2025-11-05
Lagarde vende l’euro ai bulgari riluttanti. Ma il guru dei potenti: «Berlino deve uscire»
Robin J Brooks, economista vicino alla grande finanza, parla chiaro: «Se la Germania lascia la moneta unica è meglio per tutti».«Perché la Germania deve lasciare l’euro». Non si tratta di un vaneggiamento di chi viene dispregiativamente definito «sovranista», ma è il titolo di un post pubblicato ieri da Robin J. Brooks. Un economista di tutto rispetto: oggi alla Brooking Institution e fino al 2024 direttore generale e capo economista dell’Iif (istituto di finanza internazionale), centro di ricerca con sede a Washington, che è l’associazione globale del gotha della finanza mondiale.Che ieri ha pensato bene di scrivere urbi et orbi che il Re è nudo. Affermando ciò che è chiaro sin da prima dalla nascita dell’euro, e cioè che è stato ed è un’istituzione altamente disfunzionale, che in passato ha pure fatto comodo ai tedeschi e invece oggi è solo una camicia di forza che impedisce alla Germania di utilizzare lo spazio di bilancio necessario per fronteggiare sfide come gli aiuti all’Ucraina, il contrasto ai dazi Usa e la risposta al mercantilismo cinese. La stantia retorica che «uniti si vince» è, secondo Brooks, da ribaltare. Quelle sfide sono affrontabili solo se la Germania per prima uscisse dall’euro, liberando spazio di manovra fiscale per sé e conseguendo un beneficio netto rispetto all’insoddisfacente equilibrio attuale. Invece lo spazio fiscale di Italia e Spagna - ritenuti da Brooks oggi i principali beneficiari di un sistema che, via Bce, rende sostenibili i rispettivi debiti pubblici - si libererebbe attraverso una dolorosa patrimoniale per ridurre il debito pubblico. Un conto salato da pagare, che però troverebbe copertura nella ricchezza delle famiglie italiane e spagnole, ben superiore a quella tedesca.È proprio la vicenda dei finanziamenti a Kiev la spia segnaletica dell’esaurimento dello spazio fiscale di Italia e Spagna, che «non riescono a dare all’Ucraina nemmeno un decimo di quanto ci si aspetterebbe dalla loro dimensione economica. I tre Paesi baltici messi insieme regalano a Kiev quanto Italia o Spagna singole, pur avendo un Pil 20 volte più piccolo».Allora, poiché la ricchezza c’è, basta tassarla - è la proposta di Brooks. D’altro canto, Berlino deve ribaltare una situazione in cui la Bce è oggi costretta a subire la cosiddetta «dominanza fiscale» da parte di una maggioranza di Paesi ad alto debito che tiene in scacco la Germania e gli altri Paesi frugali. Sono gli argomenti ripetuti da anni dai «falchi» tedeschi in Bce, come Jens Weidmann, poi messi in minoranza e usciti di scena. Di fronte all’argomento dell’impopolarità di una patrimoniale, Brooks non si scompone affatto e propone un divorzio consensuale: «Come in un divorzio, a tutti conviene separarsi senza scenate. La periferia chiederà un assegno di mantenimento alla Germania? Lo si paghi. È sempre meglio dei trasferimenti illimitati a tempo indeterminato, che è la situazione attuale».L’euro viene derubricato a niente di più che un «accordo di cambio fisso», pertanto il «ritorno alle vecchie monete nazionali non preclude né una politica estera comune né una difesa europea. Anzi: la renderà più facile. Con il debito italiano e spagnolo ridimensionato, Roma e Madrid potranno finalmente spendere di nuovo».Se queste sono le premesse e il punto d’approdo del processo, a Brooks obiettiamo subito che ci penserà il governo di Roma a rendere sostenibile il debito pubblico, senza necessità di ricorrere alla patrimoniale. Anche se ha ragione a sostenere che «i Paesi periferici non staccheranno mai la spina: sono beneficiari netti (o almeno lo sono le loro élite ricche di immobili)». Allora, ecco che a premere il grilletto sarà Berlino, a cui oggi viene impedito di fare ciò che è invece essenziale per il rilancio della sua economia. Brooks non usa giri di parole: «Spetta alla Germania farlo. Non è anti europeo, non è anti Sud. È solo la presa d’atto che l’euro è diventato qualcosa che tedeschi e Nord-europei non vogliono più». Non lo vogliono perché non gli conviene più, aggiungiamo noi solo per essere ancora più chiari.Una chiarezza cristallina che comunque riemerge nella chiosa finale: «Meglio chiudere qui, con un divorzio ordinato, e uscirne tutti più forti, anziché continuare a barcollare in un equilibrio che rende deboli tutti».Se così fosse, la strategia prudente e quasi ossequiante del ministro Giancarlo Giorgetti verso Bruxelles in occasione di questa legge di bilancio si presterebbe a una diversa chiave di lettura. Se oggi i principali avversari dell’attuale (disfunzionale) sistema sono a Berlino, non avrebbe avuto senso partire proprio ora lancia in resta contestando quel sistema e attirando l’attenzione degli investitori sull’Italia. Un lavoro sporco e certamente non indolore che è opportuno che sia la Germania a compiere, se proprio ritiene che sia funzionale al proprio interesse nazionale. Meglio restare allineati e coperti.Nel frattempo Christine Lagarde ieri è andata in Bulgaria a caccia di proseliti dell’euro, cercando di rassicurare l’opinione pubblica spaccata in due, perché circa metà dei bulgari attualmente si oppone all’introduzione dell’euro (prevista dal 1° gennaio 2026), mentre una piccola quota della popolazione resta indecisa.Il messaggio rassicurante è che «l’euro è un rafforzamento della sovranità», citando percentuali di sostegno, dopo l’adozione, fino all’83% della popolazione. Un’affermazione che però contrasta platealmente con tutto il ragionamento di Brooks, che vede proprio l’uscita dall’euro della Germania come la soluzione per far riconquistare ai tedeschi la propria libertà d’azione in materia fiscale e monetaria, senza rimanere imbrigliati in regole progettate male ed eseguite peggio. A Sofia sono in tanti ad essere convinti che Brooks abbia ragione.
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Un uomo ha travolto pedoni e ciclisti gridando «Allahu Akbar» sull’isola d’Oléron, nella Francia occidentale. Dieci feriti, tre gravi. Arrestato dopo aver tentato di incendiare l’auto con bombole di gas. Indagine per tentato omicidio, esclusa per ora la pista terroristica.