2025-11-23
Ecco chi è il giudice che ha portato via i figli ai genitori nel bosco
Nel riquadro il giudice Cecilia Angrisano, presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Sullo sfondo Nathan Trevallion e Catherine Birmingham con i loro figli
Cecilia Angrisano presiede il Tribunale dei minori dell’Aquila. Dopo lo scandalo affidi in Emilia era al simposio sulle coppie omo.Cecilia Angrisano è una di quelle toghe che è facile ritrovare nei fascicoli che lasciano cicatrici: valutazioni sui minori, provvedimenti di allontanamento, abusi veri e abusi presunti. È un giudice che attraversa 33 anni di giustizia italiana esattamente nel punto in cui la libertà della famiglia incontra l’intervento del tribunale. Ha ricoperto quasi tutti i ruoli: pretore nel lontano 1992, magistrato di sorveglianza, presidente del collegio penale, giudice del lavoro. È stata anche giudice tutelare.Correva l’anno 1996 e con quella funzione lavorò a un progetto sperimentale con gli istituti di accoglienza per minorenni. Poi riferì, come relatrice, in un convegno sull’affido familiare che si tenne a Napoli quello stesso anno. Oggi è presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, ruolo che ricopre dal 2017 dopo una carriera che passa per Avezzano, Tivoli e Roma. Ma per capire chi è la Angrisano bisogna tornare indietro, alle carte, alle ordinanze, alle perizie, ai convegni in cui si formano i criteri che il tribunale poi applica. Il suo nome compare già nel 1999 quando, da giudice dell’udienza preliminare di Avezzano, decide di non convalidare l’arresto di due uomini accusati di tentata violenza sessuale per «motivi tecnici», ovvero indagini avviate troppo tardi in attesa di una querela della parte offesa.Nel 2007, nel pieno del caos di Rignano Flaminio, è lei a presiedere l’incidente probatorio mentre l’Italia si divide tra chi vede riti satanici e chi parla di una delle più grandi psicosi giudiziarie della storia repubblicana. I carabinieri del Ris portano in aula i risultati: nessuna traccia dei 19 bambini su peluche e oggetti. «A Rignano ci sono i fantasmi», diranno gli avvocati. Lei tiene la barra sulle prove. Nel 2010 firma l’ordinanza che manda in carcere Danilo Speranza, il guru della setta Maya accusato di aver abusato delle bambine parlando di «karma negativo» e «Dna curativo». Nel 2005, nel caso della casa di riposo Il Volo, scoperta come un semi-lager per anziani, rigetta la custodia cautelare dell’amministratrice chiesta dalla Procura perché l’impianto accusatorio non la convince. Quando approda alla presidenza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, Angrisano eredita un sistema complesso: comunità educative, servizi sociali spesso sottodimensionati, territori fragili, casi di adolescenti violenti, famiglie scomposte. In diverse occasioni pubbliche lo dice chiaramente: «Quando la modalità della devianza è così imponente, c’è qualcosa che non ha funzionato nei processi educativi». E ancora: «Bisogna interrogare il mondo degli adulti». È una linea di pensiero che mette gli adulti, famiglia, scuola e istituzioni, al centro delle responsabilità e che considera il minorenne come riflesso del contesto. È un approccio che, nei provvedimenti giudiziari, può tradursi in osservazioni, allontanamenti temporanei, collocamenti in comunità, valutazioni psicologiche e psicosociali. Due materie, quella giudiziaria e quella della psicologia forense, che vanno a braccetto. Tanto che le viene affidata una docenza al master in psicologia giuridica e forense dell’Istituto milanese di psicologia giuridica. Non solo. Partecipa da anni a seminari, incontri formativi, tavole rotonde.Molti di questi eventi orbitano attorno ai temi della tutela minorile, delle perizie psicologiche, delle famiglie «non ordinarie», dell’abuso intrafamiliare. Ed è qui che nasce il punto più critico. Nel mondo della giustizia minorile, la linea tra teoria che si insegna ai convegni, prassi che si applica nei tribunali, protocolli usati da psicologi e assistenti sociali si è rivelata spesso sfumata. Il rischio è che si crei un circuito autoreferenziale in cui gli stessi concetti, categorie ed etichette educative tornano, poi, nei provvedimenti giudiziari. Non a caso, eventi e piattaforme formative come quelle su genitorialità «fuori dall’ordinario», violenza minorile, abuso intrafamiliare e prevenzione coinvolgono spesso ambienti che dialogano con il mondo culturale del Cismai. La Angrisano non risulta legata formalmente al Cismai, ma ha partecipato a eventi, uno in particolare, a Pescara, proprio all’indomani del caso Bibbiano, un congresso intitolato «La tutela ai margini», durante il quale la presidente Gloria Soavi ha denunciato «un attacco strumentale a tutto il sistema» e «una narrazione distorta» che ha generato «il tracollo degli affidi» e «la demonizzazione del ruolo dello psicologo».Angrisano in quell’occasione affermò: «Dobbiamo ricucire i margini di ferite in parte cagionate da male interpretazioni di fenomeni sociali, in parte da quello che è perfettibile da parte degli operatori, in parte da quello che la realtà sociale ci presenta di nuovo e di imprevisto di fronte al quale dobbiamo trovare forme di tutela diverse». E a proposito di forme di tutela diverse, partecipa al convegno sulle «genitorialità fuori dall’ordinario». Il sottotitolo: «Dall’adozione all’affido, dalle Pma alla gestazione per altri. Elementi per la valutazione clinica e giuridica». L’incontro formativo (con 20 crediti per gli psicologi) viene presentato così: «Siamo di fronte a un cambiamento epocale. Il dibattito politico sulla maternità surrogata porta con sé pesanti implicazioni dal punto di vista politico, sociale ma anche psicologico, che richiamano i grandi temi intorno ai quali assistiamo a modificazioni epocali del concetto di famiglia. Dall’adozione e affido, alle famiglie omosessuali per le quali i giudici chiedono la valutazione preliminare all’adozione del figlio del partner; e poi, le procreazioni medicalmente assistite, con gameti propri o donati da terzi».Alla Angrisano affidano il primo intervento: «Quando la natura non garantisce». E mentre, ai convegni, giudici e psicologi discutono di genitorialità «non garantita dalla natura», accade il paradosso del caso di Giancarlo Ricci, grande psicoterapeuta milanese oggi defunto, tenuto dall’Ordine degli psicologi contro ogni logica per tre anni a bagnomaria (poi è stato prosciolto) per aver difeso «la funzione essenziale e costitutiva di mamma e papà». Del consiglio dell’Ordine faceva parte anche Mauro Grimoldi, direttore scientifico del convegno sulla genitorialità a cui partecipò la Angrisano in qualità di relatrice. L’archiviazione di Ricci arrivò per parità di voti (che favorisce chi è sotto disciplinare) e che confermerebbe, come disse Ricci medesimo, una «intimidazione prolungata» che ha prodotto «danni» e sospetti.
Nel riquadro Nathan Trevallion e Catherine Birmingham (Ansa)
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Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)