2025-07-23
Oggi nuovi colloqui tra Mosca e Kiev. Il Cremlino: «Aspettative basse»
Volodymyr Zelensky (Ansa)
«È già tanto arrivare agli scambi di prigionieri», ha detto il portavoce Peskov in vista dei negoziati di Istanbul. Il parlamento ucraino pone fine all’indipendenza delle agenzie anti corruzione: così non può entrare nell’Ue. Si tratta del più grande giacimento convenzionale di idrocarburi della sua storiaUn ritrovamento che segna il destino del green, ma non risolutivo in termini di volumi.Lo speciale contiene due articoli.L’atteso terzo round di negoziati tra Mosca e Kiev che si terrà oggi a Istanbul si apre con basse aspettative. A mettere le mani avanti è stato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il quale chiarito che la Russia non si aspetta «miracoli o svolte improvvise» nelle trattative con la controparte ucraina. Anzi, sarebbe «già un successo raggiungere accordi sullo scambio di prigionieri o sulla restituzione delle salme», ha spiegato.E mentre il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha già reso noto che a guidare la delegazione di Kiev sarà l’ex ministro della Difesa, Rustem Umerov, sono stati inviati a Mosca alcuni messaggi a distanza. Il capo della diplomazia ucraina, Andrii Sybiha, ha infatti avvertito che la delegazione russa deve avere «il mandato di discutere le questioni più importanti: la fine della guerra e il raggiungimento di un cessate il fuoco». E lo stesso Zelensky si auspica che la riunione di oggi sia il preludio per «preparare un incontro tra i leader» - quindi con l’omologo russo, Vladimir Putin - «per una reale conclusione di questa guerra». Il presidente ucraino, riferendosi poi all’unico risultato raggiunto nel secondo round di negoziati, ovvero lo scambio di prigionieri, ha annunciato di prevedere «diversi cicli di scambi».Tornando al terzo round, pare che i temi sul tavolo riguardino «uno scambio di opinioni sui memorandum» per «una soluzione pacifica» e «diverse questioni umanitarie». Sul primo aspetto, neanche 24 ore prima, Peskov aveva avvisato che le bozze sulla pace proposte da Kiev e da Mosca sono «diametralmente opposte».La Russia, oltre a essere scettica sugli sviluppi dei negoziati, prosegue nel lanciare stoccate contro l’Unione europea. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato i leader del Vecchio continente di «stare ingannando i propri popoli», dipingendo Mosca come «un nemico eterno» pronto «per attaccare l’Europa». Ha quindi invitato i Paesi europei a seguire «l’approccio ragionevole che in questa situazione ha mostrato l’amministrazione Trump». Mosca ieri è passata anche dalle parole ai fatti, rispondendo agli ultimi due pacchetti di sanzioni voluti da Bruxelles. Come contromisura, è stato vietato l’ingresso sul suolo russo ai «deputati di Stati membri dell’Ue e del Parlamento europeo che hanno votato le risoluzioni e leggi anti-russe». Ma Bruxelles si trova ad affrontare anche un nuovo grattacapo. Dopo aver sbandierato in lungo e in largo che il processo di adesione dell’Ucraina all’Ue è «irreversibile», il Parlamento di Kiev ha approvato una misura che mina la conditio sine qua non per entrare nell’Unione europea. Tra le riforme previste nel percorso di adesione rientra infatti quella della lotta alla corruzione. Che da ieri risulta seriamente intaccata, visto che il parlamento ucraino ha approvato un disegno di legge che mette all’angolo l’indipendenza di due organismi anticorruzione: l’Ufficio nazionale anticorruzione indipendente dell’Ucraina (Nabu) e l’Ufficio del procuratore speciale anticorruzione (Sap). Le due agenzie potrebbero finire sotto al controllo del procuratore generale dell’Ucraina, che avrebbe un legame stretto con lo stesso Zelensky. La decisione ha portato malcontento nell’opinione pubblica, che ha organizzato una protesta a Kiev, mentre si aspetta la firma o il veto di Zelensky. Il casus belli è iniziato lunedì quando il servizio di sicurezza ucraino ha effettuato più di 70 perquisizioni nella sede del Nabu senza avere alcun mandato: la mossa ha portato all’arresto di due funzionari, incluso il detective Ruslan Magamedrasulov, con l’accusa di avere legami con la Russia. A intervenire sulla questione è stato il direttore del Nabu, Semen Kryvonos: «L’agenzia anticorruzione è stata appena distrutta dai nostri stessi legislatori». E ha aggiunto: «Questo non è solo un conflitto di interessi, ma anche una minaccia all’integrazione dell’Ucraina nell’Ue». E in effetti è così. Un portavoce della Commissione europea ha sottolineato che «L’Ue è preoccupata per la recente azione dell’Ucraina in merito alle sue istituzioni anticorruzione», puntualizzando che «devono operare in modo indipendente per contrastare la corruzione». E va soprattutto ricordato che Bruxelles, come dichiarato dallo stesso portavoce, «fornisce un’assistenza finanziaria significativa all’Ucraina che è subordinata ai progressi in materia di trasparenza, riforma giudiziaria e governance democratica». Nel frattempo, ieri è arrivato nella capitale ucraina il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar: è la prima visita diplomatica nel Paese dopo oltre due anni. Sul fronte di guerra, mentre le forze russe hanno attaccato Odessa, Kherson e Sumy e continuano l’avanzata nel Donetsk con la conquista del villaggio di Novotoreckoe, Kiev ha messo già in campo una strategia per colmare l’inferiorità numerica dei soldati. A fianco delle forze armate ucraine combattono 9.500 persone condannate per diversi reati, fra cui 100 donne. L’iniziativa sarebbe volontaria, come reso noto da Ukrinform. Tra i dati diffusi emerge che il 55% dei nuovi arruolati è stato condannato per reati contro la proprietà, mentre il 6% per omicidio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/oggi-nuovi-colloqui-2673705457.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="polonia-scoperta-riserva-di-petrolio" data-post-id="2673705457" data-published-at="1753292843" data-use-pagination="False"> Polonia, scoperta riserva di petrolio La Polonia ha trovato il suo El Dorado, o almeno così vuole credere. Appena al largo dell’isola di Wolin, sotto le acque grigie del Mar Baltico, la Central european petroleum (Cep), società canadese con azionisti norvegesi, ha annunciato la scoperta del più grande giacimento convenzionale di idrocarburi della sua storia: 160 milioni di barili di greggio e condensati e 5 miliardi di metri cubi di gas naturale, con stime che, nell’intera area della concessione, parlano di 240 milioni di barili di petrolio e 27 miliardi di metri cubi di gas. Un «momento storico», come lo ha definito il Ceo di Cep, Rolf G. Skaar. Infatti, il sottosegretario polacco Krzysztof Galos, geologo, già ci vede una svolta per l’autonomia energetica del Paese. Ma, come sempre, la realtà è più prosaica delle fanfare. Non fraintendiamo: il giacimento di Wolin East è una notizia. È il più grande ritrovamento di idrocarburi in Polonia e uno dei più rilevanti in Europa negli ultimi dieci anni, secondo l’agenzia stampa polacca. Eppure, a guardare i numeri con occhio freddo, non siamo davanti a una rivoluzione. La Polonia, nel 2023, ha consumato 140 milioni di barili di petrolio e derivati e 20 miliardi di metri cubi di gas naturale, secondo Eurostat. Questo giacimento, se confermato, coprirebbe poco più di un anno di consumo petrolifero e un anno e mezzo di quello di gas, nella migliore delle ipotesi. Un aiuto, certo, ma non una svolta epocale. Il mercato globale, che si muove su scala ben più vasta, non batterà ciglio: il Brent e il Wti non tremeranno per un pozzo in più in mezzo al Baltico, né i grandi produttori del Golfo o la Russia riscriveranno i loro piani.Eppure, c’è qualcosa di nuovo in questa vicenda, e non è solo il petrolio che gorgoglia sotto il mare. La scoperta arriva in un momento in cui l’Europa, con le sue aporie politiche, si trova a un bivio, l’ennesimo. Da una parte, Bruxelles spinge per il «green», per le pale eoliche, i pannelli solari, la lotta senza quartiere alle emissioni. Dall’altra, i singoli Stati, Polonia in testa, fanno i conti con la realtà: l’energia costa e le bollette non aspettano. La Polonia, che brucia molto carbone, importa il 97% del suo greggio e si è affrancata dal gas russo solo nel 2022, vede in Wolin East una boccata d’ossigeno. Anzi, di gas: una opzione potrebbe essere quella di convertire le centrali elettriche a carbone in centrali a gas, sfruttando il nuovo giacimento nazionale. La produzione potrebbe iniziare tra il 2028 e il 2030, a patto di trovare finanziamenti e acquirenti. Quasi certamente, il governo polacco vorrà essere il principale, se non l’unico, cliente della società canadese. Il volume non è travolgente, ma è un segnale che Varsavia lancia a Bruxelles, un monito a non esagerare con le imposizioni verdi. Qui sta il punto. L’Unione europea, con la sua spinta green, ha messo in secondo piano la sicurezza energetica, spingendo sulle fonti rinnovabili senza adeguati investimenti in ridondanza e sicurezza degli approvvigionamenti. Ora in troppi sembrano dimenticarsi del disastro della crisi energetica del 2021-2022 causato dalle politiche scellerate di Bruxelles e di Berlino.Questo giacimento, per quanto modesto in scala globale, è un’occasione per Varsavia di riaffermare la propria sovranità energetica. Non a caso il ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, ha paragonato la scoperta a una vittoria sportiva o a una missione spaziale: un trofeo per il morale nazionale, più che per il bilancio. Non che non vi siano problemi, prima ancora di partire con lo sfruttamento: il giacimento si trova in una zona protetta e già si levano le voci degli ambientalisti, preoccupati per l’impatto su un ecosistema fragile. Cep avrà bisogno poi di un prezzo ragionevole per estrarre. Ma dopo tanto verde ideologico, la sicurezza energetica torna in cima alle priorità.
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)