2024-01-30
Disco verde dalla Consulta albanese. L’accordo con Roma supera il test
Edi Rama e Giorgia Meloni (Ansa)
La Corte costituzionale: «Il patto non viola i diritti umani». Bocciate le tesi di Sali Berisha.Il Protocollo sulla migrazione firmato tra Italia e Albania «non stabilisce confini territoriali né altera l’integrità territoriale della Repubblica di Albania, pertanto non costituisce un accordo territoriale dal punto di vista fisico».La Corte costituzionale albanese ha sciolto il nodo che teneva in ostaggio la procedura di ratifica in Parlamento del patto siglato lo scorso novembre da Edi Rama e Giorgia Meloni per i centri d’accoglienza. Secondo i giudici costituzionali di Tirana «nelle due zone in cui agisce il protocollo si applica il diritto albanese, oltre al diritto italiano» e «per i diritti e le libertà umane opera una giurisdizione duplice, il che significa che la giurisdizione italiana nelle due zone in questione non esclude la giurisdizione albanese». L’accordo, poi, «non crea nuovi diritti e libertà costituzionali e non impone restrizioni aggiuntive ai diritti e alle libertà umane esistenti, al di là di quanto previsto dall’ordinamento giuridico albanese». Il ricorso era stato avanzato dai deputati dell’opposizione e ha fatto slittare i lavori di un mese. La maggioranza socialista infatti aveva previsto di arrivare all’approvazione in Parlamento a fine dicembre. Il percorso era già in una fase avanzata: era stato approvato da tre commissioni parlamentari, Affari legislativi, Sicurezza nazionale e Affari esteri, con i soli voti dei socialisti, mentre l’opposizione di centrodestra aveva boicottato le riunioni. Poi 28 deputati schierati a fianco dell’ex premier di centrodestra Sali Berisha hanno contestato il progetto di Meloni e Rama, accampando le questioni costituzionali. In sostanza i punti da chiarire erano due: il presunto mancato rispetto della procedura di negoziazione e firma e la possibile violazione dei diritti umani. Ma proprio prima della chiusura dell’istruttoria la Consulta aveva ricevuto ulteriore documentazione dai ricorrenti e dopo diverse ore di confronto, anche acceso, cinque giudici non hanno mosso obiezioni all’accordo mentre altri quattro hanno individuato delle questioni da approfondire. Alla fine il Protocollo è risultato «conforme» alla carta costituzionale albanese. La prima struttura, quella per le identificazioni, secondo l’accordo dovrebbe sorgere nelle vicinanze del porto di Shengjin, dove approderebbero i migranti caricati nel Mediterraneo a bordo di navi italiane e dovrebbe avere un perimetro di circa 240 metri, con una recinzione esterna di quattro metri con «offendicula», ovvero filo spinato, e all’interno vari percorsi, da quello per i migranti a quello per il trattamento antiscabbia e quelli di uscita verso un campo di accoglienza e verso il campo di trattenimento, mentre nell’entroterra, a Gjader, dovrebbe nascere un centro di permanenza dove potrebbero soggiornare fino a 3.000 migranti in attesa dell’istruttoria che stabilirà se potranno entrare in Europa o se dovranno tornare nei Paesi di origine o, eventualmente, in Paesi terzi. Il protocollo ha una validità di cinque anni, prorogabili automaticamente per altri cinque in assenza di rilievi da parte italiana o albanese. Il protocollo Rama-Meloni torna quindi in Parlamento per la ratifica. L’ultimo scoglio è la convalida del presidente della Repubblica, che ha a disposizione un mese di tempo per esprimersi. In Italia, invece, la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge di ratifica dell’accordo la scorsa settimana. «Svanisce l’ultimo sogno dell’opposizione che ci ha tenuti inchiodati alle sedie in commissione Affari costituzionali, notte e giorno, sperando che l’intesa non prendesse forma. Al contrario, la Corte albanese ci dà ragione confermando che il governo Meloni è sulla strada giusta», ha commentato il deputato di Fratelli d’Italia Riccardo De Corato, vice presidente della Commissione Affari costituzionali a Montecitorio. Mentre Sara Kelany, responsabile nazionale immigrazione di Fdi, ha liquidato così la questione: «La sinistra nostrana, che in questi giorni si era affannata a chiedere di fermare l’iter parlamentare di approvazione del trattato sull’assunto, falso, che la Corte costituzionale albanese ne avrebbe sancito l’incostituzionalità, è stata smentita ancora una volta dalla storia».
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