2025-05-12
«No, non possiamo chiudere il capitolo della pandemia»
Il filosofo Andrea Zhok: «Le ingiustizie di quella stagione devono ancora essere sanate. Cosa peggiore, l’esperimento autoritario che allora si aprì in Occidente rischia di essere solo agli inizi».Andrea Zhok, professore di Filosofia morale all’Università di Milano, si sprecano gli inviti a «lasciarci alle spalle» la stagione della pandemia…«L’appello a voltare pagina è comprensibile. La critica alla gestione pandemica ha generato una tendenza al settarismo in alcuni gruppi. Riflessi condizionati con tesi ripetitive e controproducenti. Questo può generare fastidio, e promuovere l’idea che ci si debba dedicare a questioni più urgenti. Ora, io capisco questa reazione, ma chiudere quel capitolo non è proprio ancora possibile. Ci sono almeno tre ordini di motivi. Problemi morali, pratici e geopolitici mai adeguatamente affrontati. Archiviare la vicenda senza elaborarla significherebbe ignorare ferite profonde e cambiamenti strutturali che continuano a influenzare il nostro presente».Morale, che vuol dire?«L’aspetto morale è centrale e riguarda un’ingiustizia profonda, mai riconosciuta e tantomeno sanata. In pandemia, circa il 15% della popolazione italiana – coloro che, per vari motivi, hanno scelto di non vaccinarsi o di non vaccinare i propri figli – è stato sottoposto a un bullismo istituzionale e sociale di proporzioni inaudite. Non semplici “errori”, come spesso si dice in modo vago, ma proprio una campagna deliberata di denigrazione. Processi di “character assassination” e mobbing. Basta una ricerca in rete e trovi elenchi sterminati di improperi, offese, auspici di malattia o morte, espressi verso l’indefinita categoria dei “no vax” da rappresentanti delle istituzioni, giornalisti e figure pubbliche. Spesso in trasmissioni televisive di prima serata».Lei ipotizza, uso parole mie, una sorta di epidemia del bullismo…«È accaduto, come in altre epoche oscure della storia, che soggetti anonimi e insignificanti, sentendosi dalla parte del “giusto”, si sono arrogati il diritto di insultare, umiliare o emarginare chiunque fosse percepito come dissidente, incluse categorie vulnerabili (adolescenti, malati, donne incinte o anziani). Questo sdoganamento dell’aggressività ha avuto conseguenze devastanti: famiglie divise, divorzi, amicizie spezzate, rapporti umani incrinati. Eppure, chi ha alimentato o giustificato questo clima – gli autoproclamati campioni del “Bene” – non hanno mai fatto un passo indietro. Nessuna ammissione di colpa. Neppure un tentativo di rielaborazione collettiva. Tutto sotto il tappeto, in attesa che il tempo cancelli i ricordi. Il fatto che questa ferita morale non sia stata mai sanata spiega perché molti “renitenti” continuano a ritornare sull’argomento con insistenza. Questo non è settarismo: è il bisogno di giustizia per un trauma collettivo».Lei parla anche di motivazioni pratiche…«Le conseguenze pratiche della gestione pandemica sono altrettanto gravi e altrettanto rimosse. In primis, il sistema sanitario pubblico italiano, già indebolito da decenni di tagli, si è rivelato incapace di affrontare un sovraccarico di ricoveri. All’inizio della pandemia, per un breve momento, si è ammessa questa impotenza, che ha condotto a risposte raffazzonate, costosissime e spesso inefficaci: caschi di ventilazione forzata, ricoveri in improvvisate terapie intensive con budget stratosferici, protocolli attendisti invece di terapie precoci, ecc. Oggi, il sistema sanitario pubblico è clinicamente morto. Liste d’attesa ingestibili spingono chi può permetterselo verso la sanità privata. Questo passaggio strutturale verso la privatizzazione, che penalizza i più deboli, è stato accettato come una fatalità, senza mai interrogarsi sulle responsabilità politiche che lo hanno causato. Oggi dimentichiamo che la tempestività di cure banali, come l’intervento con antinfiammatori, era stato rilevato come efficace molto presto, già nel marzo-aprile del 2020. Ma si sono lasciate migliaia di persone in “vigile attesa” senza cure, solo per arrivare infine in ospedale in condizioni disperate. Quest’approccio con esiti tragici è stato archiviato come un semplice “errore”, mentre è stata fatta la guerra a chi proponeva terapie precoci. E che dire dell’impatto psicologico sulle giovani generazioni? Preadolescenti e adolescenti, costretti a lockdown, didattica a distanza e isolamento sociale, sono usciti dalla pandemia con tassi esplosivi di depressione, anoressia, bulimia, autolesionismo e abbandono scolastico. Gli psicologi che operano sul territorio lo confermano: il sistema di supporto psicologico pubblico è collassato, lasciando questi giovani senza aiuto. Anche questo è stato rimosso, come se fosse un danno collaterale inevitabile».E i danneggiati da vaccino…«Tema tabù. Chi ha subìto effetti avversi gravi, o addirittura è morto, si è trovato intrappolato in un sistema progettato per evitare ogni responsabilità. Le case farmaceutiche godevano di immunità legale; i medici vaccinatori erano protetti; il “consenso informato” era una liberatoria cui si era costretti, pena la perdita del reddito. Si sono prodotti trucchi contabili e statistici a getto continuo per oscurare la realtà e declinare le responsabilità. Le vittime sono state lasciate sole, spesso accusate in maniera vergognosa di fare “cattiva pubblicità” ai vaccini, e molte rimangono ancor oggi senza giustizia né riconoscimento. Tutto ciò non è stato mai discusso pubblicamente, lasciando la maggior parte della popolazione ignara della gravità di quanto accaduto».Lei parla di un «elefante geopolitico nella stanza».«La gestione pandemica non è stata solo una questione sanitaria, ma una prova generale di un coordinamento autoritario su scala globale. Tutti i Paesi del “cerchio magico” delle alleanze militari americane – Europa occidentale, Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Israele – hanno adottato la stessa narrativa, gli stessi vaccini, dati coordinati e una censura centralizzata delle voci dissidenti. Al di fuori di questa cerchia, le soluzioni sono state molto più variegate: India, Russia, Bielorussia, molti Paesi africani e sudamericani hanno seguito approcci diversi. Di queste alternative, in Occidente, non si sapeva quasi nulla, grazie a un controllo capillare dell’informazione. Un caso emblematico è la Svezia, unico Paese europeo senza lockdown rigidi, con nessun obbligo vaccinale, e con risultati migliori in termini di mortalità e impatto sociale. Non a caso, la Svezia era fuori dall’eurozona e (all’epoca) dalla Nato. Questo coordinamento occidentale non era solo sanitario: documenti e testimonianze confermano la presenza di esperti militari e rappresentanti della Nato nei comitati scientifici, giustificata dalla possibilità di un attacco batteriologico. Indipendentemente dall’origine del virus – che oggi sembra accertato essere artificiale – ciò che è accaduto è stato un cambiamento di paradigma geopolitico epocale».A proposito di lockdown, Neil Ferguson epidemiologo britannico ebbe a dire: «La Cina è un regime comunista a partito unico. Non riusciremmo a farlo in Europa, abbiamo pensato. E poi l’Italia lo ha fatto. E ci siamo resi conto che potevamo farlo».«Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, le società occidentali sono state sottoposte a meccanismi di sorveglianza e controllo di tipo militare: lockdown, coprifuoco, patentini sanitari, sistemi di videosorveglianza. L’informazione è stata gestita con una censura senza precedenti, con pressioni massive su agenzie di stampa, social media e riviste scientifiche per bloccare contenuti contrari alla narrativa ufficiale. Gli ordini dei medici hanno sanzionato professionisti che, in scienza e coscienza, sconsigliavano il vaccino in certi casi. La “ragion di Stato” ha promosso decisioni scientificamente prive di fondamento, come i mix di vaccini diversi o la vaccinazione delle donne incinte (in completa assenza di studi). Quest’accentramento del controllo, che ha disciplinato quasi un miliardo di persone usando la minaccia di un virus come chiave, ha creato un precedente pericolosissimo. Ha dimostrato che è possibile sospendere le libertà fondamentali, imporre un controllo capillare e far passare tutto come “normale”, usando come leva una sfera di competenze sottratta al demos, al popolo».Lei si è soffermato pure sul controllo dell’informazione…«Che è stato sistematico e pervasivo. Le agenzie di stampa e i social media hanno ricevuto pressioni dirette per censurare contenuti considerati “controproducenti”. Le riviste scientifiche, con rare eccezioni come il British Medical Journal, hanno bloccato la pubblicazione di studi che potessero mettere in discussione la narrativa ufficiale, trasformando la scienza in uno “sforzo bellico”. Questo ha minato durevolmente la credibilità della comunità scientifica, che si è piegata a logiche politiche e militari».La messa al bando di candidati alla presidenza nei loro Paesi (Georgescu e Le Pen) o di un partito (AfD in Germania) sembra confermare che gli strumenti di coercizione possono essere riapplicati.«La pandemia è la fase inaugurale di una stretta autoritaria in corso in tutto il mondo occidentale. Il nostro immaginario sugli autoritarismi è nutrito di dittatori e violenza conclamata, ma l’autoritarismo ha molte forme e le più insidiose sono quelle esercitate da oligarchie. Si minimizza la violenza diretta, perché in questo caso è difficile all’oppresso riconoscere il “volto dell’oppressore”. La fase autoritaria in cui sono entrate le “liberaldemocrazie” occidentali passa attraverso la capacità di alcune oligarchie economico-politiche di indirizzare la magistratura e la stampa. Quanto più l’auto narrazione occidentale come luogo della civiltà e della prosperità entra in crisi, ed è in tale stato a partire dal 2008 con la vicenda dei subprime, tanto più la gestione del potere teme lo scontento popolare, e cerca di aggirare le forme democratiche. Temo che questo processo sia oggi solo agli inizi».
Ingredienti – 4 melanzane lunghe di media grandezza, 100 gr di farina doppio zero, 100 grammi di pangrattato e volendo due cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana Padano, 6 cucchiai di latte 3 uova, olio extravergine di oliva e sale qb. Se avete degli amici vegetariani e non volete usare le uova escludetele pure, come anche il formaggio, ma tra gli ingredienti mettete un bicchiere di birra ben freddo che vi servirò per preparare una pastella con la farina dove ripassare i ventagli per poi impanarli.
Preparazione – Sbucciate le melanzane poi incidetele con un coltello per il lungo ricavando delle fette alte circa 3 millimetri. Fate attenzione a che le fette restino attaccate al picciolo della melanzana. Salate le melanzane anche in mezzo alle fette e fatele riposare per una ventina di minuti in un colino in modo che perdano parte dell’acqua di vegetazione. Nel frattempo sbattete le uova con il latte, salate. Ora prendete le melanzane e infarinatele con cura da una parte all’altra di ogni fetta (oppure passatele nella pastella che avrete preparato stemperando la farina con la birra) passatele nello stesso modo nell’uovo e poi nel pangrattato che, se volete, potete arricchire con il formaggio grattugiato. Irrorate con olio extravergine di oliva la padella (deve essere grande altrimenti agite con due padelle su due fuochi) adagiatevi i ventagli di melanzane ben aperti e fate dorare da entrambe i lati facendo diventare ben croccante la panatura. Aggiustate di sale e servite avendo cura di allargare bene nei piatti di portata i ventagli. Volendo potete accompagnare con una salsa di pomodoro piccante o con della senape.
Come far divertire i bambini – Fate sbattere a loro le uova, si divertiranno.
Abbinamento – Noi abbiamo optato per uno spumante rosato da Marzemino, vanno bene dei rosati fermi come a esempio quelli salentini, oppure dei rossi giovani come una Lacrima di Morro d’Alba o un Marzemino.
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