2023-02-06
Le offerte di Usa e Russia alla Turchia a terra
Dopo il terremoto che ha causato più di 2.500 morti tra Anatolia e Siria, Recep Tayyip Erdogan proverà a capitalizzare l’iperattivismo diplomatico dell’ultimo anno. Ma accettare l’aiuto americano lo indebolirebbe sul piano interno. Mosca e Pechino garantiscono il loro sostegno.Ieri, alle prime luci dell’alba, un terrificante terremoto di magnitudo 7.8 ha colpito la Turchia meridionale e la Siria settentrionale. La violenza delle scosse ha provocato secondo le prime stime del governo turco «il crollo di almeno 2.824 edifici». Successivamente, una nuova violentissima scossa di magnitudo 7.5, con epicentro a circa 100 chilometri dalla prima, ha colpito la Turchia e la Siria. Mentre scriviamo il bilancio parziale delle vittime, molte delle quali colte nel sonno, è di oltre 2.500 morti. Nella Siria controllata dal governo i morti sono 538, altri 390 sono nella parte di territorio siriano controllato dall’opposizione mentre i feriti in Turchia sono almeno 7.600 e in Siria più di 1.300. Si tratta di cifre parziali destinate ad aumentare drammaticamente con il passare delle ore. Secondo le stime dell'United States Geological Survey (Usgs) i morti potrebbero arrivare alla drammatica cifra di diecimila. Le stime dell’Usgs si basano sui dati storici dei terremoti nella regione, sulla popolazione e sulla vulnerabilità delle strutture nelle zone più colpite; mentre i danni potrebbero essere stimati tra un miliardo e dieci miliardi di dollari.Per comprendere quanto il sisma di ieri sia stato devastante basta leggere le parole del sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), che all’Ansa ha dichiarato: «È stato mille volte più forte rispetto a quello che nel 2016 ha colpito Amatrice e 30 volte più forte rispetto a quello dell’Irpinia del 1980». In pratica per Amato «considerando la magnitudo 5.9 del terremoto di Amatrice, in termini di energia liberata, quello avvenuto in Turchia è stato di quasi mille volte superiore in termini di energia liberata e 30 volte superiore rispetto a quello dell'Irpinia, di magnitudo 6.9». Impressionante il dato che dice di come la terra si è spaccata per 150 chilometri e ha fatto sì che l’Anatolia si spostasse di 3 metri come ha spiegato all’Ansa Aybige Akinci, ricercatrice turca dell’Ingv: «L’origine è nella spinta della placca arabica verso nord. Il terremoto è avvenuto sulla faglia chiamata est Anatolia: è una faglia trascorrente molto nota e molto attiva, che si estende per circa 500 chilometri nella zona orientale del Paese e che recentemente ha provocato terremoti importanti, come quello di magnitudo 6.1 nel 2010 e quelli di magnitudo 6.4 e 6.8 nel 2003 e nel 2005. In generale, sappiamo che la Turchia è una zona altamente sismica». La Turchia ha chiesto aiuto agli alleati della Nato affinché vengano inviati «staff ed equipaggiamento medico, diverse unità di ricerca e soccorso e di ospedali da campo che siano particolarmente adatti alle avverse condizioni del tempo». Molti Paesi hanno offerto il loro aiuto alla Turchia. Il portavoce della China International Development Cooperation Agency, Xu Wei, ha affermato che «la Cina è disposta a fornire assistenza umanitaria di emergenza a Turchia e Siria». Tra i primi a reagire alla situazione c’è la Russia di Vladimir Putin che ha parlato sia con Bashar al-Assad che con Recep Tayyip Erdogan, ai quali ha assicurato il suo aiuto. A questo proposito il ministero della Difesa russo, citato dall'agenzia Interfax, ha fatto sapere che «più di 300 soldati russi e 60 veicoli delle forze armate sono già in Siria per collaborare alle operazioni di soccorso dopo il terremoto». Anche il premier greco Kyriakos Mitsotakis - con Erdogan non ha certo un rapporto disteso - ha assicurato che «metterà a disposizione tutte le sue forze per aiutare la Turchia». Lo stesso ha fatto la Svezia, nonostante il presidente turco osteggi l’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato. Anche l’Inghilterra e la Germania hanno offerto il loro aiuto e lo stesso farà Israele che secondo la tv Kan sarebbe anche disposto «a ricevere i siriani feriti per fornire trattamento medico». Come sempre l’Italia è in prima fila in queste occasioni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani su Twitter, oltre a confermare che tutti gli italiani stanno bene, ha anche reso noto che «la Turchia ha accettato l’aiuto del team di ricerca e soccorso italiano dei vigili del fuoco». Anche gli Stati Uniti seguono l’evolversi della situazione e in un comunicato della Casa Bianca si dice: «Il presidente Joe Biden ha incaricato l'Usaid di valutare le opzioni di risposta degli Stati Uniti per aiutare le persone più colpite. Continueremo a monitorare da vicino la situazione in coordinamento con il governo della Turchia». Ora Erdogan, che ieri ha assunto anche il ruolo di capo della protezione civile turca, dovrà cercare di capitalizzare al massimo l’iperattivismo mostrato nell’ultimo anno, in particolare nella questione russo-ucraina nella quale ha giocato con successo il ruolo di mediatore nella questione del grano. In questo senso dovrà anche decidere se accettare gli aiuti da Paesi con i quali è in rotta (Usa su tutti) ben consapevole però che questo lo indebolirebbe anche sul piano interno. Altra partita delicatissima per lui è quella dell’efficienza nella macchina dei soccorsi nelle zone colpite dal sisma. Ad un anno dal voto per le presidenziali gli errori e le inefficienze stavolta potrebbero essergli fatali.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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