha ricordato ieri il pontefice, «tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato». Un passaggio apparentemente scontato, ma di un certo rilievo, perché denota che il Segretario di Stato e il suo ufficio nel nuovo pontificato ritroveranno quella centralità che le è propria, e che con Francesco era stata, invece, progressivamente depauperata a favore di realtà esterne, come ad esempio la Comunità di Sant’Egidio. L’Onu di Trastevere nei dossier internazionali sembrava quasi affiancarsi al lavoro della Segreteria di Stato, come nel caso del compito speciale che Francesco aveva assegnato al cardinale Matteo Zuppi sul fronte ucraino. In questa prospettiva di lavoro diplomatico, ha aggiunto poi Leone, «è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute per porre rimedio alle contese». Il messaggio non poteva essere più chiaro: «la pace» non è «una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra». Occorre «sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista». Non solo la parola pace, il Papa ha riflettuto anche su «giustizia e verità», così da indicare tre parole chiave per costruire un mondo riconciliato. Per edificare società «armoniche» è compito di chi governa adoperarsi «anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna», «società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società», ha affermato, citando anche Leone XIII. Un passaggio che rimanda a una priorità nel buon governo, qualcosa che effettivamente sembra discostarsi dal magistero di Francesco, ma si ritrova facilmente in quelli di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che non temevano di parlare di «principi che non sono negoziabili». La stella polare del discorso di Leone resta fissa sulla dignità «di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato». Al netto dei titolisti in astinenza, che ieri hanno ben pensato di ricordare che «diversamente da Francesco (Leone, nda) non cita le coppie gay», c’è questo preciso riferimento alla dignità della persona, qualcosa che già il documento Dignitas infinita, pubblicato sotto il pontificato di Bergoglio, collegava alla «dignità ontologica radicata nell’essere stesso della persona umana e che sussiste al di là di ogni circostanza». In questa prospettiva va inquadrato anche il passaggio dove il Papa ha ricordato la sua storia familiare, che è quella di migranti. Chi vorrebbe il Papa anti Trump, tutto intento a anatematizzare le politiche dell’attuale amministrazione Usa sul tema, dovrebbe riflettere perché il Papa ieri ha giustamente parlato di dignità umana da preservare anche in queste politiche, ma non è arrivato a dogmatizzare un’accoglienza incondizionata. «Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio». Su questa dignità da preservare, che siano politiche messe in atto da Trump o da Joe Biden, c’è da stare certi che Leone XIV non arretrerà di un millimetro.Perché, e siamo alla terza parola ricordata ieri da Prevost - «verità» - «da parte sua, la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche a un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione». Verità è la parola più abrasiva per un mondo in cui la «dittatura del relativismo» di ratzingeriana memoria non ha mai smesso di esercitare il suo potere. «La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna», quindi, ha ricordato Leone XIV, non è una serie di formule e idee, ma nella «prospettiva cristiana» è «l’incontro con la persona stessa di Cristo». Così la verità non è una variabile a piacere, ma «ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/papa-leone-riarmo-2672032950.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="prevost-vance-colloquio-possibile" data-post-id="2672032950" data-published-at="1747460940" data-use-pagination="False"> Prevost-Vance, colloquio possibile Leone XIV potrebbe incontrare JD Vance. A non escludere una simile ipotesi, è stato ieri il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. «Un faccia a faccia tra Leone e il vicepresidente Vance? Non lo so, il problema è che ci sono tante delegazioni, i tempi sono molto stretti e quindi si tratterà di vedere se c’è spazio, il protocollo sta lavorando, non ho notizie dell’ultimo minuto», ha dichiarato il porporato. Vance sarà infatti a Roma per la messa d’intronizzazione di Leone, che si terrà domenica. E l’eventuale incontro con il Papa potrebbe avvenire il giorno successivo. Ricordiamo che il vicepresidente Usa era stato a Roma a Pasqua e aveva avuto modo di incontrare sia Parolin che papa Francesco, il giorno prima della sua morte. Ora, in attesa di capire se l’incontro avrà luogo, è interessante interrogarsi su quali argomenti Leone e Vance potrebbero discutere. È vero: a febbraio, i due avevano avuto un diverbio sui social relativo alle politiche migratorie dell’amministrazione Trump. È tuttavia superficiale ridurre a quel singolo episodio quello che potrebbe essere il rapporto tra i due. Certo, vari analisti hanno sostenuto che Leone sarà un Papa «anti trumpista». Si tratta tuttavia di una visione piuttosto miope. Innanzitutto, dal punto di vista geopolitico, la Casa Bianca è tutt’altro che scontenta del fatto che sia uno statunitense a sedere sul soglio pontificio. Eleggendo Robert Francis Prevost, il conclave ha lanciato un segnale di discontinuità rispetto alla politica estera di Francesco e Parolin, che avevano sia raffreddato i rapporti con gli Usa sia avvicinato notevolmente la Santa Sede alla Cina attraverso il controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi. Un patto che, in questi anni, è stato più volte violato da Pechino, mentre la situazione dei cattolici cinesi è addirittura peggiorata, visto che continuano a subire un processo d’indottrinamento governativo. Non è quindi escluso che proprio di quest’intesa Leone e Vance possano parlare. In secondo luogo, è vero che l’attuale pontefice potrebbe avere un rapporto dialettico con la Casa Bianca sulla questione migratoria. Dall’altra parte sembra però registrarsi una certa convergenza sull’anti abortismo e sul contrasto alla cultura woke. Un altro elemento che potrebbe vedere avvicinarsi Leone e Vance è quello della libertà religiosa: ricordiamo che l’attuale amministrazione Usa ha avviato un’inchiesta su una controversa legge dello Stato di Washington, che impone la violazione del segreto confessionale nei casi di abusi. È poi altamente probabile che i due possano parlare delle principali crisi internazionali in corso: dall’Ucraina al Medio Oriente. Ieri, Parolin ha offerto la Santa Sede come luogo d’incontro tra le parti in guerra nella crisi ucraina, tirando invece il freno a mano sulla crisi di Gaza. «Per Gaza non mi pare ci siano le condizioni per un incontro a livello di Santa Sede», ha detto, nonostante il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, avesse recentemente affermato: «Se penso al nostro contesto, quello della Terra Santa, vedo la Santa Sede con un ruolo di facilitatore». Il tema è che la sconfitta di Parolin al conclave è stata dovuta (anche) alla politica estera che ha condotto, da segretario di Stato, sotto il precedente papato. È quindi molto probabile che, pur mantenendo attualmente il porporato in questo ruolo, Leone punti a correggere (almeno parzialmente) il tiro su varie questioni internazionali dirimenti. Insomma, indipendentemente dall’eventuale incontro Papa-Vance, i rapporti tra l’attuale pontificato e la Casa Bianca si riveleranno probabilmente ben più articolati di quanto preconizza qualcuno. Con l’elezione al soglio di Prevost, il baricentro della politica estera vaticana è tornato a Occidente. Il che non vuol dire che il papato di Leone sarà «occidentalista»: il pontefice ha confermato una profonda attenzione al Sud globale. Vuol dire semmai che certe ambiguità del recente passato (specialmente nel rapporto con la Cina), forse, svaniranno. È del resto significativo che, ieri, Leone abbia collegato l’attività diplomatica al principio della verità.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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