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2020-05-23
Panico tra le toghe per un mancato invito a casa Balducci, la signora dei salotti
Paola Balducci (Ansa)
Ottenere un invito dalla signora dei salotti (di giustizia) romani era sinonimo di successo. Non riceverlo voleva dire precipitare nel girone dell'irrilevanza. Il potere delle cene è un capitolo poco battuto del legal thriller sul Csm che emerge dalle carte dell'inchiesta di Perugia, che vede indagato l'ex boss di Unicost, Luca Palamara. E con lui l'ex consigliera laica Paola Balducci, eletta in quota Sel, anche se sarebbe più corretto dire in quota Nichi Vendola, nella consiliatura 2014-2018. Entrambi accusati di corruzione per i disinvolti rapporti con il discusso imprenditore-lobbista Fabrizio Centofanti.
Avvocato, docente universitario, ex assessore regionale in Puglia, Paola Balducci è l'organizzatrice instancabile di ambiti incontri mangerecci che diventano terreno di scontro addirittura all'interno delle correnti della magistratura. Come dimostra l'aspro scambio di battute tra Palamara e il collega Marco Mancinetti, oggi a Palazzo dei Marescialli. È il 18 ottobre 2018, e Mancinetti si sfoga con Palamara: «Ieri sera la Balducci ha fatto una cena non invitando me solo tra i neo consiglieri. Tu eri presente giusto?». L'amico risponde: «Sì, ero presente ma a me aveva detto invito era stato fatto a tutti e che non c'eri tu e Morlini (il consigliere dimissionario Gianluigi Morlini, ndr)». Mancinetti spiega: «Morlini perché impossibilitato io mai invitato. Ma questo è un affronto grave. E anche tu non ti sei comportato da amico. Ma va bene così». L'ex presidente dell'Anm prova a difendersi: «No Marco scusami ma non sono d'accordo […] Sono stati a Capri dove io non c'ero e lei ha fatto invito». Mancinetti però sbotta: «È una vergogna... Pignatone (il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ndr), Baldi (probabilmente si tratta dell'ex capo di Gabinetto del ministro della Giustizia, Fulvio Baldi, ndr), Basentini (il riferimento è forse a Francesco Basentini, ex capo del Dap, ndr)... delegittimazione totale del consigliere di Roma e fai pure tu la vittima dell'ingiustizia... va bene prendo atto». Palamara rintuzza: «[...] Rispondo dei miei comportamenti non di quelli altrui. A casa mia invito io. A casa degli altri no».
Il pm sott'inchiesta è ospite fisso agli appuntamenti mondani della collega consigliera e da lei «festeggio mio compleanno […] con Pigna (Giuseppe Pignatone, ndr), […] Legnini (l'allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, ndr) […] e altri pochi ma buoni amici». Legnini lo ritroviamo in un altro Whatsapp, inviato da Palamara a Riccardo Fuzio (pg della Cassazione dimessosi dopo l'avviso di garanzia per rivelazione di segreto nel procedimento di Perugia): «Domani vieni a pranzo da me perché ho invitato Balducci e Legnini che è a Roma?».
Accade talvolta che, invece di invitare, la consigliera si autoinviti a casa degli altri. Come capita, il 23 dicembre 2018, a Palamara, che subito scrive alla mamma: «Cosa dico alla Balducci?». La donna gli chiede: «Vuole venire... A che ora?... A pranzo?». Lui conferma: «Sì». Che l'avvocato abbia un carattere da perfetta pr, lo conferma pure il pm di Siena Aldo Natalini (lo stesso che archiviò l'inchiesta per la misteriosa morte del manager Mps, David Rossi) che racconta al capocorrente di Unicost: «Ciao Luca, l'altro giorno ho conosciuto Paola Balducci (che in realtà avevo già conosciuto qui a Siena alla serata lounge del congresso Anm): si è messa a chiacchierare con me... di Siena... dei miei progetti futuri... un soggettone! Le ho detto che sono tuo ex uditore ed era contentissima». Natalini rammenta - con tanto di emoticon sorridente - una scenetta che suscita l'ilarità di Palamara. «Un tipo un po'... esuberante diciamo... C'era anche Francesco Greco (il procuratore di Milano, ndr) e l'ha baciato... nella foca (sic, ndr) l'ha baciato in bocca... Lui imbarazzatissimo!... Eheh...». Il rapporto di amicizia tra Luca e Paola è intenso, e quando il pm sott'inchiesta riceve la notizia della imminente pubblicazione di un articolo sulla possibile inchiesta di Perugia, a lei si rivolge. È il 26 settembre 2018, e Palamara la avvisa: «Domani fatto (Il Fatto Quotidiano, ndr) mi ammazza». La Balducci: «Ma arrivi che succede? Non mi fare preoccupare ti hanno visto con qualcuno?». Palamara: «Sui rapporti tra me e Centofanti». Lei: «Di nuovo?». Lui: «Per farmela pagare per Ermini (la nomina a vicepresidente del Csm di David Ermini, ndr)... E per Consip... Parlerà anche di Pigna (Pignatone, ndr)». Lei: «Male ovviamente». Lui: «Di una cena». E lei: «Ma che ne sanno?».
Succede che i due discutano inoltre di politica. La Balducci, che è espressione del centrosinistra, esprime apprezzamento per l'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti («Travolge tutti»), ricevendo analogo giudizio dal suo interlocutore («È bravo») e concludendo così: «Mito». I due si trovano d'accordo pure su Matteo Salvini. Parlando di possibili leader in circolazione, Palamara stronca Zingaretti («Non lo è nemmeno Nicola ancora...»), ma promuove il capo leghista come unico profilo politico riconoscibile («a parte lui non c'è... non ci sono le figure... ognuno ha pezzetti di cose»). E la Balducci si dice d'accordo.
Dal ras Malagò a mister Spalletti anche il pallone rimbalza nelle chat
Luca Palamara per il pallone che rotola ha sempre avuto una passione smisurata, e non solo: da giovane e semisconosciuto pm di Roma, dieci anni fa, condusse il filone romano dell'inchiesta su «Calciopoli», quello legato al ruolo della Gea, la società di procuratori sportivi di cui erano titolari l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, e suo figlio Alessandro. Ma non c'è solo tanto, tanto calcio, nelle chat Whatsapp di Palamara, che, a quanto si legge dalle conversazioni, ha un rapporto di amicizia con il capo dello sport italiano, il presidente del Coni, Giovanni Malagò. I due si incrociano non di rado, in particolare al circolo canottieri Aniene, di cui Malagò è presidente onorario, e allo stadio Olimpico, dove il pm è un habitué della tribuna autorità. Il 9 ottobre 2018, Malagò viene eletto membro del Comitato olimpico internazionale a titolo individuale. La votazione avviene a Buenos Aires, Malagò ottiene 66 voti su 74.
Alle 17.35, Palamara invia a Malagò un messaggio di congratulazioni: «Complimenti per la nomina!!! Un abbraccio a presto per festeggiare», scrive il magistrato; «Grazie Lucaaa», risponde Malagò. In quelle stesse settimane, l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, sta facendo inserire nella legge di bilancio una profonda riforma dello sport italiano. Giorgetti crea una nuova società governativa, la Sport e salute Spa, che ha il compito di gestire le attività legate al sociale e alla scuola, nonché il 90% dei contributi pubblici al settore, compresi i finanziamenti alle Federazioni. Un provvedimento che svuota la cassaforte del Coni, la Coni servizi. Malagò è una furia, tenta in ogni modo di ostacolare la riforma, senza successo. Il 15 novembre 2018, mentre infuria la bufera, Palamara scrive a Malagò: «Sono con te!!! Un abbraccio forte»; «Grazie Luca», risponde Malagò, «ps siamo alla follia»; «Purtroppo è proprio così», concorda Palamara, «una situazione surreale». La resistenza di Malagò alla riforma è strenua: il ras dello sport italiano tenta di coinvolgere addirittura il Cio, ma Giorgetti va avanti per la sua strada. L'8 dicembre 2018 la Camera approva la legge di bilancio 2019, che contiene la riforma dello sport voluta da Giorgetti. Palamara scrive a Malagò, il tono del messaggio è indignato: «Una vergogna assoluta che supera ogni limite», sentenzia il magistrato, «sono senza parole», risponde Malagò. «Che vergogna però…» insiste Palamara. «Pazzesco», commenta Malagò. Il 29 maggio 2029, quando Palamara viene indagato per corruzione, Malagò fa sentire all'amico la sua vicinanza: «Un pensiero... un abbraccio… sportivo più che mai», scrive il presidente del Coni al magistrato, che risponde: «Ti avevo detto che era una guerra... così è, ma io la combatto un abbraccio forte». «Ne sono sicuro», commenta Malagò.
La passione di Palamara per il calcio è dimostrata anche dalla sua agenda, e dall'amicizia con la quale si scambia messaggi, ad esempio, con Luciano Spalletti. Il 25 agosto 2017 è la vigilia di un Roma-Inter molto particolare: Spalletti torna all'Olimpico da allenatore dell'Inter, dopo aver lasciato la panchina dei giallorossi al termine della stagione precedente, dopo un estenuante braccio di ferro con Francesco Totti. «Io appartengo a quelli», scrive Palamara all'allenatore toscano, «che saranno felici di riaverti qui a Roma dove hai dimostrato di essere il più forte. Un caro saluto a presto». «Grazie Luca, vi voglio bene», risponde Spalletti.
Il 21 novembre 2018, Palamara scrive di nuovo a Spalletti: «Grande Luciano come stai? I miei colleghi neroazzurri di Milano vorrebbero invitarti a un convivio che stanno organizzando, come possono mettersi in contatto con te? Un abbraccio e spero di vederti presto. Con affetto Luca». «Tu sei il capo», risponde Spalletti, «quando il capo chiama noi siamo a disposizione. Dagli pure il mio numero e dicono di te poi si trova il modo di incastrare tutto. Con altrettanto affetto e stima. Forza Inter».
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Riduci
Tra le intercettazioni, lo sfogo disperato di Marco Mancinetti, tagliato fuori da una cena. Organizzata dalla giurista in quota Vendola.Dal ras Giovanni Malagò a mister Luciano Spalletti anche il pallone rimbalza nelle chat. Luca Palamara appoggiava il Coni contro Giancarlo Giorgetti e chiedeva favori all'ex tecnico dell'Inter.Lo speciale comprende due articoli. Ottenere un invito dalla signora dei salotti (di giustizia) romani era sinonimo di successo. Non riceverlo voleva dire precipitare nel girone dell'irrilevanza. Il potere delle cene è un capitolo poco battuto del legal thriller sul Csm che emerge dalle carte dell'inchiesta di Perugia, che vede indagato l'ex boss di Unicost, Luca Palamara. E con lui l'ex consigliera laica Paola Balducci, eletta in quota Sel, anche se sarebbe più corretto dire in quota Nichi Vendola, nella consiliatura 2014-2018. Entrambi accusati di corruzione per i disinvolti rapporti con il discusso imprenditore-lobbista Fabrizio Centofanti.Avvocato, docente universitario, ex assessore regionale in Puglia, Paola Balducci è l'organizzatrice instancabile di ambiti incontri mangerecci che diventano terreno di scontro addirittura all'interno delle correnti della magistratura. Come dimostra l'aspro scambio di battute tra Palamara e il collega Marco Mancinetti, oggi a Palazzo dei Marescialli. È il 18 ottobre 2018, e Mancinetti si sfoga con Palamara: «Ieri sera la Balducci ha fatto una cena non invitando me solo tra i neo consiglieri. Tu eri presente giusto?». L'amico risponde: «Sì, ero presente ma a me aveva detto invito era stato fatto a tutti e che non c'eri tu e Morlini (il consigliere dimissionario Gianluigi Morlini, ndr)». Mancinetti spiega: «Morlini perché impossibilitato io mai invitato. Ma questo è un affronto grave. E anche tu non ti sei comportato da amico. Ma va bene così». L'ex presidente dell'Anm prova a difendersi: «No Marco scusami ma non sono d'accordo […] Sono stati a Capri dove io non c'ero e lei ha fatto invito». Mancinetti però sbotta: «È una vergogna... Pignatone (il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ndr), Baldi (probabilmente si tratta dell'ex capo di Gabinetto del ministro della Giustizia, Fulvio Baldi, ndr), Basentini (il riferimento è forse a Francesco Basentini, ex capo del Dap, ndr)... delegittimazione totale del consigliere di Roma e fai pure tu la vittima dell'ingiustizia... va bene prendo atto». Palamara rintuzza: «[...] Rispondo dei miei comportamenti non di quelli altrui. A casa mia invito io. A casa degli altri no».Il pm sott'inchiesta è ospite fisso agli appuntamenti mondani della collega consigliera e da lei «festeggio mio compleanno […] con Pigna (Giuseppe Pignatone, ndr), […] Legnini (l'allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, ndr) […] e altri pochi ma buoni amici». Legnini lo ritroviamo in un altro Whatsapp, inviato da Palamara a Riccardo Fuzio (pg della Cassazione dimessosi dopo l'avviso di garanzia per rivelazione di segreto nel procedimento di Perugia): «Domani vieni a pranzo da me perché ho invitato Balducci e Legnini che è a Roma?».Accade talvolta che, invece di invitare, la consigliera si autoinviti a casa degli altri. Come capita, il 23 dicembre 2018, a Palamara, che subito scrive alla mamma: «Cosa dico alla Balducci?». La donna gli chiede: «Vuole venire... A che ora?... A pranzo?». Lui conferma: «Sì». Che l'avvocato abbia un carattere da perfetta pr, lo conferma pure il pm di Siena Aldo Natalini (lo stesso che archiviò l'inchiesta per la misteriosa morte del manager Mps, David Rossi) che racconta al capocorrente di Unicost: «Ciao Luca, l'altro giorno ho conosciuto Paola Balducci (che in realtà avevo già conosciuto qui a Siena alla serata lounge del congresso Anm): si è messa a chiacchierare con me... di Siena... dei miei progetti futuri... un soggettone! Le ho detto che sono tuo ex uditore ed era contentissima». Natalini rammenta - con tanto di emoticon sorridente - una scenetta che suscita l'ilarità di Palamara. «Un tipo un po'... esuberante diciamo... C'era anche Francesco Greco (il procuratore di Milano, ndr) e l'ha baciato... nella foca (sic, ndr) l'ha baciato in bocca... Lui imbarazzatissimo!... Eheh...». Il rapporto di amicizia tra Luca e Paola è intenso, e quando il pm sott'inchiesta riceve la notizia della imminente pubblicazione di un articolo sulla possibile inchiesta di Perugia, a lei si rivolge. È il 26 settembre 2018, e Palamara la avvisa: «Domani fatto (Il Fatto Quotidiano, ndr) mi ammazza». La Balducci: «Ma arrivi che succede? Non mi fare preoccupare ti hanno visto con qualcuno?». Palamara: «Sui rapporti tra me e Centofanti». Lei: «Di nuovo?». Lui: «Per farmela pagare per Ermini (la nomina a vicepresidente del Csm di David Ermini, ndr)... E per Consip... Parlerà anche di Pigna (Pignatone, ndr)». Lei: «Male ovviamente». Lui: «Di una cena». E lei: «Ma che ne sanno?».Succede che i due discutano inoltre di politica. La Balducci, che è espressione del centrosinistra, esprime apprezzamento per l'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti («Travolge tutti»), ricevendo analogo giudizio dal suo interlocutore («È bravo») e concludendo così: «Mito». I due si trovano d'accordo pure su Matteo Salvini. Parlando di possibili leader in circolazione, Palamara stronca Zingaretti («Non lo è nemmeno Nicola ancora...»), ma promuove il capo leghista come unico profilo politico riconoscibile («a parte lui non c'è... non ci sono le figure... ognuno ha pezzetti di cose»). E la Balducci si dice d'accordo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/panico-tra-le-toghe-per-un-mancato-invito-a-casa-balducci-la-signora-dei-salotti-2646067780.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dal-ras-malago-a-mister-spalletti-anche-il-pallone-rimbalza-nelle-chat" data-post-id="2646067780" data-published-at="1590173920" data-use-pagination="False"> Dal ras Malagò a mister Spalletti anche il pallone rimbalza nelle chat Luca Palamara per il pallone che rotola ha sempre avuto una passione smisurata, e non solo: da giovane e semisconosciuto pm di Roma, dieci anni fa, condusse il filone romano dell'inchiesta su «Calciopoli», quello legato al ruolo della Gea, la società di procuratori sportivi di cui erano titolari l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, e suo figlio Alessandro. Ma non c'è solo tanto, tanto calcio, nelle chat Whatsapp di Palamara, che, a quanto si legge dalle conversazioni, ha un rapporto di amicizia con il capo dello sport italiano, il presidente del Coni, Giovanni Malagò. I due si incrociano non di rado, in particolare al circolo canottieri Aniene, di cui Malagò è presidente onorario, e allo stadio Olimpico, dove il pm è un habitué della tribuna autorità. Il 9 ottobre 2018, Malagò viene eletto membro del Comitato olimpico internazionale a titolo individuale. La votazione avviene a Buenos Aires, Malagò ottiene 66 voti su 74. Alle 17.35, Palamara invia a Malagò un messaggio di congratulazioni: «Complimenti per la nomina!!! Un abbraccio a presto per festeggiare», scrive il magistrato; «Grazie Lucaaa», risponde Malagò. In quelle stesse settimane, l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, sta facendo inserire nella legge di bilancio una profonda riforma dello sport italiano. Giorgetti crea una nuova società governativa, la Sport e salute Spa, che ha il compito di gestire le attività legate al sociale e alla scuola, nonché il 90% dei contributi pubblici al settore, compresi i finanziamenti alle Federazioni. Un provvedimento che svuota la cassaforte del Coni, la Coni servizi. Malagò è una furia, tenta in ogni modo di ostacolare la riforma, senza successo. Il 15 novembre 2018, mentre infuria la bufera, Palamara scrive a Malagò: «Sono con te!!! Un abbraccio forte»; «Grazie Luca», risponde Malagò, «ps siamo alla follia»; «Purtroppo è proprio così», concorda Palamara, «una situazione surreale». La resistenza di Malagò alla riforma è strenua: il ras dello sport italiano tenta di coinvolgere addirittura il Cio, ma Giorgetti va avanti per la sua strada. L'8 dicembre 2018 la Camera approva la legge di bilancio 2019, che contiene la riforma dello sport voluta da Giorgetti. Palamara scrive a Malagò, il tono del messaggio è indignato: «Una vergogna assoluta che supera ogni limite», sentenzia il magistrato, «sono senza parole», risponde Malagò. «Che vergogna però…» insiste Palamara. «Pazzesco», commenta Malagò. Il 29 maggio 2029, quando Palamara viene indagato per corruzione, Malagò fa sentire all'amico la sua vicinanza: «Un pensiero... un abbraccio… sportivo più che mai», scrive il presidente del Coni al magistrato, che risponde: «Ti avevo detto che era una guerra... così è, ma io la combatto un abbraccio forte». «Ne sono sicuro», commenta Malagò. La passione di Palamara per il calcio è dimostrata anche dalla sua agenda, e dall'amicizia con la quale si scambia messaggi, ad esempio, con Luciano Spalletti. Il 25 agosto 2017 è la vigilia di un Roma-Inter molto particolare: Spalletti torna all'Olimpico da allenatore dell'Inter, dopo aver lasciato la panchina dei giallorossi al termine della stagione precedente, dopo un estenuante braccio di ferro con Francesco Totti. «Io appartengo a quelli», scrive Palamara all'allenatore toscano, «che saranno felici di riaverti qui a Roma dove hai dimostrato di essere il più forte. Un caro saluto a presto». «Grazie Luca, vi voglio bene», risponde Spalletti. Il 21 novembre 2018, Palamara scrive di nuovo a Spalletti: «Grande Luciano come stai? I miei colleghi neroazzurri di Milano vorrebbero invitarti a un convivio che stanno organizzando, come possono mettersi in contatto con te? Un abbraccio e spero di vederti presto. Con affetto Luca». «Tu sei il capo», risponde Spalletti, «quando il capo chiama noi siamo a disposizione. Dagli pure il mio numero e dicono di te poi si trova il modo di incastrare tutto. Con altrettanto affetto e stima. Forza Inter».
Ansa
Insomma: il vento è cambiato. E non spinge più la solita, ingombrante, vela francese che negli ultimi anni si era abituata a intendere l’Italia come un’estensione naturale della Rive Gauche.
E invece no. Il pendolo torna indietro. E con esso tornano anche ricordi e fantasie: Piersilvio Berlusconi sogna la Francia. Non quella dei consessi istituzionali, ma quella di quando suo padre, l’unico che sia riuscito a esportare il varietà italiano oltre le Alpi, provò l’avventura di La Cinq.
Una televisione talmente avanti che il presidente socialista François Mitterrand, per non farla andare troppo lontano, decise di spegnerla. Letteralmente.
Erano gli anni in cui gli italiani facevano shopping nella grandeur: Gianni Agnelli prese una quota di Danone e Raul Gardini mise le mani sul più grande zuccherificio francese, giusto per far capire che il gusto per il raffinato non ci era mai mancato. Oggi al massimo compriamo qualche croissant a prezzo pieno.
Dunque, Berlusconi – quello junior, stavolta – può dirlo senza arrossire: «La Francia sarebbe un sogno». Si guarda intorno, valuta, misura il terreno: Tf1 e M6.
La prima, dice, «ha una storia imprenditoriale solida»: niente da dire, anche le fortezze hanno i loro punti deboli. Con la seconda, «una finta opportunità». Tradotto: l’affare che non c’è, ma che ti fa perdere lo stesso due settimane di telefonate.
Il vero punto, però, è che mentre noi guardiamo a Parigi, Parigi si deve rassegnare. Lo dimostra il clamoroso stop di Crédit Agricole su Bpm, piantato lì come un cartello stradale: «Fine delle ambizioni». Con Bank of America che conferma la raccomandazione «Buy» su Mps e alza il target price a 11 euro. E non c’è solo questo. Natixis ha dovuto rinunciare alla cassaforte di Generali dov’è conservata buona parte del risparmio degli italiani. Vivendi si è ritirata. Tim è tornata italiana.
Il pendolo, dicevamo, ha cambiato asse. E spinge ben più a Ovest. Certo Parigi rimane il più importante investitore estero in Italia. Ma il vento della geopolitica e cambiato. Il nuovo asse si snoda tra Washington e Roma Gli americani non stanno bussando alla porta: sono già entrati.
E non con due spicci.
Ieri le due sigle più «Miami style» che potessero atterrare nel dossier Ilva – Bedrock Industries e Flacks Group – hanno presentato le loro offerte. Americani entrambi. Dall’odore ancora fresco di oceano, baseball e investimenti senza fronzoli.
E non è un caso isolato.
In Italia operano oltre 2.700 imprese a partecipazione statunitense, che generano 400.000 posti di lavoro. Non esattamente compratori di souvenir. Sono radicati nei capannoni, nella logistica, nelle tecnologie, nei servizi, nella manifattura. Un pezzo intero di economia reale. Poi c’è il capitolo dei giganti della finanza globale: BlackRock, Vanguard, i soliti nomi che quando entrano in una stanza fanno più rumore del tuono. Hanno fiutato l’aria e annusato l’Italia come fosse un tartufo bianco d’Alba: raro, caro e conveniente.
Gli incontri istituzionali degli ultimi anni parlano chiaro: data center, infrastrutture, digitalizzazione, energia.
Gli americani non si accontentano. Puntano al core del futuro: tecnologia, energia, scienza della vita, space economy, agritech.
Dopo l’investimento di Kkr nella rete fissa Telecom - uno dei deal più massicci degli ultimi quindici anni - la direzione è segnata: Washington ha scoperto che l’Italia rende.
A ottobre 2025 la grande conferma: missione economica a Washington, con una pioggia di annunci per oltre 4 miliardi di euro di nuovi investimenti. Non bonus, non promesse, ma progetti veri: space economy, sostenibilità, energia, life sciences, agri-tech, turism. Tutti settori dove l’Italia è più forte di quanto creda, e più sottovalutata di quanto dovrebbe.
A questo punto il pendolo ha parlato: gli americani investono, i francesi frenano.
E chissà che, alla fine, non si chiuda il cerchio: gli Usa tornano in Italia come investitori netti, e Berlusconi torna in Francia come ai tempi dell’avventura di La Cinq.
Magari senza che un nuovo Mitterrand tolga la spina.
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Riduci
Nel riquadro, l'attivista Blm Tashella Sheri Amore Dickerson (Ansa)
Tashella Sheri Amore Dickerson, 52 anni, storica leader di Black lives matter a Oklaoma City è stata accusata da un Gran giurì federale di frode telematica e riciclaggio di denaro. Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Fbi di Oklahoma City e dall’Irs-Criminal Investigation e affidata procuratori aggiunti degli Stati Uniti Matt Dillon e Jessica L. Perry, Dickerson si sarebbe appropriata di oltre 3 milioni di dollari di fondi raccolti e destinati al pagamento delle cauzioni degli attivisti arrestati e li avrebbe investiti in immobili e spesi per vacanze e spese personali. Il 3 dicembre 2025, un Gran giurì federale ha emesso nei confronti dell’attivista un atto d’accusa di 25 capi, di cui 20 di frode telematica e cinque di riciclaggio di denaro. Per ogni accusa di frode telematica, Dickerson rischia fino a 20 anni di carcere federale e una multa fino a 250.000 dollari. Per ogni accusa di riciclaggio di denaro, l’attivista rischia fino a dieci anni di carcere e una multa fino a 250.000 dollari o il doppio dell’importo della proprietà di derivazione penale coinvolta nella transazione. Secondo gli inquirenti, a partire almeno dal 2016, Dickerson è stata direttore esecutivo di Black lives matter Okc (Blmokc). Grazie a quel ruolo Dickerson aveva accesso ai conti bancari, PayPal e Cash App di Blmokc.
L’atto d’accusa, la cui sintesi è stata resa nota dalle autorità federali, sostiene che, sebbene Blmokc non fosse un’organizzazione esente da imposte registrata ai sensi della sezione 501(c)(3) dell’Internal revenue code (la legge tributaria federale americana), accettava donazioni di beneficenza attraverso la sua affiliazione con l’Alliance for global justice (Afgj), con sede in Arizona. L’Afgj fungeva da sponsor fiscale per Blmokc, alla quale imponeva di utilizzare i suoi fondi solo nei limiti consentiti dalla sezione 501(c)(3). L’Afgj richiedeva inoltre a Blmokc di rendere conto, su richiesta, dell’erogazione di tutti i fondi ricevuti e vietava a Blmokc di utilizzare i suoi fondi per acquistare immobili senza il consenso dell’Afgj.
A partire dalla tarda primavera del 2020, Blmokc ha raccolto fondi per sostenere la sua presunta missione di giustizia sociale da donatori online e da fondi nazionali per le cauzioni. In totale, Blmokc ha raccolto oltre 5,6 milioni di dollari, inclusi finanziamenti da fondi nazionali per le cauzioni, tra cui il Community Justice Exchange, il Massachusetts Bail Fund e il Minnesota Freedom Fund. La maggior parte di questi fondi è stata indirizzata a Blmokc tramite Afgj, in qualità di sponsor fiscale.
Secondo l’atto d’accusa, il Blmokc avrebbe dovuto utilizzare queste sovvenzioni del fondo nazionale per le cauzioni per pagare la cauzione preventiva per le persone arrestate in relazione alle proteste per la giustizia razziale dopo la morte di George Floyd. Quando i fondi per le cauzioni venivano restituiti al Blmokc, i fondi nazionali per le cauzioni talvolta consentivano al Blmokc di trattenere tutto o parte del finanziamento della sovvenzione per istituire un fondo rotativo per le cauzioni, o per la missione di giustizia sociale del Blmokc, come consentito dalla Sezione 501(c)(3).
Nonostante lo scopo dichiarato del denaro raccolto e i termini e le condizioni delle sovvenzioni, l’atto d’accusa sostiene che a partire da giugno 2020 e almeno fino a ottobre 2025, Dickerson si è appropriata di fondi dai conti di Blmokc a proprio vantaggio personale. L’atto d’accusa sostiene che Dickerson abbia depositato almeno 3,15 milioni di dollari in assegni di cauzione restituiti sui suoi conti personali, anziché sui conti di Blmokc. Tra le altre cose, Dickerson avrebbe poi utilizzato questi fondi per pagare: viaggi ricreativi in Giamaica e nella Repubblica Dominicana per sé e i suoi soci; decine di migliaia di dollari in acquisti al dettaglio; almeno 50.000 dollari in consegne di cibo e generi alimentari per sé e i suoi figli; un veicolo personale registrato a suo nome; sei proprietà immobiliari a Oklahoma City intestate a suo nome o a nome di Equity International, Llc, un’entità da lei controllata in esclusiva. L’atto d’accusa sostiene inoltre che Dickerson abbia utilizzato comunicazioni interstatali via cavo per presentare due false relazioni annuali all’Afgj per conto del Blmokc. Dickerson ha dichiarato di aver utilizzato i fondi del Blmokc solo per scopi esenti da imposte. Non ha rivelato di aver utilizzato i fondi per il proprio tornaconto personale.
Tre anni fa una vicenda simile aveva travolto la cofondatrice di Black lives matter Patrisse Cullors, anche lei accusata di aver utilizzato i fondi donati per beneficenza al movimento per pagare incredibili somme di denaro a suo fratello e al padre di suo figlio per vari «servizi». Secondo le ricostruzioni del 2022, Paul Cullors, fratello di Patrisse, ha ricevuto 840.000 dollari sul suo conto corrente per aver presumibilmente fornito servizi di sicurezza al movimento, secondo i documenti fiscali visionati dal New York Post. Nel frattempo, l’organizzazione ha pagato una società di proprietà di Damon Turner, padre del figlio di Patrisse Cullors, quasi 970.000 dollari per aiutare a «produrre eventi dal vivo» e altri «servizi creativi». Notizie che, all’epoca, avevano provocato non pochi malumori, alimentate anche dal fatto che la Cullors si professava marxista e sosteneva di combattere per gli oppressi e le ingiustizie sociali.
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Riduci
Francesca Albanese (Ansa)
Rispetto a due mesi fa, la percentuale degli sfiduciati è cresciuta di 16 punti mentre quella di coloro che si fidano è scesa di 9. Il 42% degli intervistati, maggiorenni e residenti in Italia, dichiara di non conoscere la relatrice pasionaria o di non avere giudizi da esprimere, il che forse è quasi peggio: avvolta dalla sfiducia e dall’indifferenza.
Il 53% degli elettori di centrodestra non si fida dell’Albanese, e questo era un dato diciamo scontato, ma fa riflettere che la giurista irpina abbia perso credibilità per il 47% di coloro che votano Pd. Appena il 34% degli elettori dem oggi si fida della relatrice Onu, sotto sanzioni da parte di Washington e accusata da Israele di ostilità strutturale. La sinistra, dunque, non si limita ad essere in disaccordo al suo interno se rilasciare o meno la cittadinanza onoraria alla pro Pal. Sta dicendo che non la sostiene più.
«I cattivi maestri di sinistra non piacciono agli italiani», ha subito postato su X il partito della premier Giorgia Meloni, che sempre secondo il sondaggio Youtrend sarebbe la più convincente per il 48% degli italiani in un ipotetico dibattito assieme a Giuseppe Conte ed Elly Schlein.
Tramonta dunque l’astro effimero di Albanese, spacciata per l’eroina progressista che condanna la violenza sui palestinesi mentre la giustifica a casa nostra. L’assalto alla redazione della Stampa doveva e deve servire «da monito alla stampa», ha dichiarato la relatrice Onu, confermando la pericolosità del suo attivismo politico.
Eppure ha continuato a essere invitata per esporre le sue idee anti Israele, e non solo. In alcune scuole della Toscana avrebbe «ripetuto i suoi soliti mantra, sostenendo che il governo Meloni sia composto da fascisti e complice di un genocidio, accusando Leonardo di essere una azienda criminale e arrivando persino a incitare gli studenti ad occupare le scuole, di fatto, incitando dei minorenni a commettere reati sanzionati dal codice penale», hanno scritto Matteo Bagnoli capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Pontedera e Christian Nannipieri responsabile di Gioventù nazionale Pontedera.
La mossa successiva è stata un’interrogazione presentata da Alessandro Amorese, capogruppo di Fdi alla commissione Istruzione della Camera alla quale ha prontamente risposto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, chiedendo agli organi competenti di avviare una immediata ispezione per verificare quanto accaduto in alcune scuole in Toscana.
Secondo l’interrogazione, anche una classe della seconda media dell’Istituto Comprensivo Massa 6 avrebbe partecipato ad un incontro proposto dalla rete di insegnanti Docenti per Gaza, con Francesca Albanese che esponeva le tematiche del suo libro Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite dalla Palestina.
Non solo, con una nuova circolare inviata alle scuole sul tema manifestazioni ed eventi pubblici all’interno delle istituzioni scolastiche, il ministro ribadisce l’esigenza che la scelta di ospiti e relatori sia «volta a garantire il confronto tra posizioni diverse e pluraliste al fine di consentire agli studenti di acquisire una conoscenza approfondita dei temi trattati e sviluppare il pensiero critico».
Una raccomandazione necessaria, alla luce anche di quanto stanno sostenendo i docenti del liceo Montale di Pontedera che in una nota hanno definito «attività formativa» la presentazione online del libro di Albanese ad alcune classi. «Un’iniziativa organizzata su scala nazionale nell’ambito delle attività di educazione alla cittadinanza globale, come previsto dal curriculum di Educazione civica d’istituto […] nel quadro delle iniziative promosse dalla scuola per favorire la partecipazione democratica, la conoscenza delle istituzioni internazionali e il dialogo tra studenti e professionisti impegnati in contesti globali», scrivono. Senza contraddittorio, le posizioni pro Pal e anti governo Meloni della relatrice Onu non sono «partecipazione democratica».
Incredibilmente, però, due giorni fa la relatrice è comparsa accanto a Tucker Carlson, il giornalista e scrittore tra i creatori dell’universo Maga, che gestisce la Tucker Carlson Network dopo aver lasciato Fox News. Intervistata, ha detto che gli Stati Uniti l’hanno sanzionata a causa del suo dettagliato resoconto sulle politiche genocide di Israele contro i palestinesi. «Una penna, questa è la mia sola arma», si è difesa Albanese raccontando che il suo rapporto con Washington sarebbe cambiato bruscamente dopo che ha iniziato a documentare come le aziende statunitensi non solo stavano consentendo le azioni di Israele a Gaza, ma traendo profitto da esse.
«Tucker sta promuovendo le opinioni di una donna sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver preso di mira gli americani», ha protestato su X l’American Israel public affairs committee (Aipac), il più importante gruppo di pressione filo israeliano degli Stati Uniti. Ma c’è anche chi non si sorprende perché Carlson avrebbe cambiato opinione su Israele negli ultimi mesi, criticando l’amministrazione Trump per il supporto incondizionato dato allo Stato ebraico così come fa la sinistra antisionista.
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