2022-12-08
Nuovo autogol «ecologico» di Macron. Dopo le centrali, spegnerà gli aerei
Voli vietati per le tratte brevi se c’è il treno: l’Europa dice sì alla legge green francese. Per ora riguarda pochi casi, ma è pur sempre un precedente. Intanto, la dismissione del nucleare porterà a blackout pilotati.Il leader cinese in visita a Riad: i rapporti con bin Salman sembrano sempre più stretti Grazie agli errori di Biden, lo storico alleato occidentale va tra le braccia di Pechino.Lo speciale contiene due articoliIn Francia la criminalizzazione del trasporto aereo ha fatto un altro passo in avanti. Lo scorso 2 dicembre, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, è stato pubblicato il via libera della Commissione di Bruxelles al governo francese, affinché adotti le misure previste nella legge «clima e resilienza» del 2021. Il governo francese potrà vietare i collegamenti aerei interni sulle tratte brevi quando i viaggiatori abbiano a disposizione l’alternativa del treno. La norma era stata votata dal parlamento di Parigi ma era nata dalle elucubrazioni dalla convenzione cittadina sul clima istituita da Emmanuel Macron per far piacere agli ecologisti da Ztl o agli alternativi della «decrescita felice». La notizia del semaforo verde della Ue è stata esaltata dai rappresentanti macronisti. Ad esempio il ministro dei Trasporti, Clément Beaune, ha esaltato «un avanzamento importante nelle politiche di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra». Il membro del governo d’Oltralpe, si è detto «fiero che la Francia sia una pioniera nella materia» della riduzioni di emissioni. Ma nonostante l’esultanza dell’esecutivo e di una parte della gauche caviar ecologista transalpina, la misura autorizzata dalla Commissione Ue appare ancora più assurda perché avrà una portata piuttosto simbolica. In effetti, essa prevede che la soppressione delle tratte aeree di corto raggio nazionali possa avvenire solo a certe condizioni. Le due più importanti riguardano la durata del viaggio e l’esistenza di alternative di trasporto. Ciò significa che, concretamente, un volo potrà essere soppresso solo se la sua durata è inferiore a 2 ore e mezza e solo se esiste un collegamento ferroviario ad alta velocità tra i punti di partenza e arrivo. Per questo, è verosimile che pochi voli scompariranno dai cieli francesi, oltre a quelli già soppressi dal 2021 che collegavano l’aeroporto di Parigi-Orly con gli scali di Nantes, Bordeaux e Lione. Invece a Parigi Roissy-Charles de Gaulle, esiste una stazione Tgv ma la durata dei tragitti tra questo scalo e Bordeaux, Nantes e Lione, supera la soglia delle 2 ore e mezza. In altre parole si potrà continuare a volare tra Parigi e questi tre capoluoghi regionali transalpini, sebbene da un solo aeroporto sui due presenti alle porte della capitale francese.Oltre ai paletti della durata e della distanza, ne sono previsti altri legati all’effettiva connessione ferroviaria. Questo per non falsare la concorrenza tra compagnie aeree e ferroviarie. Ad esempio, dovranno essere garantiti più collegamenti giornalieri diretti all’andata e al ritorno, in modo che i passeggeri possano soggiornare almeno otto ore nella destinazione di arrivo.Ma nonostante i limiti alla cancellazioni di collegamenti aerei interni, il via libera dato dalla Commissione Ue alla Francia rappresenta un precedente che suscita preoccupazione nel settore dei trasporti aerei. In primo luogo perché l’entrata in vigore della nuova misura costituisce un segnale inviato alle lobby e ai gruppuscoli (talvolta estremisti) ambientalisti che promuovono un’ecologia punitiva e stigmatizzante. Per certi rappresentanti di queste istanze l’aereo è sinonimo di privilegio e, nella loro folle battaglia contro questo mezzo di trasporto, sono pronti a sacrificare anche migliaia di posti di lavoro e lo sviluppo di territori lontani dai grandi centri urbani. Zone che che riescono a mantenere delle attività economiche anche grazie alla presenza di piccoli aeroporti. Poi, visto che il via libera alla soppressione delle tratte aeree investe tutta l’Unione europea, non è da escludere che altri Paesi membri decidano di seguire l’esempio di Parigi, magari per conquistare i voti dei rispettivi elettorati ecologisti. Va anche detto che la cancellazione di voli a corto raggio avrebbe effetti limitati sull’ambiente. Ne è convinto il direttore generale Iata, Willie Walsh che, dopo la decisione presa da Bruxelles, ha convocato la stampa alla sede dell’organizzazione da lui diretta, a Ginevra. Secondo Walsh, se in Europa si eliminassero tutti i voli inferiori a 500 chilometri si otterrebbe una riduzione pari al 24% del traffico aereo, però le emissioni di Co2 calerebbero solo del 3,8% . A supporto delle sue dichiarazioni, il direttore generale Iata ha richiamato uno studio di Eurocontrol. Walsh ha anche ricordato che il settore aereo del Vecchio Continente attende da due decenni, una riforma dello spazio aereo che ridurrebbe le emissioni «di un 10% da un giorno all’altro».La voglia di concretizzare quasi tutti i capricci delle lobby ecologiste - e soprattutto il timore di perdere i voti degli ambientalisti - ha portato Macron e i suoi ministri a disastri economici anche più gravi di quello della soppressione di alcuni voli interni. È il caso della grave crisi del comparto nucleare transalpino. Per decenni, la Francia ha mantenuto un ruolo da leader mondiale del settore. Nel corso degli anni, al di là delle Alpi sono stati costruiti ben 56 reattori ma - all’inizio di questo primo inverno con la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina - 30 erano in manutenzione. Così vari ministri del governo francese non hanno escluso possibili black out pilotati. La causa di questa situazione è la politica antinucleare - promossa soprattutto durante i mandati di François Hollande e di Macron - e la mancanza di anticipazione. Così la Francia è passata dallo status di potenza del nucleare civile a quello di Paese che sembra alle soglie del terzo mondo, costretto quasi a vivere al lume di candela.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/nuovo-autogol-ecologico-di-macron-dopo-le-centrali-spegnera-gli-aerei-2658896961.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="xi-accolto-dai-sauditi-come-una-star" data-post-id="2658896961" data-published-at="1670441862" data-use-pagination="False"> Xi accolto dai sauditi come una star È un’accoglienza quasi trionfale quella riservata ieri da Mohammad bin Salman a Xi Jinping, atterrato a Riad per una visita ufficiale in Arabia saudita. Nel corso del viaggio della durata di tre giorni, il leader cinese sarà infatti ricevuto da spettacolari coreografie e da tappeti rossi: un benvenuto non poi così dissimile da quello che la monarchia saudita riservò all’allora presidente americano, Donald Trump, nel maggio del 2017. Riad e Pechino puntano d’altronde oggi a rafforzare ulteriormente i loro rapporti, firmando accordi dal valore complessivo di quasi 30 miliardi di dollari e con un occhio rivolto soprattutto al settore energetico. Secondo il sito Axios, le parti dovrebbero anche siglare un’intesa di partenariato strategico. Non solo. Oltre a incontrare bin Salman e lo stesso re Salman, Xi avrà anche modo di intrattenersi con i vertici del Consiglio di cooperazione del Golfo e con i leader della Lega ara ba. È evidente che la calorosissima accoglienza preparata dai sauditi per il leader cinese cozza con quella ben più fredda riservata a Joe Biden lo scorso luglio: all’epoca, il presidente americano aveva visitato la petromonarchia per cercare di smorzare le tensioni con bin Salman. Un obiettivo che l’inquilino della Casa Bianca non è riuscito a conseguire, visto che, poco più di due mesi dopo quel viaggio, il principe ereditario saudita aveva usato tutta la sua influenza sull’Opec Plus per ridurre significativamente la produzione petrolifera, favorendo così indirettamente la Russia e sferrando un duro colpo economico agli Stati Uniti. Ricordiamo che il presidente americano e il principe saudita sono finiti ai ferri corti l’altr’anno a causa del caso Khashoggi e per le posizioni assunte dallo stesso Biden sui dossier di Iran e Yemen. Né è servito a migliorare le relazioni il fatto che, rimangiandosi tutti i suoi sbandierati impegni umanitari, l’attuale Casa Bianca abbia alla fine recentemente deciso di riconoscere l’immunità diplomatica a bin Salman, trincerandosi dietro la scusa che il principe è diventato a settembre primo ministro dell’Arabia saudita. Ebbene, tutta questa serie di attriti ha alla fine spinto sempre più Riad tra le braccia degli avversari di Washington, indebolendo la tradizionale influenza statunitense sul Medio Oriente. Da candidato presidenziale, Biden aveva promesso che avrebbe reso il controverso bin Salman un «paria». E invece, negli scorsi mesi, il principe ereditario saudita ha rafforzato il proprio peso in seno all’Opec, consolidando inoltre le proprie relazioni con Ankara, Mosca e Pechino. Secondo la Cnn, le esportazioni saudite verso la Cina hanno superato i 50 miliardi di dollari l’anno scorso, costituendo oltre il 18% delle esportazioni totali del regno. Al Jazeera ha inoltre riferito che la Repubblica popolare acquista circa un quarto del greggio saudita: lo scorso marzo, il Wall Street Journal rivelò d’altronde che Riad stesse considerando di usare lo yuan (anziché il dollaro) nelle esportazioni petrolifere verso il Dragone. Era invece gennaio, quando Pechino e la stessa Riad annunciarono la volontà di consolidare la cooperazione nel campo militare. Non a caso, ieri la Casa Bianca ha lasciato trapelare preoccupazione per il viaggio saudita di Xi. «Siamo consapevoli dell’influenza che la Cina sta cercando di accrescere nel mondo», ha in tal senso detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano, John Kirby. Al contrario, il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning, ha definito la visita di Xi come «una pietra miliare epocale nella storia dello sviluppo delle relazioni arabo-cinesi». Ricordiamo che il presidente cinese si era recato a Riad l’ultima volta nel gennaio del 2016. Biden aveva promesso che, con lui alla Casa Bianca, l’America sarebbe tornata. E invece, alla fine dei conti, l’ha resa soltanto più isolata.
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